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di Paolo Argenti
Più dinamismo nell'economia del Sud Sardegna
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Per il capoluogo sardo un nuovo sistema portuale
di Gianni Dessì
Una legge per Cagliari, città-guida della Regione

Osservatorio economico

 

Più dinamismo nell'economia del Sud Sardegna
di Paolo Argenti

 

Il 2006 si preannuncia per la “vecchia” provincia di Cagliari con piccoli ma evidenti segnali di ripresa. Ne sono convinte, in particolare, le 500 aziende che l’Istituto Guglielmo Tagliacarne ha coinvolto nell’inchiesta “Il Sud Sardegna: analisi economica e fattori di competitività”. In ogni settore è stata rilevata la presenza di imprese maggiormente dinamiche, capaci di puntare sull’innovazione e sull’export.

Dopo un 2005 marcato da indici prevalentemente negativi, il 2006 per la provincia di Cagliari si annuncia con segnali di ripresa. Ne sono convinte in particolare le 500 aziende che l'istituto "Guglielmo Tagliacarne" ha coinvolto – per conto della Camera di commercio di Cagliari – nello studio "Il Sud della Sardegna. Analisi economica e fattori di competività". I risultati della ricerca saranno pubblicati dalla Camera nella collana "Quaderni di Sardegna economica".
Lo studio – ha spiegato Giuseppe Capuano, responsabile dell'Area studi e ricerche dell’Istituto Tagliacarne. – è partito dalla raccolta e dall'analisi dei dati macroeconomici per l'intero territorio della “vecchia” provincia di Cagliari ma li ha analizzati secondo schemi innovativi, integrandoli con le indicazioni e le aspettative raccolte nel dialogo diretto con le imprese.
Si è studiato l'impatto di alcuni fattori macroeconomici – prezzo del petrolio, cambio euro/dollaro, tasso di interesse – assieme ai limiti nella disponibilità di infrastrutture. In estrema sintesi, emerge il ritratto di un sistema economico maturo ma non in declino, grazie all'innesto di segmenti produttivi strategici (filiere metalmeccaniche e terziario avanzato).
In ogni settore – anche in quelli che hanno denunciato nel 2005 le maggiori difficoltà – è stata rilevata la presenza di imprese maggiormente dinamiche, capaci di puntare sull'innovazione e sull'export. Il modello di sviluppo è caratterizzato da un lato dalla presenza della grande impresa (circa il 35% di valore aggiunto del manifatturiero) e dall'altro da un tessuto di micro/piccole imprese che spesso hanno difficoltà a perseguire una strategia aggregativa e di filiera e ad affacciarsi sui mercati esteri.

Trasporti. Passando all’analisi dei vari settori dell’economia del territorio, riferendosi ai trasporti, lo studio sottolinea come la dotazione infrastrutturale di un territorio si configuri come uno fra i fattori che contribuiscono a definirne lo sviluppo economico e sociale. Il livello di infrastrutturazione favorisce, infatti, l'insediamento delle attività imprenditoriali e l'aumento della produttività di un'area, creando, quindi, le condizioni per alimentarne la capacità competitiva ed attrattiva. L'insufficienza, o anche solo la congestione, delle reti di trasporto costituisce un costo per l'intero territorio.
In tale contesto, il Sud della Sardegna denuncia una elevata carenza di strutture rispetto a quelle presenti a livello nazionale. In particolare, sia la rete stradale che quella ferroviaria registrano un indice di dotazione pari, rispettivamente, a 39,4 ed a 15,3 (dato Italia = 100).
Questo scenario rimane pressoché immutato osservando gli aeroporti e i bacini di utenza la cui dotazione provinciale, pur mostrando segnali di miglioramento nel periodo in esame, nel 2004 si posiziona su valori inferiori sia alla media regionale (67,0 contro l’81,1 della Sardegna) che a quelli di tutte le altre realtà considerate.
Un netto miglioramento della situazione nel meridione dell’isola si può notare, invece, considerando le strutture portuali che, dopo un 2000 caratterizzato da una lieve flessione nella dotazione, nel 2004 riportano un indicatore pari a 205,3 (contro il 144 della regione). Il sistema portuale rappresenta, infatti, il vero punto di forza di una rete di trasporti che, nelle altre tipologie, presenta, invece, elevate carenze non solo rispetto alla media nazionale ma, in alcuni casi, anche a quella regionale. Certamente questo fenomeno costituisce un vincolo al pieno sviluppo di una provincia che risulta fortemente ancorata alla sua “condizione di insularità” come evidenziato dal sottodimensionamento delle reti di trasporto percorribili via terra o via aria.

Infrastrutture economiche. La determinazione del livello di competitività ed attrattività di un territorio, tuttavia, non si può limitare allo studio delle sole infrastrutture di trasporto ma deve includere anche l'analisi, più generale, della dotazione di infrastrutture sia economiche (di cui i trasporti ne costituiscono una parte) che sociali.
In questo scenario, l'indice di dotazione delle infrastrutture economiche (68,9) nel Sud Sardegna risulta positivamente influenzato dal miglior assetto, rispetto a quello regionale, di impianti e reti energetico-ambientali (55,2), di strutture e reti per la telefonia e la telematica (49,3) nonché di reti bancarie e di servizi vari (51,1) che, pur mostrando valori inferiori al dato nazionale si collocano, comunque, al di sopra di quelli riscontrabili nelle altre realtà in esame.

Turismo. La progressiva "terziarizzazione" dell'economia della provincia è confermata dal maggior peso del settore sul valore aggiunto totale (dal 72,3% del 1995 al 76% del 2004).
Considerevoli contributi derivano dal commercio, dai trasporti e dal recente sviluppo del terziario avanzato, mentre un contributo più consistente potrebbe derivare dal comparto turistico, penalizzato, secondo gli imprenditori intervistati, da una insufficiente attività di promozione all’estero. Considerando le risorse sui cui potrebbe contare, non si capisce perché la provincia di Cagliari ottenga dal turismo poco più del 3% del Pil, contro un dato medio nazionale che supera il 7 per cento. Lo sviluppo turistico potrebbe essere sostenuto innanzi tutto da un ruolo più attivo dei consorzi di promozione turistica e poi dalla realizzazione di progetti condivisi, come la creazione di una rete di campi da golf o di una piattaforma di informazione al servizio della nautica.

Agricoltura. Considerazioni non positive per l’agricoltura: il settore ha fatto registrare, infatti, un tasso di crescita negativo, sia a livello provinciale che nazionale (– 1,1%); negativo anche il tasso di variazione medio annuo (– 0,7%). Le principali cause di peggioramento della situazione economica del settore sono indicate dagli imprenditori intervistati nella diminuzione della domanda interna, nella maggiore concorrenza, nel calo della competitività dei prodotti e nel peggioramento congiunturale nazionale ed internazionale.
Per poter riconquistare porzioni di mercato interno sarà necessario effettuare azioni contro la polverizzazione imprenditoriale, uno dei principali problemi dell’isola. Ma sarà anche importante puntare sulla ricomposizione fondiaria, sullo sviluppo di relazioni imprenditoriali e sulla creazione di piattaforme logistiche, sull’avvio delle colture industriali – anche sfruttando l’ampia disponibilità di superficie agricola non utilizzata – sulla creazione di consorzi di tutela delle denominazioni  sui prodotti di qualità, sulle agenzie per la commercializzazione dei prodotti locali, non trascurando, infine, il forte sostegno che può venire al settore dalla Grande Distribuzione.

Lavoro. Fra i punti critici dell’economia dell’isola, lo studio segnala anche le difficoltà sul mercato del lavoro e le sacche di marginalità che rischiano di crescere e alimentare il fenomeno del lavoro irregolare.

Industria. Nel settore manifatturiero le prospettive più interessanti dovrebbero manifestarsi nell'industria alimentare, nella chimica e farmaceutica, nell'indotto dei mezzi di trasporto (componentistica in metallo e gomma), nella componentistica elettronica.

Terziario avanzato. Per il terziario avanzato, la strada quasi obbligata è quella delle aggregazioni fra imprese, capaci di puntare su mercati più ampi dell'ambito regionale. Il rapporto insiste anche sull'esigenza di attrarre investimenti esterni per stimolare lo sviluppo. Tra i settori giudicati più interessanti ci sono la chimica fine, la biomedicina e tecnologie della salute, l'automotive, l'agroindustria, la logistica, la ricettività, l'Ict  e il terziario avanzato.
La scelta di tali settori deriva in parte dalle vocazioni e dalle specializzazioni presenti nel territorio ma anche dalla presenza di importanti punti di riferimento internazionali (si pensi ad esempio all'Università di Cagliari ed al Consorzio 21), impegnati nella ricerca di base ed applicata in ambito di genomica e neuroscienze, ma anche in percorsi di integrazione fra diversi contesti scientifici come l'informatica e la genetica.
Sempre in tali ambiti, si sottolinea il fatto che tali eccellenze, organizzate in forme distrettuali, possono costituire dei fattori di traino per attrarre imprese in appositi incubatori imprenditoriali, ma anche realizzare una sorta di "cross fertilization" per l'intero territorio, per le imprese già localizzate.
Per questi motivi, un indirizzo di sviluppo potrebbe essere la promozione congiunta ed integrata dei vari settori che evidenzi le opportunità di investimento ed il relativo vantaggio competitivo e che sia inquadrata in un processo di internazionalizzazione della Sardegna.

Commercio estero. Per quanto riguarda, infine, il commercio estero del Sud Sardegna, lo studio rileva che il territorio detiene, per movimentazione di merci e servizi verso l'estero, circa 1'80% delle esportazioni e 1'85% delle importazioni regionali.
Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall'lstat, nel corso del primo semestre 2005, il saldo degli scambi con l'estero è stato pari a – 878 milioni di euro, contro i – 738 rilevati nel corso dei primi sei mesi del 2004. I dati confermano quindi il trend negativo della bilancia commerciale  Questo denota una variazione proporzionale e analoga delle importazioni e delle esportazioni e, quindi, un deficit che può definirsi "strutturale".
Dall'analisi generale delle esportazioni emerge la difficoltà di penetrazione dei mercati esteri da parte dei prodotti tipici e più tradizionali del territorio, provenienti principalmente dalle piccole e medie aziende locali. In particolare, i prodotti agricoli, della pesca, della silvicoltura (che rappresentano appena lo 0,1% del totale), ma anche dell'industria alimentare (1,1 %), del tessile e abbigliamento (0,1 %), e altri prodotti dei settori manifatturiero e dei servizi rappresentano, al netto dei prodotti petroliferi raffinati e chimici, una quota piuttosto contenuta.
Coerentemente con quanto emerso nell'indagine, la creazione di consorzi per l'export e lo sviluppo di cooperazione tra le imprese locali, in gran parte di piccola dimensione, potrebbe aiutare a superare l'individualismo, accrescere la competitività del sistema produttivo e favorire l'inserimento nei mercati internazionali dei prodotti locali.