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Editoriale
Paolo Savona
La Sardegna non è un'isola
Giacomo Mameli
Un’industria diversa per lo sviluppo
Alessandro Ovi
Nel mondo di Internet

Vent'anni di informazione sulle vicende dell'economia della Sardegna (dal 1980 al 1999) - Parte prima: indice per argomento

Vent'anni di informazione sulle vicende dell'economia della Sardegna (dal 1980 al 1999) - Parte seconda: indice per autore

 

Editoriale

 

Investire, ma in risorse umane. È il titolo di una nota economica che Romano Prodi scrisse per Sardegna industriale in un numero monografico dedicato alla Conferenza regionale delle Partecipazione statali svoltasi a Cala Gonone nel novembre del 1981. Sino a quella data, l’industria di Stato, impegnata nell’isola soprattutto nei poli chimico, dell’alluminio e minero-metallurgico, aveva dato l’illusione di poter risolvere da sola i problemi dell’economia regionale, con investimenti che per il solo 1981 sfioravano i 110 miliardi di allora, per un’occupazione diretta di 15 mila lavoratori, occupati nei vari stabilimenti di Ottana, nel Sulcis e nell’area industriale di Cagliari.

Dopo aver letto gli atti di quella conferenza, che aveva messo in evidenza come l’industria di Stato non fosse comunque riuscita a far decollare l’economia dell’isola e ad eliminare del tutto la piaga della disoccupazione, Romano Prodi scriveva: «Il vero problema è quello di iniziare anche in Sardegna quel minimo di ricerca e innovazione, che sarà sempre più importante per avere un’industria e non dei semplici impianti chimici. I risultati economici migliori derivano oggi dall’investimento in risorse umane, e cioè soprattutto in scuole tecniche applicate di stile moderno e a tempo pieno. Il novanta per cento del segreto dello sviluppo è, a mio parere, questo. Soldi, infrastrutture materiali e tutto il resto sono certo importanti, ma non più del dieci per cento. E credo proprio che il ruolo più importante della Regione sia quello di aiutare a formare nuovi uomini».

A distanza di vent’anni possiamo dire che quelle indicazioni dell’economista bolognese hanno avuto un riscontro nella realtà sarda. Si è infatti affermata nell’isola una nuova imprenditorialità, formatasi, in verità, più che a scuola, attraverso l’amara esperienza del fallimento dell’industria assistita; si è fatta strada fra i giovani una nuova cultura socio-industriale, che non aspetta più nulla da Stato e Regione ma ragiona in termini di fatturato e di mercato, di esportazione e di qualità, di precisione nelle lavorazioni e di puntualità nelle consegne. È una metamorfosi – osserva Giacomo Mameli in questo numero della rivista – che si coglie nelle grandi e nelle piccole fabbriche, nei manager in doppiopetto e in più modesti capi officina in jeans e maglietta.

Ma, per tornare al monito di Prodi sull’importanza di ricerca e innovazione, bisogna dare atto alla stessa Regione (una volta tanto non sul banco degli imputati) di aver puntato sin dagli anni Ottanta sulle tecnologie della conoscenza e dell’informatica. Sono così sorti nell’isola alcuni centri di ricerca che hanno contribuito e stanno contribuendo a dare un nuovo volto all’industria regionale (pensiamo al ruolo del Crs4 per il decollo di iniziative nel campo delle telecomunicazioni come Video on line e, più di recente, Tiscali). È un tipo di industria che necessita di poco capitale e che non ha bisogno di navi e container per affermarsi nel mondo; un’industria nuova e diversa che giustifica in pieno l’affermazione di Paolo Savona nella nota d’apertura di questa rivista: «La Sardegna non è un’isola».