Bimestrale di informazione economica

 
Home page
Presentazione

Arretrati e abbonamenti

E-mail

Archivio

Riviste
Argomenti
Ricerca semplice
Ricerca avanzata
News

Sommario


Editoriale
di Gherardo Gherardini
Il pericolo nascosto dei rifiuti industriali

Il Piano regionale per i rifiuti speciali

Siti inquinati: i programmi di bonifica

Problema imballaggi: no alla filosofia dell’usa e getta
di Pietro Stagno
Un Mezzogiorno a propulsione segmentata

Nuove strategie operative per l’area vasta di Cagliari

 

Il Piano regionale per i rifiuti speciali

 

Il decreto legislativo n. 22 del 1997 (più noto come “legge Ronchi”), in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti urbani, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi, ha profondamente innovato la disciplina della pianificazione in materia, spostando l’attenzione verso il concetto di “gestione integrata dei rifiuti”.
Questa nuova impostazione ha reso necessario procedere ad una profonda revisione degli strumenti pianificatori esistenti in Sardegna. Per quanto riguarda i rifiuti speciali, la Regione ha elaborato nell’aprile del 2002 uno specifico Piano, che indica il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari ad assicurare lo smaltimento in luoghi prossimi a quelli di produzione, al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti.
Inoltre, compito del Piano è anche quello di determinare le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero, sia di materia che di energia.
Il Piano regionale parte da una disamina del panorama produttivo dei rifiuti speciali, che evidenzia il persistere di un importante comparto metallurgico nel polo industriale di Portovesme; il crollo, rispetto agli anni 80 e 90, dell’industria chimica e delle fibre, con un ridimensionamento delle attività che risultano concentrate nei poli industriali di Cagliari-Portotorres-Ottana, mentre è rimasta immutata nel tempo l’importanza del polo petrolifero di Sarroch; la significativa presenza dell’industria alimentare, con numerose aziende nel settore lattiero-caseario; l’importanza del settore della lavorazione dei minerali non metalliferi, con concentrazione delle attività legate alla lavorazione del marmo e del granito in provincia di Nuoro; il persistere delle attività legate alla produzione di energia, pur con un ridimensionamento del polo di Portovesme a favore di una nuova realtà produttiva nel polo di Sarroch.

Provenienza e la produzione - Dall’analisi dei dati più recenti emerge come la Sardegna sia caratterizzata, dal punto di vista della produzione dei rifiuti speciali, dalla presenza di alcuni flussi omogenei legati alle attività più rilevanti, quali i residui dall’industria della produzione e lavorazione del metallo (fanghi rossi dalla lavorazione dell’Euroallumina e scorie metallurgiche dell’impianto dell’ex-Enirisorse, entrambi di Portovesme) ed i residui dagli impianti termoelettrici (ceneri e gessi dagli impianti di potenza), e da una più limitata produzione di rifiuti da utenze diffuse.
Infatti, su un totale di 2.200.000 t/a di rifiuti speciali complessivi prodotti, i flussi omogenei incidono per circa 1.400.000 t/a (oltre il 60%).
Basta un esame anche superficiale dei contenuti del Piano per ricavarne in maniera chiara che la produzione dei rifiuti industriali è concentrata nella provincia di Cagliari (93%), in modo particolare nell’area industriale di Portovesme (fanghi rossi e scorie solide del polo piombo-zinco rappresentano il 75% del totale regionale). Le altre province incidono in misura ridotta, in particolare quella di Oristano, che non raggiunge l’uno per cento.
A livello regionale, i rifiuti pericolosi rappresentano circa il 22% del totale (scorie del polo piombo-zinco di natura solida, in provincia di Cagliari), mentre i fanghi rappresentano l’aliquota principale (63%) della produzione totale di rifiuti industriali.
Quanto ai rifiuti speciali da attività non industriali, vale a dire quelle commerciali, artigianali e di servizio, risulta localizzata principalmente in provincia di Cagliari (52%) e Sassari (34%), mentre le altre due province incidono in modo più modesto. La natura solida del rifiuto è quella preponderante, ma anche i fanghi rivestono un’importanza particolare, interessando il 14% del totale; i rifiuti liquidi risultano essere di entità trascurabile.
I rifiuti sono soprattutto di natura non pericolosa, ma in misura assoluta la quantità dei pericolosi (circa 15 mila t/a) non è trascurabile.

Destinazione - Lo smaltimento in discarica rimane la forma di maggiore utilizzo, ma anche il recupero risulta essere significativo. Le altre forme di smaltimento sono più marginali, così come quello in territorio extra-regionale, che non raggiunge l’1 per cento. L’analisi di dettaglio delle varie situazioni ha permesso di riscontrare le seguenti caratteristiche delle tipologie di smaltimento adottate:
– per i flussi omogenei (fanghi rossi e scorie metallurgiche), la destinazione specifica risulta essere la discarica, con opere ad esse esclusivamente dedicate, mentre per le ceneri ed i gessi da impianti di potenza la

programmazione dell’ultimo decennio, operata dall’Enel, ha consentito di poter avviare a recupero, principalmente in ambito extra-regionale, la quasi totalità di questi residui, rimanendo a carico di discariche regionali solo quantità residuali e legate principalmente alle aliquote connesse al limitato uso del carbone regionale;
– per i rifiuti da utenze diffuse (circa 800 mila t/a), pur rimanendo la discarica la metodologia di smaltimento più importante con circa 500 mila t/a (incidenza del 60%) e di cui circa 350 mila legate agli inerti in discarica di tipo 2A, le maggiori industrie manifatturiere hanno intrapreso nel tempo dei programmi di avvio al recupero che attualmente coinvolgono circa 180 mila t/a, con un’incidenza del 20-25 per cento. Più limitata l’incidenza dell’incenerimento o di altri trattamenti chimico-fisici (incidenza, per entrambi, del 4-5%), mentre il restante trova collocazione nel circuito dei rifiuti urbani. 

Principi e obiettivi del Piano - Nella pianificazione degli interventi in materia di gestione dei rifiuti speciali, il punto cardine è rappresentato dagli interventi a carico dei produttori, che dovranno articolarsi sui seguenti punti in ordine di priorità:
– sviluppo di azioni tese alla ottimizzazione dei processi, al fine di prevenire la produzione e/o la minimizzazione dei rifiuti;
– sviluppo di azioni tendenti al recupero o riutilizzo dei rifiuti sia all’interno del proprio processo produttivo che tramite interconnessione con altre attività economiche in grado di provvedere al recupero o riutilizzo di rifiuti di terzi;
– sviluppo di azioni gestionali finalizzate alla riduzione della pericolosità dei rifiuti;
– attivazione di una rete dedicata al trattamento dei rifiuti che privilegi il recupero di materiali o la valorizzazione energetica;
– minimizzazione dell’ avvio allo stoccaggio definitivo in discarica dei rifiuti non altrimenti valorizzabili o recuperabili.
Gli obiettivi basilari del Piano sono dunque quelli di individuare i percorsi e le modalità per poter assicurare l’attuazione della gestione integrata e per attivare una rete impiantistica che, privilegiando la regionalizzazione del trattamento e smaltimento, riduca il trasporto dei rifiuti.
Accanto alle forme di incentivazione dello sviluppo e della ricerca di possibilità di riduzione della produzione e del recupero anche in ambito extraregionale dei rifiuti, il Piano prevede l’attivazione di forme di disincentivazione della destinazione dei rifiuti al trattamento/smaltimento finale e soprattutto allo stoccaggio definitivo in discarica, nella certezza che si tratti di uno degli strumenti più efficaci per favorire in modo indiretto l’attuazione della prevenzione e del recupero.
Per il Piano
Per il Piano regionale gestione rifiuti,  il fabbisogno
impiantistico  per il trattamento  chimico-fisico dei
rifiuti  speciali  potrà  essere totalmente  coperto
dalla  piattaforma di Cagliari (nella foto), che avrà
quindi valenza regionale
Le azioni di disincentivo saranno indirizzate:
 – alla determinazione dell’entità massima del tributo per il conferimento in discarica dei rifiuti;
 – alla creazione di un sistema autorizzativo che obblighi il produttore a dimostrare l’impossibilità tecnico-economica, attraverso documentate ricerche di alternative anche in territorio extraregionale, di una soluzione per i propri rifiuti diversa da quella dello smaltimento in discarica.
Considerando le potenzialità richieste e l’offerta impiantistica attuale, il Piano perviene alle seguenti conclusioni:
1. La volumetria residua di discariche in esercizio per lo smaltimento degli inerti soddisfa abbondantemente il fabbisogno regionale nel prossimo decennio.
2. La volumetria residua di discariche per speciali non pericolosi da utenze diffuse attualmente in esercizio riesce al massimo a coprire i fabbisogni del primo quinquennio, ma con evidente carenza nel Sud Sardegna, in particolare nel comprensorio del cagliaritano, in cui è maggiore il fabbisogno anche per la presenza dei flussi di scorie/ceneri dal termovalorizzatore di Cagliari. Va sottolineato che, recentemente, la non disponibilità di una delle discariche del Nord Sardegna ha evidenziato una carenza anche in quest’area).
3. Per coprire le esigenze di discarica per rifiuti speciali non pericolosi dell’intero decennio sono necessarie, rispetto alla situazione attuale, volumetrie nette di circa 500 mila metri cubi.; questo deficit risulterebbe essere saturato dalle due proposte di discarica di cui al punto seguente se le volumetrie fossero omogeneamente distribuite sul territorio.
4. La discarica per speciali non pericolosi di Carbonia è entrata in funzione nel 2002, mentre quella in territorio di Bolotana è stata avviata a realizzazione. La volumetria che con queste due discariche si renderebbe disponibile coprirebbe il fabbisogno menzionato nei precedenti punti 2) e 3). Va osservato che, in realtà, furono proposte e dimensionate per lo smaltimento di rifiuti di aree particolari (Portovesme e Ottana), la cui necessità è venuta parzialmente meno per via della diversa gestione di alcuni flussi di rifiuto. La discarica di Bolotana, sia come taglia (200 mila metri cubi) che come localizzazione, potrebbe essere utile nel nuovo scenario di Piano in quanto baricentrica nel territorio regionale e dotata di impianto di condizionamento.
La discarica di Carbonia risulta sproporzionata e mal localizzata per le esigenze delle utenze diffuse della zona del Sud Sardegna, mentre può essere utile per coprire le esigenze di smaltimento dell’area di Portovesme, anche non derivanti strettamente da flussi omogenei. Con l’entrata in esercizio di queste due discariche permarrebbe comunque un deficit di volumetria nell’area del cagliaritano, che potrebbe essere saturato dal complesso delle discariche regionali (in esercizio e in fase di realizzazione), provocando però notevoli disagi alle piccole e medie imprese, che dovrebbero accollarsi costi di trasporto aggiuntivi.
5. Il maggiore fabbisogno futuro di incenerimento da utenze diffuse (circa 45 mila t/a) può essere coperto dall’offerta impiantistica dei due attuali impianti in esercizio (Cagliari e Ottana), considerando che anche l’inceneritore di Macomer può contribuire all’offerta per il trattamento degli speciali assimilabili.
6. L’offerta impiantistica attuale per l’incenerimento di rifiuti sanitari è largamente soddisfacente per il fabbisogno della Sardegna.
7. Il maggiore fabbisogno impiantistico per il trattamento chimico-fisico dei rifiuti, per via di una riduzione dei flussi attualmente destinati a strutture extra-regionali, dovrebbe essere interamente coperto dall’attivazione della piattaforma di Cagliari, che avrà valenza regionale. La stessa piattaforma ha una potenzialità tale da coprire le esigenze regionali di inertizzazione per la detossificazione di alcune tipologie di rifiuti industriali di natura pericolosa, oltre all’inertizzazione delle ceneri leggere prodotte dall’inceneritore per urbani di Cagliari, nel cui ambito è inserita la piattaforma.