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Nel mondo di Internet

Vent'anni di informazione sulle vicende dell'economia della Sardegna (dal 1980 al 1999) - Parte prima: indice per argomento

Vent'anni di informazione sulle vicende dell'economia della Sardegna (dal 1980 al 1999) - Parte seconda: indice per autore

 

Nel mondo di Internet
Alessandro Ovi

 

Pochi sanno che Internet, concepita e nata negli Stati Uniti, trova slancio per il suo grande sviluppo, cinque anni fa, da un incontro sui monti del Peloponneso tra due europei, entrambi greci, Michael Dertouzos scienziato del Mit e George Metadikes, funzionario della Commissione europea.

Sono loro a gettare le basi perché Stati Uniti ed Europa armonizzino i loro standard per una rete globale dopo che per oltre trent’anni i soli protagonisti erano stati gli americani.

All’origine di Internet vi sono il lancio dello Sputnik russo, il 4 ottobre 1957 e subito la paura dell’America che allo Sputnik segua la «bomba», in grado di bloccare tutto, anche le telecomunicazioni, cruciali nel grande continente; la vulnerabilità delle reti ad architettura gerarchica, basate sulla «commutazione di circuito», dove, colpiti pochi nodi importanti l’intero sistema muore; il bisogno di un sistema di comunicazione robusto e flessibile che garantisca i collegamenti anche in condizioni di crisi.

Quindi l’intervento dell’Arpa, l’agenzia per lo sviluppo delle tecnologie militari che mette in moto i migliori cervelli. Si pensa alla commutazione «di pacchetto» dove la rete funziona senza un’autorità centrale, quasi in modo anarchico, con nodi tutti indipendenti tra di loro e capaci tutti di creare, trasmettere e ricevere; la mancata funzionalità dell’uno non deve pregiudicare quella di tutti gli altri. Ogni messaggio viene scomposto in vari pezzi, detti appunto pacchetti, opportunamente targati per non smarrirsi, ed inviato separatamente verso la propria destinazione. Se, per qualsiasi ragione, si verifica un intoppo lungo uno dei rami della rete, il pacchetto è automaticamente rispedito attraverso un altro.

1969 - Quattro nodi di grandi università, tre in California e una nello Utah, sono messi in funzione con questo sistema rivoluzionario; tra gli ultimi echi della rivolta di scuole e università contro la guerra nel Vietnam, nel pieno dei conflitti razziali che infuocano l’America, nasce, silenziosamente, la prima rete telematica che rivoluzionerà il modo di comunicare e di vivere.

Intanto parte un’altra rivoluzione silenziosa: entrano in scena i microcomputer, alla portata delle piccole università e delle aziende e la rete cresce rapidamente.

1980 - Gli hosts sono già 200 e si comincia ad uscire dall’influenza militare: il Dipartimento della Difesa americano non sottopone i protocolli di trasmissione al segreto, e li mette a disposizione di tutti. Parte la valanga; alla fine degli anni Ottanta gli hosts collegati sono ben 100 mila.

Ma c’è un rischio: manca uno strumento che dia ordine alla massa di documenti e messaggi in rete. Sconfitti distanza e tempo, il caos regna sovrano; ma qui entrano in gioco gli europei a unificare.

1991 - Tim Berners-Lee, laurea ad Oxford e ricercatore del Cern a Ginevra pubblica WorldWideWeb: un progetto di ipertesto, una risposta all’esigenza accademica di un sistema di consultazione e memorizzazione dei documenti pubblicati. L’ipertesto è un programma che permette l’interazione tra i documenti in rete con cui l’utente può spostarsi da un testo all’altro, e «navigare» nel mare dei dati grazie ad Html (Hypertext Markup Language). Un grande passo avanti, ma americani ed europei rischiano di avviarsi su strade divergenti. Per fortuna c’è la sintesi greca.

1994 - Dertouzos, direttore del Laboratorio informatico del Mit, e un suo vecchio amico Metadikes, capo del programma di ricerca europeo sull’«information technology», si incontrano a Metsovo sulle montagne del Peloponneso e si propongono di creare un asse Europa-Usa che dia uno standard globale alla rete. L’incontro sulle montagne greche garantisce un programma di crescita armonica del sistema; la ragnatela è tessuta. WWW fa il suo ingresso in rete, Html diventa lo standard globale, valido ancora oggi. La corsa alla semplificazione si fa frenetica.

Nascono i browser (programmi di navigazione) con cui ci si può muovere in rete semplicemente «cliccando» il mouse, su scritte ed icone che compaiono sullo schermo; Mosaic, il primo, poi Netscape Navigator di Mark Andreessen seguito da Internet Explorer di Bill Gates, entrambi grandi successi commerciali. Arrivano i «motori di ricerca», ragni software che corrono sulla rete, raccolgono le informazioni per parole o concetti e le portano a chi le cerca. Si chiamano Yahoo, Lycos, Alta Vista... crescono e rendono miliardari in dollari chi li ha creati. Si sviluppa America On Line col suo concetto di Portal, un ingresso alla rete con contenuti e servizi propri oltre che con chiavi di lettura dell’intero universo di Internet.

Attorno ai routers, computers specializzati nel ricevere e trasmettere i «pacchetti», e alla tecnologia di compressione, che permette di far passare sempre più informazioni sulle reti telefoniche, fiorisce rigoglioso un settore industriale tutto nuovo. Nomi quali Cisco, Ascend, Xylan, Fore, tutti americani, diventano i titoli più caldi del Nasdaq, la borsa dell’alta tecnologia. Le società «Internet» quotate, quattro nel ’90, sono cento a fine ’98 e oggi sono già trecento. Siamo al travolgente inizio dello sfruttamento commerciale, grande molla di semplificazione e perfezionamento. Il traffico in rete aumenta ad un tasso annuo superiore al 300%; gli hosts, dieci milioni nel ’96, oggi sono già trentacinque milioni, metà dei quali negli Stati Uniti.

La velocità di elaborazione sempre crescente dei microprocessori porta agli utenti le immagini, le animazioni, i filmati; quelle che all’inizio erano «stanze» per discutere e informarsi diventano grandi piazze per mostrare cose, offrirle, negoziarle.

Così nasce il commercio in rete, l’e-commerce; all’inizio soprattutto per i servizi, all’improvviso facilmente fruibili a distanza: banche, borsa, consulenza, scommesse; poi anche per i beni: libri, computers (le grandi fortune di Amazon e Dell), e via via quasi ogni cosa, fino alle automobili. In alcuni casi come per il software, o la musica, la consegna può aver luogo direttamente tramite la rete così come sarà tra poco anche per film e informazione televisiva, e dovunque dominano gli americani con ben il 75% delle transazioni mondiali.

Però, oramai il grande sviluppo è partito anche in Europa; in grandi paesi come Italia e Francia la diffusione di Internet è ancora bassa ma il tasso di crescita è fortissimo e al Nord, in Finlandia e Svezia, anche la diffusione è già superiore a quella media americana.

La maggior parte del traffico passa su «portali» europei ed anche la nostra industria delle telecomunicazioni si muove: Xylan e Fore diventano europee acquistate da Alcatel e Marconi.

Il futuro comunque va analizzato inserendo nel quadro anche elementi nuovi. Bisogna tener conto di tecnologie di comunicazione che si sono sviluppate parallelamente ad Internet e che su Internet hanno cominciato a convergere, quali telefonia mobile, televisione digitale, videogiochi. Bisogna poi valutare come le conseguenze economiche e sociali indotte dalla grande rivoluzione di Internet potranno influenzare il futuro della rete. Vediamo allora che non tutti i giochi sono fatti e si aprono, invece, nuove opportunità per le imprese, i consumatori, i governi e le organizzazioni sovranazionali.

Partiamo dalla tecnologia. Fino ad oggi, per accedere ad Internet, era necessario avere un «personal computer» (Pc), ancora non per tutti strumento facile o «amichevole», come dicono gli americani. Ma è imminente la diffusione di nuovi terminali che hanno al loro interno i componenti essenziali di un Pc eppure sono oggetti più familiari e semplici da usare: un telefono con schermo, una console per videogiochi, un decoder di Tv digitale...

Con questi terminali entrano nel mondo di Internet non solo milioni e milioni di nuovi utenti ma anche nuovi grandi protagonisti industriali; Sony, Sega, Nintendo, Nokia, Thomson, Alcatel, Siemens, ltaltel... (molti giapponesi ed europei), e l’interesse attorno alla rete cresce e si allarga nel mondo.

Con loro migrerà sulla rete una quota sempre maggiore della attenzione dei consumatori che all’improvviso si troveranno a portata di un «click» del videogioco, o del tocco di un dito su uno schermo, un mondo immenso di opportunità di ogni tipo.

Ma il quadro delle «sorprese da tecnologia» non finisce qui. La rete, almeno per una parte delle sue applicazioni, si staccherà dai fili del telefono o dai cavi delle televisioni; Internet ci seguirà dovunque e grazie ad Units, la nuova generazione della telefonia mobile, offrirà sul «telefonino» non solo voce, ma anche grafici ed immagini.

Qui l’Europa ha la possibilità di colmare la distanza che oggi la separa dagli Stati Uniti (leapfrog, con un salto di rana) perché, grazie ad un importantissimo sforzo di armonizzazione degli standard, la sua rete di telefonia mobile Gsm è una base di partenza molto importante.

Su questi standard il conflitto tra Europa e Stati Uniti è già duro; sono a confronto non solo tecnologie ma anche filosofie profondamente diverse: gli americani preferiscono lasciare che sia il mercato a scegliere tra standard in concorrenza, gli europei vogliono una scelta ragionata e coordinata. Il confronto si espande ai grandi paesi, Cina, India, America Latina; l’Europa non è debole o subalterna ma è certo che una nuova sintesi greca sarebbe utile a tutti e forse è già all’orizzonte. Analizziamo ora il secondo punto, quello degli aspetti sociali.

Nessuno ha dubbi che tutto quanto ruota attorno a Internet è fondamentale per lo sviluppo economico, per la creazione di opportunità, di efficienza, di flessibilità, e che i governi hanno il dovere di garantire un ambiente favorevole al suo sviluppo. È chiaro a tutti che proprio la mancanza di regole, l’assenza di confini, la libertà di accesso alla rete sono stati grandi motori di tutto il sistema. Perciò gli operatori temono che interventi di governo possano alterare la situazione magica in cui Internet si è sviluppato.

Eppure da più parti vengono richieste sempre più insistenti di regole.

Il dilemma è: il consumatore finale viene protetto dalla natura stessa libera ed aperta dello sviluppo su Internet, o invece rischia di esserne vittima e deve quindi chiedere regole che lo proteggano dai suoi eccessi? È una domanda che divide, anche se tutti concordano che costruire un atteggiamento di fiducia da parte dei consumatori è cruciale per lo sviluppo di attività sulla rete.

Si parla allora di controllo dei contenuti a tutela dei minori, di garanzie di riservatezza, di sicurezza delle transazioni, di certezza di giurisdizione e di tassazione, di protezione della proprietà intellettuale.

Il mondo delle aziende propone di sviluppare codici di condotta su tutti gli argomenti critici per i consumatori e chiede ai governi di favorire la nascita di agenzie per l’autoregolamentazione.

Esistono però punti controversi, per almeno tre dei quali scelte politiche sono ineludibili.

Uno è il conflitto tra l’interesse di chi offre i servizi e di chi ne usufruisce, in materia di giurisdizione. Il principio del «paese di origine», sostenuto dall’industria, che non vuole regole diverse da paese a paese in un mercato globale, è bocciato dai consumatori che chiedono di essere protetti dalle leggi e dai tribunali dei propri paesi e sostengono il principio del «paese di destinazione».

Un altro è il dubbio se società multinazionali siano realmente in grado di assumere responsabilità globali in assenza di un’autorità di giudizio sopra le parti poiché è difficile pensare che la sola autoregolamentazione possa adattarsi a tutte le realtà.

Infine il terzo punto, legato all’accesso; il cosiddetto Digital divide, ovvero il rischio che la rete, specialmente coi servizi più avanzati, arrivi e offra nuove opportunità proprio a chi è già più sviluppato lasciando indietro chi lo è meno. Il fossato tra ricchi e poveri aumenta all’interno dei paesi e tra i paesi. Il problema sollevato da Gore e Clinton è all’attenzione della Banca mondiale, ed è oggetto anche di una nuova iniziativa della Commissione europea per la crescita armonica della «Nuova economia della rete».

L’Europa rientra quindi in gioco su tutti i fronti. Sa che la rincorsa sulle tecnologie, lo sforzo di unificazione degli standard e di armonizzazione delle regole essenziali, la promozione di accesso sempre più ampio, sono per l’Unione una grande opportunità di crescita e di ulteriore integrazione.

E non vuole assolutamente perderla.

 (da «Dossier Europa», pubblicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea)