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Editoriale
Ugo Cappellacci
Piano Sulcis: una risposta straordinaria alla crisi
Paola Ferri
Un'area in crisi senza redditi di lavoro
Gherardo Gherardini
Portovesme: un polo vitale per l'economia del territorio

Ripresa del Sulcis: il parere di Confindustria
Gabriella Lai
Un piccolo Piano di Rinascita per il rilancio del territorio
Alberto Monteverde
Parco geominerario: una risorsa per l'isola
Documenti
Protocollo d'Intesa sul Piano Sulcis

Il contenuto redazionale è aggiornato alla data del 30 aprile 2013. Vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e l'utilizzazione di questo numero monografico in incontri, convegni, seminari, se non previa autorizzazione scritta dell'editore.

 

Ripresa del Sulcis: il parere di Confindustria

 

SARDEGNA INDUSTRIALE n. 1-2/2013 - 30 Aprile 2013

Ripresa del Sulcis:
il parere di Confindustria 

intervista al presidente di Confindustria Sardegna Meridionale, Maurizio de Pascale

 

Il presidente di Confindustria Sardegna meridionale, Maurizio de Pascale
Maurizio de Pascale,
presidente di Confindustria 
Sardegna Meridionale 
Cause della crisi economica del Sulcis Iglesiente, fattori su cui puntare per una pronta ripresa, prospettive per la realizzazione del progetto Carbosulcis, ruolo del Piano Sulcis ed aspettative dopo la firma del protocollo d’intesa Governo-Regione-enti territoriali. Sono i principali temi attinenti alla drammatica situazione dell’economia del Sulcis Iglesiente che abbiamo voluto affrontare in questa breve intervista a Maurizio de Pascale, presidente di  Confindustria Sardegna Meridionale, imprenditore impegnato in diversi settori dell’economia isolana, con una lunga esperienza nell’organizzazione degli industriali, sia a livello locale che nazionale. 


L’area del Sulcis Iglesiente, un tempo leader dell’industrializzazione sarda nel settore primario, ora, come denunciano i più recenti studi sull’economia del territorio, è alle corde. Quali le cause?

Il Sulcis, come sappiamo, ha rappresentato dalla fine dell’800 e per molti decenni del ‘900 una eccellenza industriale e tecnologica non solo regionale e nazionale ma anche internazionale. Ciò ha contribuito a formare, non senza difficoltà, tensioni e passaggi sociali talvolta aspri e duri, una solida e rara cultura industriale e tecnica, accanto a quella più generale del lavoro e sindacale.

La grande industria degli anni ’60, a forte vocazione e valenza internazionale, è stata l’ultima risposta trovata insieme dal mondo del lavoro e dalla politica per cercare di rinnovare il futuro del territorio a superamento della crisi e della chiusura delle miniere.

Diciamo che dagli anni ’90 la politica ha smesso di programmare ed anticipare il futuro, con una staticità che, con le nuove direttrici economiche ed energetiche europee e con la globalizzazione dei mercati che avanzavano ha portato quel sistema industriale in una condizione lenta e progressiva di spiazzamento e soffocamento.
Le industrie del territorio si sono sostanzialmente trovate in un contesto nel quale scelte, iniziative ed investimenti poco potevano fare per contrastare problematiche di ben più ampia portata.

A ciò si è aggiunta e consolidata negli ultimi decenni la convinzione, socialmente molto diffusa – e che la politica non ha certo contrastato – che l’industria fosse retaggio del passato, insostenibile ed ingombrante, da sostituire rapidamente con altri comparti, quali il turismo.

La realtà ci dice invece che il contributo dell’industria è insostituibile in tutti i Paesi del mondo.

Siamo tutti restati profondamente colpiti dalla disperazione del territorio e dei lavoratori interessati di fronte alle chiusure ed alle prospettive di dismissioni di questi ultimi anni, che ci confermano come le alternative all’apporto del comparto industriale possano essere complementari ma non di certo totalmente sostitutive. In questo senso va positivamente registrato l’impegno e la tenacia straordinaria di chi, in una situazione di oggettiva difficoltà e con la forte sollecitazione del territorio e dei lavoratori, comunque investe in nuovi impianti o cerca di trovare le soluzioni possibili di ripresa. Al riguardo i tempi ed i percorsi della politica e della burocrazia troppo spesso risultano incompatibili con le esigenze della produzione e del lavoro.

Serve insomma per il territorio una politica e strategia industriale inserita e mediata in una più generale e comprensiva politica di sviluppo e sostenibilità ed una vera volontà del fare. 


In un quadro generale critico non positivo dell’economia del territorio, emerge comunque già una certa tendenza e volontà alla diversificazione produttiva (seconda solamente all’area vasta di Cagliari) ed il ruolo importante dell’agricoltura. Che tipo di riflessioni tutto ciò sollecita?
 

Dimostra che nel territorio si diffonde una certa maturità economica ed una pluralità d’approccio assai positiva. Una parte resta saldamente ancorata alla tradizione e cultura industriale, patrimonio importante che non va assolutamente disperso, mentre altre componenti sociali tengono il legame, di fatto mai sciolto, con la terra, seppure con significativi e validissimi innesti di innovazione e apertura ai mercati esterni. Due mondi apparentemente distanti che possono trovare sintesi nella cultura dell’organizzazione, della ricerca e dell’attenzione crescente e mai derogabile alla qualità ambientale.

Occorre superare monoculture produttive e muovere verso un sistema integrato che da un lato difenda l’esistente e sostenga, fin dove possibile, le industrie e, dall’altro, favorisca, insieme alla crescita agro- industriale una economia turistica e dell’accoglienza che presenta tutte le condizioni per una vera esplosione anche in tempi brevi.


Parco geominerario. C’è chi lo esalta e chi lo sminuisce. Chi ha ragione?
 

Il Parco geominerario nelle sue varie articolazioni e potenzialità (archeologico-industriale, storico, ambientale, ingegneristico, turistico) può costituire un importantissimo elemento di attrazione, una carta vincente che il territorio può giocare per il proprio rilancio economico.

A patto che sia realmente valorizzato secondo criteri di competenza e di sana programmazione e gestione aziendale, al fine anche di produrre reddito e ricchezza sul territorio, piuttosto che divenire la solita costosa e “lottizzata” alternativa agli ammortizzatori sociali, a danno della stessa popolazione del Sulcis che ha diritto invece ad una vera dignità del lavoro, valorizzando cultura, tradizione e saperi.


Alcuni economisti ritengono che il Piano Sulcis, recentemente approvato con il Protocollo d’intesa del novembre scorso, rappresenti un’occasione che la Sardegna deve saper cogliere. Ritiene fondata questa affermazione o teme invece che  l’esperienza del passato sui tanti protocolli Stato-Regione firmati ma mai attuati debba suggerire una ragionevole prudenza

La prudenza è d’obbligo ma dobbiamo, come imprenditori, dare testimonianza di un ottimismo della volontà. Va indubbiamente dato atto al Governo nazionale e regionale, alle istituzioni provinciali e locali, alle forze sociali, di avere finalmente compreso la necessità di cercare e trovare una risposta nuova e concertata ad uno scenario altrimenti disperante. Risorse, opere, investimenti ed impegni sono il presupposto per provare a ribaltare la crisi in opportunità. Servono infrastrutture, procedure snelle, capacità di scelta, volontà di mettersi in gioco, nuovi partners, visione ed apertura al mondo.

Importanti stimoli possono derivare dal concorso internazionale “Un’idea per la sviluppo sostenibile del Sulcis”, incluso nel Protocollo d’intesa. Sono tanti i dubbi, le criticità, i pericoli di non farcela. Ma abbiamo il dovere di impegnarci e provarci. Come Confindustria Sardegna Meridionale siamo pronti a fare la nostra parte.