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Più dinamismo nell'economia del Sud Sardegna
di Gherardo Gherardini
Per il capoluogo sardo un nuovo sistema portuale
di Gianni Dessì
Una legge per Cagliari, città-guida della Regione

Osservatorio economico

 

Per il capoluogo sardo un nuovo sistema portuale
di Gherardo Gherardini

 

Porto storico, porto canale, terminale energetico di Sarroch: sono le tre grandi infrastrutture che costituiscono oggi il sistema portuale del capoluogo sardo. Diventato il terminal containers, dopo oltre trent’anni di  traversie, una realtà operativa, le attenzioni dell’amministrazione comunale e dell’Autorità  portuale di Cagliari sono tutte rivolte ai lavori di ristrutturazione e completo rinnovamento del porto storico del capoluogo della Sardegna.


Il mare ritrovato. Sembra uno slogan, ma è una frase che riflette la situazione di una città che ha riallacciato con il mare un rapporto che sembrava perduto. Qualcuno, addirittura, ha parlato di “separati in casa” riferendosi a Cagliari e al suo porto, divisi per decenni da barriere culturali e fisiche. Barriere emblematiche di un’incapacità di convivere e riunificare i destini che in epoche lontane erano sembrati indissolubili.
Come se i moli, le banchine, gli specchi d’acqua non avessero storie da raccontare alla città. Invece, nel tempo, hanno ospitato pescherecci e velieri, vapori e piroscafi, traghetti e navi da crociera, oltre al formicolio del piccolo cabotaggio. Hanno visto ingigantirsi il movimento di gente e merci, scaricatori e nocchieri, passerelle e gru, tutto in un contesto quasi immobile e praticamente immutato. Nella vana attesa che venisse costruito ed entrasse in funzione il porto industriale, quello commerciale non s’è adeguato neanche quando, negli anni sessanta, sono arrivati i voluminosi cargo ro-ro.
Ma i tempi adesso sono cambiati. È bastato l’abbattimento di alcuni muri per risvegliare l’amore e l’attenzione dei cagliaritani per il loro water-front, pronto ormai a scrollarsi di dosso l’etichetta di eterna incompiuta. Urbanisti, paesaggisti, studiosi, amministratori e “semplici” cittadini si sono resi conto che il futuro di Cagliari sarà sempre più legato al mare e al suo porto e che le “strade dell’acqua”, con i traffici di persone e di merci, segneranno le sue fortune e le sue opportunità.

Il nuovo porto cittadino

È arrivato il tempo delle decisioni, perché l’intero sistema portuale, da est ad ovest, deve entrare in una logica di operatività combinata. Le navi si aggiornano nel volgere di dodici mesi, le rotte si modificano con un veloce segno di matita sulla carta nautica, ma per adeguare uno scalo ai nuovi modelli di trasporto occorrono anni e non è più consentito tentennare. Prima si comincia a correre e prima si raggiunge il traguardo. E Cagliari, inutile nasconderlo, si trova parecchio in ritardo rispetto ad altri scali.
Ne sono pienamente consapevoli, e determinati a recuperare il terreno perduto, due personaggi particolarmente impegnati in questa ricostituita unitarietà di interessi e di destini tra Cagliari e il suo porto: Emilio Floris e Nino Granara. Vale a dire il Sindaco e il Presidente dell’Autorità portuale.
«Cagliari ha iniziato la sua corsa verso la trasformazione in un centro cosmopolita – afferma convinto Floris – in cui turismo e commercio dovranno convivere in totale armonia. I luoghi amati per la loro bellezza e funzionalità, come il porto, devono saper conciliare fascino antico e modernità, e modellare con le nuove opere il profilo della città “vecchia”. La vivacità culturale e il rispetto per l’ambiente stanno trasformando sempre più il capoluogo sardo in un’autentica capitale del Mediterraneo, immersa in uno scenario elegante e stupefacente».
La riqualificazione dell’intera area portuale risponde a una finalità strategica dalle implicazioni ben più ampie e rilevanti rispetto alla sola problematica “fronte cittadino-mare”. Si tratta, infatti, di ridefinire le interconnessioni delle attività portuali con il tessuto urbano, creando quelle “trasversalità” funzionali alle esigenze di una città moderna, che deve fondare il proprio rilancio sul turismo, sul pregio naturalistico e ambientale dei suoi luoghi, sulla sua storia e sul suo patrimonio culturale.
Uno scenario in cui città e porto dovranno essere una cosa sola, uno al servizio dell’altra e viceversa, come conferma Nino Granara. «Inserito nel contesto urbano, lo scalo marittimo va adeguato alle destinazioni e agli spazi che sono stati definiti nel Piano regolatore portuale – in corso di stesura finale – che ha recepito le linee guida tracciate dall’Amministrazione civica. In questo quadro sono state individuate le destinazioni delle varie aree portuali (attracco, servizi, diporto, crociera ecc.), prevedendo innanzi tutto lungo la via Roma un fronte a disposizione della città come punto di riunione e aggregazione, mettendo fine al confuso traffico di navi, natanti da diporto, imbarcazioni sportive, piccoli pescherecci, rimorchiatori. Prevediamo di spostare l’attracco dei traghetti misti (passeggeri e merci) dal molo Sanità e dalle banchine di via Roma al molo Sabaudo, dove sarà ubicata anche la nuova stazione marittima. Nell’area di ponente, poi, verranno realizzati gli edifici da destinare ai servizi portuali e istituzionali».
Anticipando i tempi, l’Autorità portuale ha già sistemato, nella stessa area del porto storico, i parcheggi per i semirimorchi, in attesa di essere imbarcati o sbarcati dalle navi ro-ro.
Autorità e Comune sono convinti che, una volta realizzati tutti i lavori previsti, si apriranno importanti prospettive per la vocazione turistica della città. Una vocazione che oggi viene compromessa da uno stato di fatto che condiziona la rapidità delle scelte: il porto “storico” comincia col molo Dogana (dove si trova la vecchia darsena), continua col molo Sanità (dove approdano i traghetti passeggeri), più avanti si trova la Calata Sant’Agostino (davanti alla Rinascente) e poi il molo Sabaudo, dove sono in corso i lavori per la realizzazione dell’approdo dei traghetti.
In prossimità di questo molo, su spazi abbastanza ristretti, sono attualmente scaricate e concentrate le merci che non viaggiano nei container o nei semirimorchi e che vengono trasportate sulle navi cosiddette convenzionali (minerali, prodotti siderurgici, pezzi pesanti, saccherie). Ciò che adesso avviene sul molo Rinascita, dovrebbe trovare sistemazione adeguata sulla nuova banchina del porto canale e sull’annesso piazzale, da costruire di fronte all’esistente banchina del terminalista dei container. «La nuova banchina – sottolinea Emilio Floris – è indispensabile per garantire la trasformazione del porto storico da struttura caotica a ordinato scalo per navi da crociera e per le imbarcazioni da diporto».
Quasi superfluo rilevare che, finché non saranno realizzate le opere nel porto canale, traghetti passeggeri e traffici merci continueranno ad approdare nel cuore della città. «Ma intanto, appena terminati i lavori in corso al molo Sabaudo – osserva Granara – i traghetti si sposteranno da via Roma a via Riva di Ponente».
Il Piano regolatore portuale, in corso di elaborazione secondo le linee guida delineate dal Consiglio comunale di Cagliari, prevede che il porto storico e il porto canale assolvano a compiti del tutti diversi ma complementari. È quello che Granara chiama “sistema portuale perfetto”, nel senso che le singole scelte non possono mai prescindere dalla visione complessiva e che ogni intervento è destinato a produrre effetti sull’insieme.
Si spiega così l’affermazione che «la scelta di concentrare i traghetti in questo punto del porto non è stata residuale, cioè giustificata solo dalla necessità di sgombrare il fronte di via Roma». In realtà, si è trattato di una scelta precisa, fatta in funzione delle strade che confluiscono sul lato di ponente. Qui i passeggeri che scendono dal traghetto con la propria autovettura possono raggiungere facilmente le strade per Pula, per Villasimius, per Assemini-Iglesias, per il Campidano e per il nord Sardegna. Per chi scende a piedi, a ridosso della via Riva di Ponente si trova la stazione dei pullman Arst e la stazione ferroviaria.
Sottolinea il sindaco Floris che «il flusso dei traffici che attualmente si concentra tra piazza Matteotti e la parte occidentale del porto dovrà essere messo in ordine e organizzato, a vantaggio del traffico passeggeri e degli stessi cagliaritani. I quali, in primo luogo, potranno godere di una storica piazza restituita alla sua funzione originaria e, secondariamente, non subiranno alcun disagio, perché già oggi devono attraversare la via Roma per entrare nel porto». Secondo Floris, in un futuro non lontano sarà probabilmente possibile attraversare la strada lungo il tunnel che sottopasserà la via Roma, candidata a diventare un’isola pedonale.
Granara ricorda che in materia di viabilità esistono precise competenze del ministero delle Infrastrutture e sottolinea che gli uffici tecnici dell’Autorità portuale stanno definendo un progetto di viabilità in entrata e in uscita dal porto, che dovrebbe rappresentare anche il punto focale di un sistema intermodale (ruota, ferrovia, nave) studiato per semplificare gli arrivi e le partenze dalla città. Allo stesso modo Emilio Floris ritiene opportuna la creazione di una piattaforma polifunzionale, per integrare le quattro modalità che confluiscono nell’area. «Non bisogna infatti dimenticare – sottolinea – che anche il traffico aereo ha il medesimo punto d’arrivo, dopo lo scalo di Elmas». «Occorre inoltre pensare – aggiunge il Presidente dell’Autorità portuale – a razionalizzare il sistema viario all’interno delle zone demaniali e a creare un collegamento funzionale tra porto commerciale e porto industriale».
Sempre in tema di razionalizzazione dell’assetto viario, il Sindaco di Cagliari attribuisce grande importanza strategica al progetto che ipotizza un collegamento tra la zona commerciale del porto e via San Paolo, che alleggerirebbe la viabilità di via Roma dal transito dei mezzi pesanti. E si sofferma anche sul tunnel sotterraneo di via Roma: «Ci pensiamo dal 2001. Si tratta di un’opera fondamentale per la città, per rendere compiuta la sua viabilità e perché si inserisce nel contesto del porto visto come piazza sul mare. Né va trascurato – aggiunge – il discorso della metropolitana leggera, fondamentale per un razionale assetto non del traffico cittadino, già congestionato, ma di quello a servizio della grande conurbazione metropolitana». Di grande utilità anche il previsto “tombamento” dello specchio acqueo compreso tra il molo Sanità e la banchina Sant’Agostino, con almeno due obiettivi: ricavare nuovi ormeggi e un parcheggio sotterraneo a più piani.
Ma torniamo al lato occidentale del porto, dove fervono i lavori per un’opera imponente: fra circa tre anni, il molo Sabaudo sarà lungo 414 metri e largo 120. Per l’ampliamento sono utilizzati cassoni cellulari (realizzati sulla testata del molo Rinascita), da poggiare sul fondo del mare e riempire di cemento armato, della misura di 33 metri di lunghezza, 12 di altezza ed altrettanti di larghezza. «I lavori in corso – precisano i tecnici dell’Autorità portuale – riguardano il prolungamento del molo (circa 160 metri) e l’allargamento di un lato (35 metri), per la realizzazione di due denti di attracco. Per l’allargamento dell’altro lato, è stata completata la fase progettuale e dovranno essere appaltati i lavori. Ad opera ultimata, sarà possibile la presenza contemporanea di quattro navi, due all’interno, verso via Roma, e due all’esterno, in direzione del molo Rinascita”.
Intanto, dal fronte del porto sono sparite le vecchie gru: due dal molo Sabaudo, una dal molo Sant’Agostino e una dal Rinascita. «La loro demolizione – osserva Granara – ha consentito di realizzare lo spiazzo per posizionare gli imbarchi e i controlli. È in corso anche la demolizione dei vecchi silos in lamiera zincata che, a parte l’ingombro, avevano un pessimo impatto visivo».
Con l’avvio dei lavori al molo Sabaudo, il Comune e l’Autorità portuale hanno compiuto un importante passaggio intermedio: in attesa di spedire navi mercantili e merci nella banchina di ponente (ancora da realizzare) del porto industriale, la città continuerà ad accogliere questi traffici nel blocco funzionale in via di realizzazione nella zona di Sa Perdixedda. «In quella zona del porto – aggiunge Nino Granara – ci siamo ampliati per una superficie di oltre ventimila mila metri quadrati, da destinare a parcheggi, procedendo anche a demolire vecchi fabbricati fatiscenti. Attualmente, è in corso di realizzazione il completamento del parcheggio asfaltato per semirimorchi».
Granara coglie l’occasione per elencare altri lavori che l’Autorità portuale ha attivato per ridisegnare completamente lo scalo e trasformarlo in una parte pregiata della città: si è messo mano alla viabilità interna, con la sistemazione della segnaletica del porto turistico, per favorire l’uscita in via Roma e in tutte le direzioni; sono stati sistemati i pontili galleggianti al molo Dogana; sono stati realizzati giardini e spazi attrezzati, è stata abbattuta la recinzione di via Riva di Ponente, è stato posato un elegante marciapiede, con aiuole, panchine e fioriere, che si collega a quello da tempo esistente nella via Roma. «Hanno anche preso il via – prosegue Granara – i lavori di sistemazione della Darsena, che prevedono arredo urbano, pavimentazione, illuminazione e verde, oltre a nuovi pontili per l’attracco. Entro la fine dell’estate saranno anche conclusi i lavori per la realizzazione di un nuovo dente d’attracco al molo Rinascita, destinato a navi ro-ro”.
Il Presidente dell’Autorità portuale si rende conto che una così considerevole mole di opere ha creato (e crea) disagi alla popolazione e alla movimentazione di passeggeri e merci. «Me ne dispiaccio – sottolinea – ma contemporaneamente ci tengo a sottolineare che l’operatività del porto non è mai venuta meno né è stata sacrificata la potenzialità dello scalo”.
Una parte del grande progetto che punta a rendere pedonale la via Roma e trasformarla in un’unica, grande isola destinata al passeggio, destina la “calata” tra il molo Dogana e il molo Sanità alla nautica da diporto di pregio, come i grandi velieri. Una presenza che, solo come colpo d’occhio, darebbe di Cagliari un’immagine ben diversa da quella che oggi offrono i traghetti. Stando allo studio in corso di definizione, l’attuale stazione marittima verrà convertita in una struttura al servizio dei diportisti e del turismo in generale, con una terrazza sul mare, dotata di bar e ristorante.

Il traffico crocieristico

La banchina Ichnusa sarà invece destinata al traffico crocieristico, come ha spiegato qualche mese fa Nino Granara nel corso di un’affollata conferenza stampa, alla quale hanno presenziato le più importanti autorità civili e militari. Una presenza più che giustificata, visto l’argomento: la presentazione del nuovo terminal che consentirà al capoluogo di essere inserito nelle rotte turistiche della grandi navi da crociera. «L’opera, i cui lavori sono stati consegnati a febbraio del 2006 e per la cui realizzazione occorreranno circa otto mesi,  costerà cinque milioni e mezzo di euro: quattro messi a disposizione dall’Autorità portuale e uno e mezzo dal Comune, per gli arredi e i servizi – specifica Granara –. Il fiore all’occhiello del progetto è la tensostruttura destinata ad accogliere i turisti: 2.500 metri quadrati, metà dei quali coperti, su due piani, con veri e propri pennoni e una forma che richiama quella di un veliero, in acciaio, cristallo, pietra calcarea di Orosei e arredamenti in legno».
Verrà insomma ricreata, nelle forme, una nave di grandi dimensioni, a due passi dallo sbarco, che permetterà un rapido inserimento nella città, in linea con il concetto di porto come piazza sul mare, che l’Amministrazione comunale e l’Autorità stanno sostenendo da anni. Il terminal, che inizialmente sarà gestito dalla stessa Autorità (in futuro, probabile la costituzione di una società mista, a maggioranza pubblica), avrà degli spazi destinati ai croceristi, ai tour operator e alle grandi compagnie di navigazione. Inoltre, ci saranno servizi di bar e ristorazione, sale esposizione, centro congressi con oltre cento posti, uffici. L’obiettivo è quello di incrementare in misura notevole, se non  addirittura raddoppiare, il traffico delle navi da turismo, offrendo agli armatori quelle attrattive che oggi non hanno.
Come interventi accessori, per permettere l’attracco delle navi da crociera, è previsto che il fondale passi dagli attuali sette/otto a nove metri, l’eliminazione del “pennello” di Levante e delle gru (entrambe già eseguite) e infine lo spostamento dei pescatori.  «Per questi, in attesa dei nuovi pontili della Darsena – spiega Granara – sono state predisposte soluzioni provvisorie di attracco alla Scafa ed entro il 2006, in quello stesso sito, andrà in appalto il nuovo porto pescherecci, capace di ospitare ottanta posti barca. Per dare risposte alle imbarcazioni da pesca, che nel frattempo, secondo la logica della riconversione attuata dalla Regione, sono sempre più grandi, abbiamo assegnato lungo il molo Sant’Agostino attracchi per trentacinque imbarcazioni, con piazzali di pertinenza, acqua, luce. Inoltre, sono in corso di montaggio nuovi parabordi per le esigenze del naviglio inferiore».
Ma l’opera di gran lunga più importante, e assolutamente prioritaria, è quella che è stata eseguita alla fine di maggio, con la demolizione del muro che tagliava in due il molo Ichnusa ed impediva la vista della “sponda” di Levante. All’unisono le voci di Floris e Granara, presenti all’evento: «È stato raggiunto un obiettivo che in passato sembrava inarrivabile, realizzando un sogno per l’intera città di Cagliari. Il porto cittadino e quello della Marina Militare regaleranno ai visitatori una visione unitaria del capoluogo. La cooperazione tra la società civile e quella militare ha dato vita, con ottimi risultati, ad un confronto leale e privo di pregiudizi ed ostilità».
«La ruspa che il 30 maggio ha dato il via ai lavori – sottolinea Granara – è il simbolo della forza di questo progetto di collaborazione, sostenuto da chi ama veramente Cagliari e tutta la Sardegna. Per quanto ci riguarda, abbiamo ampiamente dimostrato la nostra piena disponibilità a contribuire alla nuova immagine del porto».
C’è da credere, dunque, che sulle macerie di quel muro cresceranno i progetti per un turismo che dovrebbe permettere al capoluogo di fare il salto di qualità atteso da tempo. «L’abbattimento di un ostacolo ha sempre un valore simbolico positivo, senza contare che in questo caso rappresenta il punto di partenza per una completa trasformazione della città – sostiene Floris – . Con il libero accesso e l’utilizzo di questa parte del porto ci saranno benefici per tutti gli operatori commerciali, oltre che per i cittadini».
Per come la vede il Sindaco, i vacanzieri dovrebbero arrivare in città, ormeggiare la barca come se stessero parcheggiando l’auto e andare a visitare Cagliari in tutta tranquillità. Gli si illumina lo sguardo, mentre dice: «Allargheremo la passeggiata di via Roma, creeremo vari punti per un’adeguata accoglienza turistica e spazi per i diportisti organizzati al meglio con ogni tipo di servizio. Tutto il centro storico beneficerà di queste novità e si creerà una sorta di effetto domino in positivo, che porterà movimento anche verso gli altri quartieri. Tantissime città, anche meno conosciute della nostra, ottengono introiti elevati dall’industria turistica e, viste le nostre potenzialità, tra arte, cultura, mare e storia non vedo cosa possiamo avere in meno».
Nella realizzazione del molo destinato all’attività crocieristica l’Autorità del porto vede anche un fondamentale tassello per collegare, in un quadrilatero tirrenico, Cagliari, Civitavecchia, Livorno e Olbia. «Si tratta di porti raggiungibili dalla sera alla mattina, l’ideale per le navi di crociera che viaggiano di notte. Con le Autorità di quegli approdi stiamo pensando ad un sistema turistico con modalità di traffico intercambiabili. Un principio che, in seguito, potrebbe essere esteso a tutti i porti del Mediterraneo».
Sempre in tema di turismo, va detto che nel progetto di Piano regolatore il porto turistico vero e proprio non è previsto nella “vetrina” di via Roma, ma a Su Siccu, tra il pennello di Bonaria e il molo foraneo, con  posti barca superiori agli attuali 800. «Un punto raggiungibile percorrendo la passeggiata a mare, per la quale – informa Granara – gli uffici tecnici dell’Autorità hanno già predisposto il progetto».
«Sta per realizzarsi il sogno di sempre dei cagliaritani, che tra qualche anno – assicura Emilio Floris – potranno percorrere il lungomare sino a Marina Piccola». Un lunghissimo itinerario che renderà comunicanti i moli portuali della Plaja con quelli di via Roma, gli approdi turistici del molo Ichnusa e del pennello di Bonaria, il molo Sant’Elmo, il canale di San Bartolomeo. In questa zona è prevista la “rinascita” del vecchio edificio conosciuto come “Magazzini del sale”, di proprietà del Demanio marittimo, per il cui recupero è probabile che si ricorra a un concorso di idee.
Spiega Floris: «La città è proiettata verso Sant’Elia, che dovrà essere riqualificato. Non ci può essere qualità urbana se nella città resistono punti critici. Vorrei che si riflettesse su come il quartiere ha gestito il suo ruolo rispetto alla struttura del Lazzaretto, un grande ruolo. Sant’Elia deve incontrare la città in un preciso punto: lo sbocco del Terramaini, che rappresenta la porta del parco. Non è un sogno, perché l’impegno con la città è stato preso nel Piano urbanistico comunale. Il problema vero sarà quello di riuscire a utilizzare le risorse del Quadro comunitario di sostegno. Ma è un tentativo degno di essere compiuto». 

Il porto canale

Un discorso sul porto di Cagliari non può trascurare la vasta area occidentale, occupata dal porto canale, il cui primo lotto funzionale fu approvato dal Cipe nell’ormai lontano 1972. Sono trascorsi più di trent’anni perché avesse la possibilità di inserirsi nel grande mercato del traffico marittimo, modificando la propria destinazione d’uso iniziale: era porto industriale ed è entrato in funzione – solo recentemente – come porto di transhipment (da nave a nave).
Nino Granara guarda avanti: «Grazie a un imprenditore inserito fortemente in quel settore, grazie alla posizione geografica e grazie alla possibilità di realizzare pescaggi superiori rispetto a quelli di oggi, e anche in considerazione delle enormi aree a disposizione, il porto canale continuerà la sua ascesa nella graduatoria dei primi posti del Mediterraneo». L’Autorità portuale ne è fortemente convinta e, per aumentare la competitività dello scalo industriale cagliaritano, ha dato il via a notevoli investimenti, primo fra tutti la realizzazione sul lato di ponente di 500 metri di banchina e piazzali, dove verranno sistemati gli impianti logistici, profondi oltre 60 metri, che arriveranno quasi a costeggiare la strada per Pula.
Quanto alla banchina, sarà arretrata di circa 50 metri verso terra, in modo da aumentare la superficie d’acqua del bacino di evoluzione, dove le navi possono fare manovra. Quando è stato realizzato, il porto canale non prevedeva l’ingresso di imbarcazioni dalla stazza enorme come quelle che si apprestano ad attraccare nello scalo commerciale, da qui la necessità di un miglioramento dell’approdo.
Per lo stesso motivo hanno già preso il via i lavori, che dureranno circa otto mesi, per aumentare la profondità del fondale del bacino, che passerà dagli attuali 14 a 16 metri. «Gli scavi – spiega Granara – serviranno anche ad ampliare la canaletta di accesso, eliminando una secca distante circa un miglio dalla bocca del porto, che oggi costringe le navi portacontainer a manovre insidiose». Una volta ultimati i lavori, che non comporteranno interruzioni nell’attività della concessionaria Cict (Cagliari international container terminal), i 700 mila container movimentati nel 2005 e le 25 navi che ogni settimana raggiungono l’approdo  potrebbero davvero aumentare in misura sostanziosa, tenuto anche conto che la maggior profondità permetterà di accogliere anche portacontainer di maggior stazza e pescaggio.
Nei prossimi anni, “bestioni” di acciaio sempre più grandi trasferiranno le merci da un capo all’altro del Mediterraneo e punteranno le loro prue sulla Sardegna meridionale, facendo aumentare il peso specifico dello scalo commerciale del capoluogo. Cagliari, infatti, attira l’interesse degli armatori perché si trova lungo l’asse Suez-Gibilterra, nel cuore di quella zona di libero scambio che sarà il Mediterraneo del 2010.
Ma Nino Granara pensa anche, nella zona industriale, ad attività di altro tipo. «Mi auguro che nelle colmate del porto canale veda la luce un grande centro tecnico, capace di soddisfare ogni esigenza della nautica da diporto, in maniera che non sia solo di passaggio, ma diventi stanziale. In quel sito vedo anche la sede naturale di officine, cantieri, carpenteria e laboratori artigiani che, oltre a liberare le aree attualmente occupate nella zona storica, troverebbero possibilità di sviluppo, offrendo assistenza al naviglio dei diportisti». 

La zona franca

Quando si parla di porto canale non si può trascurare un altro tema: quello della zona franca, istituita da un decreto legislativo del 1998, ma il cui quadro normativo è stato completato solo nel 2001, con l’emanazione del decreto presidenziale che individuava la società di gestione dell’area, partecipata al 50 per cento dal Casic e per l’altro 50 per cento dall’Autorità portuale.
«I motivi che hanno impedito il decollo della zona franca – spiega Granara – sono diversi. Ma ne vorrei citare almeno tre, i più importanti: la presenza di due soli soci, l’incompatibilità dell’oggetto sociale con le prescrizioni contenute nella legge istitutiva delle Autorità portuali, l’enorme estensione dell’area, che ricopre l’intero perimetro del porto canale».
Malgrado queste difficoltà, che hanno costituito un innegabile freno all’avvio della zona franca, l’Autorità portuale ha continuato a cercare le possibili soluzioni per garantire i presupposti di operatività. «È recente l’accordo raggiunto con il Casic, ancora da formalizzare – informa Granara – sulle modifiche statutarie circa l’oggetto sociale e le disposizioni che sono di ostacolo all’ordinario governo della società. Né va sottovalutato lo sforzo per la ricerca di una più razionale delimitazione dell’area, possibile grazie al contributo decisivo di Comitato portuale, Regione e Provincia. Così come, infine, non può passare in secondo piano il lavoro svolto dall’Autorità per assicurare a tutti gli operatori le condizioni necessarie di libera concorrenza nel porto di Cagliari».
Dunque, una volta sanate le situazioni di incompatibilità, individuate e dimensionate le opportunità che il soggetto zona franca può offrire, salvaguardate le giuste aspettative degli imprenditori locali e soprattutto le regole della libera concorrenza, secondo Granara potranno essere rimosse tutte le difficoltà che ad oggi hanno limitato l’avvio della zona franca.
Per il sindaco Floris, inoltre, occorre ripensare alla “filosofia” dell’intero intervento: «I presupposti che hanno condotto alla costituzione della zona franca sono mutati, così come i tempi e i mercati. Oggi come oggi, una zona franca non serve tanto per le merci che devono circolare in Sardegna o per quelle dirette nei paesi dell’Unione europea, ma per lavorare o assemblare le merci che arrivano dai paesi extracomunitari e ripartono per altri paesi extracomunitari. Nella zona franca potrebbero esistere attività locali, con dipendenti sardi, per lavorare merci che però non interessano il mercato locale».
A noi sia consentita una breve considerazione finale: se sulle migliaia e migliaia di metri quadrati della zona franca non si è ancora mosso nulla, evidentemente non sono bastate le ricette degli economisti o le formule societarie. Non è compito nostro fare processi ed è sicuramente poco produttivo puntare il dito contro l’aspetto perfino curioso delle entità lautamente – ed inutilmente – finanziate in passato per promuovere il porto canale nel mondo, così come non serve rilevare che è certamente mancato il ruolo propulsivo della Regione.
Probabilmente, al punto in cui siamo arrivati, l’unica cosa utile è che tutte le istituzioni interessate si riuniscano intorno ad un unico tavolo e si interroghino su cosa è meglio fare nell’interesse dello scalo commerciale cagliaritano e di tutta la Sardegna. E lo facciano.