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"AUTOTRAPORTO MERCI E PROVINCE" - Atti del convegno organizzato dall'Assessorato ai Trasporti della Provincia di Cagliari - Cagliari, 23 maggio 2009

"LA COOPERAZIONE NELL'ISOLA: LA STORIA, IL RUOLO, LE PROSPETTIVE DEL MOVIMENTO COOPERATVO IN SARDEGNA": è il tema del prossimo numero monografico di "Sardegna industriale"

 

"AUTOTRAPORTO MERCI E PROVINCE" - Atti del convegno organizzato dall'Assessorato ai Trasporti della Provincia di Cagliari - Cagliari, 23 maggio 2009

 

AUTOTRASPORTO MERCI E PROVINCE

Atti del convegno organizzato dall'Assessorato ai Trasporti della Provincia di Cagliari

Cagliari, 23 maggio 2009 

 

APERTURA DEI LAVORI


Vittorina Baire
, assessore ai Trasporti ed alle Politiche della mobilità della Provincia di Cagliari 

Vi ringrazio per essere presenti a questo primo incontro con il mondo dell’autotrasporto, a due mesi dall’inizio del mio mandato.

Spero di poter collaborare con voi. Un saluto alla professoressa Liliana Lorettu, assessore ai Trasporti della Regione Sardegna, al professor Massimo Deiana ed a tutti i partecipanti alla tavola rotonda.
Un particolare saluto agli autotrasportatori perché il convegno è dedicato soprattutto a loro.

Ringrazio il presidente Milia che ha voluto affidarmi l’incarico dei Trasporti. Inizialmente ero molto perplessa, ma oggi lo ringrazio perché mi ha permesso di ripercorrere un periodo della mia storia personale pensando a mio padre che nel dopoguerra si è inventato il lavoro facendo l’autotrasportatore.

Naturalmente, subito dopo la guerra, non c’era il camion per cui mio padre comprò il cavallo ed il carro, con i quali dalla città di Cagliari portava derrate alimentari alle botteguccie del mio paese.
Non si fermò però al carro ed al cavallo. In seguito, comprò un camion.

Mi piace anche raccontarvi un episodio che ci dice tutto della sua lungimiranza. In quel momento di crisi aveva pensato di diversificare la sua piccola attività. Intorno agli inizi degli anni Cinquanta, nella miniera di San Leone, a pochi chilometri da Capoterra, lavoravano molti operai che dal paese raggiungevano il posto di lavoro a piedi o tutt’al più in bicicletta. Mio padre si recò allora alla miniera e, una volta arrivato, si sedette su una pietra e, con un pezzo di cartone e un lapis, chiedeva ai lavoratori se fossero disposti a pagare un biglietto per andare in corriera, nel caso avesse comprato il mezzo. Su quel pezzo di cartone annotò le risposte dei minatori facendo quella che oggi potrebbe definirsi un’indagine di mercato. La maggior parte dei minatori si dichiararono favorevoli ed allora acquistò l’automezzo ed iniziò l’attività di trasporto passeggeri e la sua attività di imprenditore.

Dal cartone e dal lapis oggi siamo arrivati alla pubblicazione da parte dell’Unione europea del Libro Bianco “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”, rapporto che ha proposto una nuova visione della politica dei trasporti a livello comunitario, con l’obiettivo di promuovere un sistema di trasporti più rispettoso dell’ambiente e più rispondente alle necessità dell’economia.

Nell’Unione europea il settore Trasporti rappresenta più del 10% del Prodotto interno lordo, percentuale che corrisponde a circa 1.000 miliardi di euro.

La domanda di trasporto passeggeri e merci è in costante crescita e la risposta a tale domanda non può essere limitata alla costruzione di nuove infrastrutture in quanto il punto critico della situazione del sistema dei trasporti è da addebitare alla sostenibilità economica, sociale e ambientale degli interventi.

Tant’è che la Commissione europea pone come punto di partenza per la risoluzione di questi problemi il raggiungimento entro il 2010 di due obiettivi prioritari quali la regolamentazione della concorrenza tra modi di trasporto e la interconnessione tra vari modi o intermodalità.

Il “Libro Bianco” evidenzia come le imprese di autotrasporto merci pratichino tra di loro una concorrenza accanita al punto che alcuni autotrasportatori per rimanere sul mercato devono eludere le regole sugli orari di lavoro, sulle autorizzazioni alla circolazione, e sui principi di sicurezza stradale.

Ovviamente questa guerra dei prezzi si è inasprita ulteriormente con l’allargamento ad est dell’Unione europea, in paesi dove gli oneri d’esercizio sono meno elevati.

Il traffico delle merci riveste un’importanza strategica nell’economia delle società avanzate che si riflette in modo determinante su alcuni elementi basilari dell’intera struttura produttiva di una regione e dal quale risultano, influenzati in misura più o meno rilevante, la localizzazione delle unità produttive, la scelta dei processi di produzione, la distribuzione delle materie prime – semilavorate o finite – la formazione dei costi di produzione.

In Sardegna, come in Italia e in tutti i paesi economicamente avanzati, negli ultimi 15 anni la domanda di trasporto è cresciuta ad un tasso superiore all’incremento del prodotto interno lordo.

In particolare, negli ultimi anni è aumentato moltissimo il trasporto delle merci su strada, grazie soprattutto alla maggiore flessibilità rispetto alle altre modalità di trasporto ed alla sua capacità di integrare tutte le operazioni di trasporto (marittime, ferroviarie ed aeree) che hanno bisogno del segmento stradale per essere completate.

Attualmente, il trasporto su gomma rappresenta in Italia circa il 70% (in Sardegna il 97%) del trasporto merci movimentato: caratteristica questa che non trova riscontro in altri paesi europei ove il trasporto ferroviario ha una quota superiore in percentuale.

L’autotrasporto merci italiano si posiziona al terzo posto in Europa per numero di occupati (331.597 nel 2004), dopo Spagna (384.949) e Francia (348.082), e al secondo posto per numero di imprese (102.542 nel 2004), dopo Spagna (131.818) e davanti a Polonia (77.381) e Francia (43.865), con un numero medio di addetti per impresa di 3,2 contro i 2,9 della Spagna e i 7,9 della Francia. Trasporto merci reso possibile da imprese di autotrasporto in conto proprio e conto terzi che cercano di rispondere alle esigenze poste dal mercato incentrando la loro operatività sull’efficienza e sulla qualità dei servizi offerti all’interno delle regole che disciplinano il settore.

La complessità del processo di cambiamento in atto e la promozione delle logiche di concorrenza, se da un lato innesca un circolo vizioso di riduzione dei costi e di miglioramento della qualità, dall’altro può rivelarsi fallimentare se le imprese che contribuiscono alla movimentazione e distribuzione delle merci non mettono in essere azioni di adeguamento alle nuove esigenze del mercato.

Due le dimensioni del processo di cambiamento: uno rappresentato dai cambiamenti delle logiche di adeguamento delle normative nazionali a quelle comunitarie; l’altro costituito da un sempre maggiore riferimento al mercato quale base integrativa del processo di allentamento dei vincoli protettivi nazionali. Due aspetti che sono facce di una stessa medaglia e che richiedono che il sistema si adatti a regole di funzionamento diverse dal passato.

È questo il contesto in cui le imprese sarde devono confrontarsi, perché per esse, più che a quelle posizionate nelle aree forti del paese, occorre un grande salto di qualità; salto che può venire solo da una diversa impostazione del ciclo completo dell’attività imprenditoriale, compresa quella dello spostamento della merce.

Oggi, la competitività delle imprese e del tessuto economico-produttivo di un territorio si giocano attualmente non più solamente su quelle che sono state le strategie degli ultimi decenni, strategia produttiva prima e di marketing poi, ma in maniera sempre più accentuata sulla capacità di “creare valore” mediante servizi che implichino qualità e prezzo.

La capacità, in particolare, di fornire un livello di servizio adeguato alle esigenze dei mercati minimizzando il consumo di risorse economiche, territoriali, ambientali dipende sempre più dall’organizzazione di un’efficiente ed efficace sistema logistico e di trasporto.

L’organizzazione di un sistema logistico richiede una visione “integrata” dei flussi fisici ed informativi; questo aspetto molto spesso contrasta con una visione “settoriale”, dove le diverse componenti di flusso sono gestite ed ottimizzate in modo separato.

Sono ancora infatti poche le reali esperienze di un approccio logistico sistemico nella cultura di pianificazione del ciclo del trasporto. Qualcosa in Italia si muove, anche se ancora rimane molto da fare.
Confetra, la Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica, nel “Rapporto annuale sui servizi logistici in Italia” indica una crescita tra il 15 ed il 20% nell’ultimo anno, e questo anche come conseguenza dello sviluppo dell’e-commerce.

Il fenomeno del just in time e l’affermazione dell’e-commerce contribuiscono alla definizione di un quadro che evolve verso una tipologia di consegne piccole, frequenti, urgenti con distanze maggiori o con maggiori imballi: il lotto di spedizione medio diminuisce sempre più e diventano concorrenziali la velocità e la puntualità delle consegne.

Oltre che dalla carenza infrastrutturale (relativa soprattutto alle strade, in quasi tutto il territorio regionale), le imprese sarde sono penalizzate da una non razionale strutturazione del settore della Logistica.
La Logistica diventa per le nostre imprese una grande opportunità per operare al meglio in un periodo come quello che stiamo attraversando che si caratterizza per una crescita economica modesta e risorse pubbliche limitate.

Un obiettivo che dobbiamo porci è quello di superare il modesto 6% di applicazione della logistica rilevato dall’indagine “La fattura Italia dei servizi logistici e del trasporto merci”, effettuata da Confetra nel 2008. In Italia si registra un 23% mentre la media europea si attesta sul 35%.

Il dato del 6% riferito alla Sardegna è conseguenza logica della dimensione ridotta delle imprese di autotrasporto merci. Per cui sono necessari interventi a sostegno dello sviluppo logistico che deve essere capace di indirizzare i processi di riorientamento e riorganizzazione dell’offerta all’interno della quale le imprese sarde dell’autotrasporto devono poter trovare la loro ideale collocazione.

Sono altresì necessari interventi per incentivare il raggruppamento tra imprese, per puntare su basi economiche più solide ed investimenti in tecnologia che potrebbero migliorare la qualità del servizio.

Le imprese sarde di autotrasporto per circa il 70% sono aziende artigiane: un segno questo che può essere considerato di vitalità ed invece non lo è e lo sarà sempre meno. Fino ad oggi in Sardegna, grazie soprattutto all’iniziativa di centinaia di operatori dell’autotrasporto, si è realizzato un sistema di trasporto merci dinamico ed efficiente.

Le imprese di autotrasporto della nostra regione, così come quelle italiane, soffrono una tensione finanziaria derivante dall’assenza di liquidità a breve periodo per cui la loro capacità contrattuale è in costante diminuzione.

«Sono necessarie agevolazioni – così come auspicato nel Patto per la Logistica del maggio 2005 – che facilitino l’accesso al credito per i soggetti che si aggregano e trasformano le imprese in imprese di trasporto e logistica».

Credo sia giunto il momento di chiarire da parte delle Autorità preposte, se esiste o no una volontà di considerare strategico, nell’ambito dell’economia nazionale e regionale, l’autotrasporto e le sue potenzialità. Le dichiarazioni di volontà non sono più sufficienti, e non solo per l’autotrasporto ma per tutto il sistema della logistica.

Il futuro va verso l’integrazione di più sottosistemi e settori modali, individuando come obiettivo quella piattaforma del Mediterraneo che oggi in realtà non può decollare perché poggia esclusivamente su iniziative localistiche concepite al di fuori di una strategia di sistema.

La politica degli indirizzi e della strategie dovrebbe inoltre puntare, nel settore dei trasporti, a sostituire la logica della economicità dei servizi con quella della sostenibilità degli stessi, mediante regolamentazioni semplificate ma garantite da rigorosi controlli.

Con il decreto legislativo 286 del 2005, modificato dal d. lgs. 214/2008, l’autotrasporto italiano ha voltato pagina. Sono cambiate le regole per gli operatori del settore ma resta ancora molto da fare su una strategia dei controlli tali da garantire un mercato trasparente e all’insegna della sicurezza stradale.

Nell’ultimo decennio si è assistito ad una profonda evoluzione della normativa regolante il mercato dell’Autotrasporto merci per conto terzi che può ben definirsi epocale soprattutto con la cessazione del regime autorizzatorio.

Alcune delle novità che hanno ridisegnato le fondamenta di questa materia sono l’iscrizione all’Albo degli autotrasportatori anche delle piccole imprese esercenti l’attività con veicoli di massa complessiva inferiore alle sei tonnellate ed il passaggio alle Province della tenuta degli Albi provinciali.

Al cambiamento purtroppo non ha sempre fatto seguito la necessaria chiarezza. Un settore storicamente caratterizzato da una normativa complessa e da un gran numero di discipline di confine da comprendere e raccordare è divenuto, quindi, se possibile, ancora più contorto.

Al susseguirsi di norme nazionali come conseguenza del recepimento di direttive comunitarie e di disposizioni di attuazione si è aggiunto il ritardo nel compimento della vera rivoluzione dell’accesso alla professione sancita dal decreto legislativo n. 395 del 22.12.2000.

Questo provvedimento, che recepisce quasi integralmente la Direttiva del Consiglio dell’Unione europea (la n. 96/26/CE del 29 aprile 1996, modificata dalla Direttiva n. 98/76/CE dell’1 ottobre 1998) disciplina l’accesso all’attività di autotrasportatore su strada di cose per conto terzi e inserisce un nuovo concetto quello di “Professione di trasportatore” al posto di “Attività di trasportatore”, evidenziando in tal modo il concetto di qualificazione insito nell’attività economica di cose su strada.

Concetto fatto proprio dalla Consulta nazionale per l’autotrasporto e la cui finalità precipua è di spingere non solo l’autotrasporto, ma l’insieme dei soggetti attraverso i quali si esprime l’offerta vettoriale modale ad integrarsi in una chiave economica capace anche di coniugare trasporti e logistica per realizzare performances caratterizzate da una più elevata soglia di efficienza.

Nonostante tutti i problemi legati alle carenze infrastrutturali e alla forte concorrenza in termini di costi e tariffe, l’autotrasporto ha saputo adattarsi alle crescenti e mutevoli esigenze della domanda.

È però necessario che la pressione cui l’autotrasporto è sottoposto, per effetto di regolamentazioni comunitarie sempre più stringenti, sia canalizzata in un salto di qualità organizzativa che può derivare solo da una maggiore integrazione/specializzazione funzionale con le altre modalità di trasporto e da un arricchimento dell’offerta nella direzione della logistica.

Il Patto e il Piano della Logistica fissavano fondamentalmente due principi:
– che il governo dei trasporti e della logistica finalmente trovava all’interno della “Consulta generale dell’Autotrasporto e della Logistica” la sede opportuna ed univoca per definire le priorità degli interventi rispetto alle esigenze reali;
– che al “Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori”, con la riforma di cui alla legge delega 32/05 e al decreto legislativo di attuazione 284/05 venivano assegnati compiti e aree di intervento finalizzate a ritrovare misure di reale sostegno al settore quali: sicurezza e controlli, formazione ed informazione, certificazione di qualità, studi e ricerche di settore, investimenti in infrastrutture intelligenti ed in veicoli puliti.

Temi ripresi dal Commissario europeo ai trasporti a Bruxelles, Antonio Tajani, il 20 aprile 2009, in occasione dell’incontro organizzato dalla Commissione europea, alla presenza di circa 100 rappresentanti delle associazioni europee dell’autotrasporto, del Parlamento europeo e della Banca europea per gli investimenti, per discutere delle misure necessarie per far sì che le società di autotrasporto sopravvivano all’attuale crisi economica.

«Il settore del trasporto su strada – ha dichiarato il Commissario dei Trasporti – è il pilastro più importante dello scambio delle merci nel mercato interno. L’incontro con le parti interessate consente a tutti i soggetti di comprendere meglio quanto sia grave l’impatto della recessione economica sull’autotrasporto. Nel contempo è ovvio che non devono essere assunte misure a breve termine a discapito dell’integrazione del mercato e dell’obiettivo di istituire un sistema di trasporto sostenibile. La crisi deve essere utilizzata quale opportunità per modernizzare il settore del trasporto».

Nello stesso incontro il vicepresidente dell’Iru (International road transport Union), Pere Padrosa, ha presentato le misure contenute nel piano di salvataggio del settore dell’autotrasporto approvato all’unanimità il 3 aprile scorso dall’Assemblea generale dell’Iru.

«Un primo passo – ha osservato Padrosa – deve prevedere innanzitutto che i governi compiano sforzi significativi per ridurre i costi a carico del trasporto su strada, ad esempio evitando di istituire ulteriori imposte o tasse».

«Un secondo passo – ha aggiunto Padrosa – deve essere quello di ripristinare la disponibilità di linee di credito per il settore dell’autotrasporto. Le banche devono essere incoraggiate ad erogare nuovamente prestiti e devono essere prese in considerazione moratorie sui debiti per evitare il collasso di aziende altrimenti sane a causa di carenza di capitale nel breve termine. Una misura, secondo l’Iru, deve prevedere un chiaro rifiuto da parte dell’Unione europea e degli Stati membri del neoprotezionismo. La libera circolazione delle merci e dei servizi, sul quale si fonda il mercato unico deve essere incoraggiata a tutti i costi».

«In conclusione – ha proseguito il vicepresidente dell’Iru – dobbiamo compiere ogni sforzo per mantenere i lavoratori all’interno del settore. Non possiamo permetterci di perdere manodopera qualificata, che sarà necessaria quando aumenterà nuovamente la domanda di trasporto. Né può la nostra forza lavoro permettersi di perdere il proprio posto di lavoro».

Padrosa ha infine ricordato che ci sono diversi modi per difendere questi posti di lavoro, ma che sostanzialmente sono basati sul sistema della cassa integrazione, con il pagamento da parte dello Stato degli stipendi dei lavoratori posti temporaneamente a riposo. «Una misura – ha sottolineato Padrosa – che consente di salvaguardare competenze di cui si avrà un disperato bisogno una volta che l’economia comincerà a ripartire».

Nel presentare i lavori odierni ho espresso l’auspicio che questo incontro fosse l’occasione propizia per stabilire con gli operatori percorsi di collaborazione per favorire lo sviluppo dell’autotrasporto anche in chiave logistica.

Questo non è solo il mio intendimento, ma la volontà della Provincia e del suo Presidente. A tal fine è stato predisposto un programma di seminari sull’autotrasporto ai quali mi auguro che tutti voi possiate partecipare numerosi.

Da parte nostra c’è la volontà di ascoltarvi e di tradurre in realtà le vostre aspettative.

 

RELAZIONI E INTERVENTI


Liliana Lorettu
, assessore ai Trasporti della Regione Sardegna 

Il mio sarà un intervento breve. Già l’assessore Baire ci ha illustrato come l’autotrasporto è nato con lo sviluppo commerciale, quindi è il prodotto di una economia che cresce.

L’autotrasporto ha sicuramente dei vantaggi notevoli rispetto ad altre modalità di trasporto: il vantaggio della flessibilità, ma anche della convenienza economica. Se noi immaginiamo due grandi modalità di trasporto, anche senza mettere in competizione i trasporti su treno e autotrasporto, ci rendiamo immediatamente conto che l’autotrasporto permette una capillarità che il treno non può consentire. Questo aspetto, in particolar modo in Sardegna, ha contribuito allo sviluppo regionale.

I dati che ci ha fornito l’assessore Baire sono molto interessanti ed eloquenti: circa il 100% del trasporto delle merci in Sardegna avviene con l’autotrasporto. Tuttavia questo sistema ha delle criticità che mi vedono coinvolta in prima persona per quanto riguarda le infrastrutture, sebbene non tutte le infrastrutture rientrino nelle competenze del mio assessorato.

Comunque all’attenzione dell’Assessorato vi è in questo momento un’altra criticità: quella che riguarda la concorrenza europea. La concorrenza europea ha due risvolti; un risvolto sul lato economico perché è una concorrenza economica avendo prezzi più bassi, ma anche un risvolto in ambito di sicurezza perché le compagnie di autotrasporto europee ed in particolar modo quelle dell’est europeo hanno livelli di sicurezza molto più bassi di quelli dei nostri autotrasportatori.

Ne consegue che si ha una concorrenza non posso dire sleale, ma sicuramente una concorrenza che penalizza sia economicamente che con riguardo alla sicurezza. Sicurezza che è ad ampio raggio; è sicurezza per il traffico stradale in generale, ma è anche sicurezza dei lavoratori, in quanto quelli dell’Est sono tutelati in maniera diversa.

Ma la criticità più importante è quella riguardante la professionalità. In passato quello dell’autotrasportatore era un mestiere, non una professione; professione significa cose diverse, significa competenza, significa formazione, come ci ha detto l’assessore Baire.

Ed allora quali sono le prospettive? E quando parliamo di prospettive dobbiamo mettere nel conto anche gli sforzi e gli impegni, ma anche le responsabilità per la parte che a ciascuno di noi compete. Un aumento del trasporto merci ed in particolare dell’autotrasporto ha creato problemi alle infrastrutture dell’isola non preparate ad un traffico così importante.

Traffico che mette in luce le gravi carenze delle infrastrutture stradali per cui è necessario l’impegno di tutti per risolvere questa criticità. La Regione in primo luogo, il mio assessorato sicuramente. Posso garantirvi che da parte di questa Giunta regionale c’è l’impegno di potenziare e mettere in sicurezza la viabilità.

Altra esigenza è quella di creare un collegamento fra viabilità ed altre infrastrutture di trasporto, come le infrastrutture portuali, aeroportuali e ferroviarie.

Il problema del collegamento tra viabilità e infrastruttura portuale è una criticità che tocca molto da vicino l’autotrasportatore. L’accessibilità al porto è fondamentale perché le relazioni siano più spedite e perché non penalizzino il trasporto delle merci nel territorio isolano.

La classe politica ha il compito di garantire un percorso fatto di raccordi e di intermodalità che consenta mobilità a merci e passeggeri.

Trasporto su gomma e trasporto ferroviario hanno un unico obiettivo: quello di trasportare la merce. È perciò necessario una stretta collaborazione fra le due modalità, integrando le loro peculiarità. Non ha senso contrapporre l’una modalità all’altra in termini di investimenti, in termini di responsabilità. Sono indispensabili entrambi e per la nostra regione lo sono in misura maggiore rispetto ad altre regioni.

Un ultimo punto, ma certamente non in termini di importanza, riguarda il concetto di professionalità che l’istituzione dell’Albo affronta in maniera molto chiara.

Parliamo di professionalità, quindi parliamo di seminari anche di formazione. Quando si parla di professionalità non si può prescindere dalla formazione ed io auspico che ci sia sempre un livello costante di formazione perché non si finisce mai di formarsi perché le cose sono sempre in continua evoluzione.

Quindi ben venga l’aggiornamento sulle nuove normative e sulle regole di mercato.

Altrettanto importante per l’autotrasporto è il controllo: controllo dei tempi di percorrenza, controllo dello stato dei mezzi per far si che l’autotrasportatore possa esercitare la sua attività secondo le regole comunitarie e nazionali in materia di trasporto merci su strada.

In conclusione, auguro buon lavoro alla Provincia per la responsabilità dell’Albo provinciale, in particolare all’assessore Baire perché conservi quell’entusiasmo che ha oggi, che le consentirà certamente di ben vigilare sulle problematiche derivanti dal nuovo impegno del suo assessorato.

Voglio confermare, in questa occasione, in relazione al tema di questo convegno, la completa disponibilità del mio assessorato a collaborare con la Provincia.


Massimo Deiana
, ordinario di Diritto della Navigazione e dei Trasporti, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari - Le nuove competenze delle Province per l’autotrasporto merci

Chiamato a parlare su “Le nuove competenze delle Province per l’autotrasporto merci”, essendo un giurista, dovrei intrattenervi sulla storia, la genesi, e la ratio del trasferimento delle competenze “trasportistiche” in capo all’ente Provincia.

A parte la indubbia rilevanza culturale di conoscere il background del fenomeno, sussiste il rischio che l’utilità pratica dell’indagine si riveli in qualche misura modesta rispetto all’interesse che suscita la riflessione sugli effetti e la criticità di tale trasferimento.

Il tema si deve inserire in un lungo e travagliato processo di trasferimento di competenze che partono da ambiti più ampi, molto più lontani dai cittadini, a cascata verso entità più vicine alle esigenze dei singoli.
Questo principio ha sovrinteso a tutti i trasferimenti di compiti dallo Stato alle Regioni e successivamente agli Enti locali; esso proviene dal Trattato istitutivo dell’Unione europea del 1992, che ha sancito il concetto di sussidiarietà sul quale si fonda gran parte del nostro tema e cioè il principio in base al quale la gestione amministrativa deve essere affidata alla struttura che si trova più vicina alla cittadinanza, lasciando alle strutture sovraordinate quelle funzioni che per loro natura necessitano di una gestione unitaria a più alto livello.

Sappiamo che tutto il processo parte da lontano, ma nel nostro ordinamento la pietra miliare è costituita dalla cosiddetta legge Bassanini del 1997, tappa fondamentale che trova poi esplicitazione in una serie di decreti delegati, tra cui quello che a noi interessa, il decreto 112 del 1998.

Parliamo chiaramente di trasporti in generale, quindi ci sono competenze che vengono trattenute dallo Stato, competenze che vanno modificate, competenze che passano alle Regioni, competenze che passano alle Province. Le competenze che passano alle Province sostanziano un insieme abbastanza importante.

Il decreto 112 non omette di sottolineare il principio che è stato stabilito con la Bassanini, cioè il principio dell’effettività del trasferimento, collegato funzionalmente al trasferimento delle risorse, precipuamente finanziarie ma non solo. Per risorse si debbono infatti intendere anche le competenze, quindi le risorse umane e di know-how, in termini di conoscenza di processi, conoscenza di settori, conoscenza di fenomeni.

Questa affermazione, apparentemente banale, spiega perché ci sia stato un enorme ritardo nella assunzione da parte delle Province – ed in particolar modo della Provincia di Cagliari, di cui stiamo parlando in questo momento – di questo tipo di compiti e funzioni.

Vedete, un problema era stato posto da un punto di vista istituzionale per quanto riguardava le Regioni a statuto speciale, per il semplice motivo che il quadro di competenze di queste Istituzioni non può essere modificato con un provvedimento normativo ordinario, in quanto le Regioni a statuto speciale hanno, come noto, una carta fondamentale di rango superiore.

Questo lo ha stabilito più di una volta la Corte Costituzionale e lo ha detto più esplicitamente, alla fine degli anni ’90, a seguito di un ricorso fatto proprio dalla Regione Sardegna che eccepiva il trasferimento di funzioni e quindi un aggravio di oneri in materia di competenze sulle scuole nautiche.

Molto correttamente la Corte stabilì l’inammissibilità del ricorso in quanto il trasferimento di funzioni non era a favore della Regione, che poi doveva trasferire alle Province, ma era un trasferimento diretto dallo Stato e che andava direttamente alle Province senza passare per la Regione.

Insieme a queste vi erano tante altre competenze che non sono transitate per la Regione, ma direttamente dallo Stato agli enti locali sub regionali. Per un certo periodo di tempo, anche piuttosto lungo, l’effettività del trasferimento è risultata bloccata perché mancava il presupposto formale necessario.

Quando poi abbiamo avuto la legge regionale n. 9 del 2006, che ha recepito il trasferimento di competenze, non avevamo più alibi tecnico-istituzionali per procrastinare l’assunzione dei compiti trasferiti, ma avevamo ancora il limite sostanziale del mancato trasferimento delle risorse necessarie.

Molte Province, la maggior parte delle Province italiane, avevano già dato esecuzione al trasferimento e si erano appropriate e gestivano le competenze: molte Province delle Regioni a statuto ordinario, e non solo. La Provincia di Cagliari ha pionieristicamente aperto il discorso relativo alle scuole guida e alle scuole nautiche agli inizi degli anno 2000; dopo di che rimaneva aperto il problema dell’esercizio delle altre competenze trasferite.

Molto brevemente segnalo le competenze trasferite direttamente dallo Stato alle Province:
– autorizzazione e vigilanza tecnica sull’attività svolta dalle autoscuole e scuole nautiche;
– riconoscimento consorzi per scuole di conducenti di veicoli a motore (consorzi di scuole guida);
– esami per il riconoscimento degli insegnanti di autoscuole;
– rilascio di autorizzazione alle imprese di autoriparazione per l’esecuzione di revisioni e controllo amministrativo delle imprese autorizzate;
– controllo sull’osservanza delle tariffe a forcella (abolita);
– rilascio di licenze per l’esercizio di autotrasporto in conto proprio;
– esame per il conseguimento della capacità professionale per l’esercizio del trasporto di cose in conto terzi e passeggeri;
– idoneità per l’attività di consulenza per la circolazione di mezzi di trasporto;
– tenuta degli albi provinciali quali articolazioni dell’Albo nazionale degli autotrasportatori per conto di terzi.

A proposito della professione di autotrasportatore e della regolamentazione della stessa, devo dire che in questo settore abbiamo avuto una sorta di via crucis che ci ha portato dal dilettantismo al professionismo e, come avviene in questi casi, ci sono state delle stazioni fondamentali.

L’assessore Baire ci ha parlato dell’attività pionieristica degli autotrasportatori ante litteram: i tempi sono cambiati, abbiamo avuto un lento e progressivo perfezionamento ma anche una notevole complicazione dei processi.

Nel 1974 venne varata la legge di accesso alla professione e venne istituito l’Albo nazionale degli autotrasportatori in conto terzi e fin dai primi anni ’80 la Fita Cna organizzò corsi per la preparazione all’esame per l’abilitazione alla professione.

Questo è stato l’inizio della “via dolorosa” che ha portato il camionista a diventare un autotrasportatore e un imprenditore dell’autotrasporto.

Ci sono stati ulteriori aggravi, come il regime della “tariffa a forcella” che sicuramente è nato con le migliori intenzioni, ma poi ha dato pessima prova di se.La responsabilità è anche in buona parte degli autotrasportatori che ne hanno fatto un uso per così dire “disinvolto”. Ho avuto modo di constatare personalmente molti casi di autotrasportatori che formalmente rispettavano la tariffazione a forcella, ma poi si esibivano in ingegnosi trucchetti con successive note di accredito per andare di fatto sotto forcella tariffaria, sottraendo così le commesse alla concorrenza.

Per fortuna il regime della tariffa a forcella è stato superato, perché, in caso contrario, sarebbe passata alla Provincia l’attività di controllo e sarebbero stati problemi.
Ma vediamo in dettaglio cosa fanno le Province e cosa fa la Provincia di Cagliari.

Per quanto riguarda alcune delle competenze (scuole guida e scuole nautiche) le ha già acquisite da tempo e le esercita oramai con padronanza e competenza.

Per quanto riguarda le altre, sopra elencate, è finito il tempo delle proroghe: la legge regionale n. 9 è del 2006, poi vi è stato l’Accordo quadro a livello nazionale per gestire gradualmente questo tipo di passaggi che ha portato a degli accordi successivi valevoli fino a dicembre 2008, quando sono stati definiti in concreto i reali trasferimenti delle risorse dallo Stato alle Province.

A questo punto è venuta formalmente a cadere l’ultima foglia di fico, l’ultimo alibi, ma anche l’ultimo ostacolo, per un effettivo esercizio delle funzioni trasferite da parte della Provincia.

Debbo dire – e mi assumo tutta la responsabilità di questa affermazione – che il trasferimento di risorse è assolutamente inadeguato da un punto di vista quantitativo e da un punto di vista qualitativo, perché non sono stati trasferiti né un numero adeguato di soggetti, né soggetti con know how sufficiente a gestire realmente tutto il settore.

È anche vero che la norma sul trasferimento delle risorse umane non consente delle deportazioni coatte, tanto che mi risulta che neanche tutte le otto unità destinate alle otto Province sarde siano state trasferite.
Allora cosa succede? Succede che le Province devono attrezzarsi perché di fatto devono inventarsi un servizio al pubblico importantissimo, che deve essere il più possibile agile, funzionale e trasparente.

La Provincia di Cagliari ha già predisposto tre ipotesi di regolamento concernenti la gestione dell’albo provinciale degli autotrasportatori per conto terzi, l’autorizzazione al conto proprio e l’attività di consulenza alle imprese di autotrasporto. E sta ovviamente continuando a predisporre gli altri regolamenti necessari.

Nella predisposizione di questi regolamenti la Provincia di Cagliari sta seguendo una linea. Innanzi tutto ha un paradigma assolutamente irrinunciabile che è la legge: sia la legge istitutiva delle attività di autotrasporto, sia il decreto legislativo 385 del 2000 che il 171 del 2005, più tutte le altre modificazioni.

Nei regolamenti che la Provincia di Cagliari sta predisponendo c’è fondamentalmente il tentativo di tenere come stella polare le normative, ma cercare anche di individuare le procedure più favorevoli, meno impattanti, più agili nei confronti dell’utenza.

Sotto questo punto di vista, deve sottolinearsi che l’Ente si assume la responsabilità amministrativa del processo e ne risponde in toto. Un processo abbastanza chiaro: ci sono delle norme e degli automatismi per cui ove si riscontrino delle difformità applicative scattano gli ordinari rimedi (anche giurisdizionali) accordati in situazioni come queste.

A questo punto cosa manca per completare il quadro? Mancano una serie di tasselli.

A me piacerebbe che alcune competenze maturate nei decenni all’interno della Motorizzazione civile venissero messe a disposizione delle Province; in un paese normale sarebbe la cosa più logica. Io vorrei sapere, e lo dico provocatoriamente, come mai nessun funzionario esperto della Motorizzazione civile transita verso la Provincia, che ne avrebbe estrema necessità.

Debbo però spezzare una lancia a favore dell’assessorato ai Trasporti della Provincia di Cagliari che con risorse umane veramente carenti dal punto di vista numerico (ma eccellenti dal punto di vista qualitativo e dell’impegno) riesce a far fronte a questo tipo di richieste. A mio avviso, a breve, l’onere di questo tipo di trasferimenti si farà sentire e non sarà più gestibile con i limiti di risorse evidenziati.

Termino – e mi scuso per essermi dilungato – dicendo che il percorso emerso dalle parole di apertura dall’assessore Baire circa il coinvolgimento degli operatori è forse la strada migliore.

La Provincia sta predisponendo un assetto regolamentare per disciplinare la propria attività, ma è ampiamente disposta ad accogliere le osservazioni, le integrazioni e poi mettere mano alla stesura del regolamento, tenendo conto che, fortunatamente, una bussola per lavorare correttamente esiste e va correttamente utilizzata: la bussola delle norme. 



Graziano Milia,
Presidente della Provincia di Cagliari

Innanzitutto un apprezzamento per questa iniziativa che era stata programmata da tempo e che l’assessore Baire ha voluto riprendere con particolare attenzione e incisività.

Due ordini di osservazioni: la prima di carattere generale. È evidente che stiamo attraversando un periodo difficile e molto complesso, che non può essere letto all’insegna dell’ottimismo o del pessimismo.

Quando viviamo in tempi dove la crescita economica mondiale, per la prima volta dopo il 1945, non c’è più, quando il Pil è al di sotto di 5 o 6 punti rispetto agli anni precedenti, quando la produzione industriale sta crollando vertiginosamente nel mondo e noi in Sardegna abbiamo qualche problema in più, credo che dobbiamo prenderne atto.

E questi tempi non passeranno molto in fretta perché quando Almunia, la Federal Reserve ci dicono che il fondo è stato toccato, che la perdita di posti di lavoro è maggiore di quanto previsto, non è un problema di ottimismo o di pessimismo.

Ed allora, per prima cosa, dobbiamo rifuggire da ogni tentazione protezionistica. Noi questa crisi la possiamo affrontare solo se abbiamo la capacità di aprirci sempre di più, non se ci facciamo prendere dalla tentazione di chiuderci.

Badate, se noi non ci allarghiamo, alcuni fenomeni distorti del passato possono riprodursi.

Negli ultimi venti anni si era convinti che denaro generasse denaro, addirittura si pensava che non dovevamo più produrre e che tutto doveva essere delocalizzato.

Niente di più sbagliato, di più fallimentare, dopo quello che è accaduto nel mondo ed allora va bene intervenire sul sistema bancario, così come è accaduto nello scorso autunno con l’intervento massiccio dei governi.

Le banche devono occuparsi di sostenere la ripresa; innanzitutto di favorire il mantenimento di quello che c’è, perché noi non possiamo pensare di avere un sistema bancario che insegue il cosiddetto credito ricco per le imprese grandi mentre il cosiddetto credito povero, che è quello per le piccole e medie imprese, viene completamente abbandonato.

Siccome anche i colossi della finanza hanno fatto ricorso agli aiuti di Stato per affrontare questa crisi, il loro comportamento deve esser diverso: devono porsi il problema della presenza sul territorio, di sostegno alle piccole e medie imprese. Ecco allora, da questo punto di vista dobbiamo tenere assolutamente conto delle esigenze della categoria dell’autotrasporto.

Diceva prima il professor Deiana, richiamando quanto detto dall’assessore Baire nel suo intervento a proposito di quanto aveva fatto il padre, inventandosi un lavoro nel dopoguerra, che oggi non è più così: gli autotrasportatori sono diventati imprenditori. Se il 97% delle merci in Sardegna viene trasportato su gomma contro il 70% del resto d’Italia vuol dire che sono diventati una forza importante nell’economia della regione.

Quindi gli autotrasportatori devono essere sostenuti, inserendo il settore in una strategia più ampia. Noi non possiamo pensare – so che l’assessore Lorettu è molto sensibile – ad una politica dei trasporti che vada avanti a compartimenti stagni. Dobbiamo sempre più pensare ad un sistema generale, anche in previsione di tutta una serie di scelte che dovremo fare, in particolare sulla portualità, che non sono solamente la portualità d Cagliari, ma di tutta la regione.

Dovremo assumere decisioni vedendo di mettere a sistema tutto. Io credo che le Province, da questo punto di vista – anche se credo che in Sardegna otto province siano troppe – possano svolgere il ruolo di raccordo nel territorio che non è solo il territorio della cinta muraria comunale. Un ruolo che possiamo e dobbiamo svolgere. È questo il ruolo che ci viene riconosciuto.

Quali problemi ci sono? Perché siamo in difficoltà nell’esercitare fino in fondo questo ruolo? Quello che ci viene trasferito in termini di risorse per esercitare questo ruolo copre a malapena una figura professionale inquadrata nel livello C. Questi sono i fondi che ci sono stati dati per svolgere queste funzioni. E qui evidentemente c’è una prima questione che non può che essere posta all’attenzione di Stato e Regione.

Perché vedete, sempre per tornare alla crisi, questa crisi non la si può affrontare in modo centralizzato, ma con lo sviluppo locale e con una mobilitazione collettiva: da questo punto di vista il ruolo delle autonomie locali è determinante. Spesso mi chiedo come possiamo svolgere questo ruolo nel vostro settore, quando quel poco che ci viene trasferito, in quanto incide anche sul Patto di stabilità, crea addirittura ulteriori problemi.

Ieri è stata approvata la nuova pianta organica, è stato fatto uno sforzo importante tenendo conto che ci sono tante competenze cui dobbiamo far fronte. Però dobbiamo anche capire e dobbiamo anche sapere che da soli, dal punto di vista economico, non ce la possiamo fare.

Ed allora si pone il problema di contrattare con Stato e Regione i trasferimenti. Ma credo che dobbiamo sottoporre all’attenzione della Regione, ed in particolare degli assessorati agli Enti locali ed alla Programmazione, due problemi.

Il primo è che quel poco o molto di risorse che ci viene trasferito per le funzioni non venga computato nel patto di stabilità. Il secondo – e temo che qui il guaio sia stato già fatto alcuni anni fa – è che è opportuno che vengano scorporati dal Fondo unico tutte le risorse per le funzioni trasferite. Quello che è successo in Sardegna quando si è innestato il Fondo unico – e qui l’Anci ha le sue responsabilità – è che tutte le risorse delle funzioni trasferite sono finite nel Fondo unico, anziché fare in modo che poiché per esercitare quelle funzioni la Regione spendeva 12 milioni di euro per la provincia di Cagliari, avrebbe dovuto assegnare lo stesso importo di 12 milioni di euro all’Amministrazione provinciale di Cagliari per esercitare quelle stesse funzioni, al di fuori del Fondo unico. Ragionamento, questo, a suo tempo, condiviso dai funzionari degli assessorati degli Enti locali e della Programmazione, ma non avvallato dagli assessori.

Per cambiare le cose occorre cambiare la politica, ed occorre che voi siate informati e, come sottolineava l’assessore Baire, istituire un tavolo permanente di confronto e di reciproca informazione che sarà fondamentale, potendo confidare nel lavoro dell’Assessore.



Andrea Montignani
, direttore dell’Albo degli autotrasportatori della Provincia di Verona - L’albo degli autotrasportatori di cose per conto terzi

Sono arrivato qui al convegno quando il professor Deiana parlava di via crucis, di tutte le traversie che hanno interessato la normativa per il trasporto merci. Mi riferisco, in particolare, a tutte le norme che riguardano l’Albo.

Correttamente, diceva Deiana, partono dal 1974 e hanno subito un susseguirsi incredibile di vicissitudini Nel giugno del 1974 l’Italia ha detto: «Istituiamo l’Albo degli Autotrasportatori: tutti coloro che esercitano il trasporto per conto terzi devono iscrivesi ad un Albo, senza che sia richiesto loro alcun requisito». Quattro mesi dopo, cioè nel mese di novembre, l’Unione europea emana una direttiva che è l’opposto di quella italiana. Infatti dice che per iscriversi all’Albo bisogna avere dei requisiti ben precisi: onorabilità, capacità finanziaria ed idoneità professionale. Per cui le imprese per poter essere iscritte all’Albo si dovevano adeguare alle normative comunitarie; normative la cui scadenza era stata stabilita per agosto 2009. È sopravvenuta poi una proroga fino ad agosto 2010.

I requisiti posti come vincolo dall’Unione europea hanno creato malumore: qualche imprenditore potrebbe obiettare: «Ma come, io esercito da quindici anni e devo fare un esame, devo avere una onorabilità che a quel tempo nessuno mi aveva chiesto?». E tutto ciò perché l’Italia recepisce dopo trenta e passa anni questa direttiva del 1974; ci stiamo cioè adeguando a quanto da oltre trent’anni l’Unione europea aveva stabilito con una precisa direttiva. Agosto 2010 è la scadenza che l’Italia ha previsto come ultimo termine per l’adeguamento, però il 23 aprile 2009 l’Unione europea, dopo un anno di lavori, ha approvato la “Posizione comune del Consiglio in vista del Regolamento che stabilisce le regole sull’accesso alla professione” per porre fine alla babele che si è creato nell’Unione europea.

L’Unione europea per porre fine a questa disomogeineità emana un Regolamento, uno strumento ben più forte della Direttiva, ed in questo modo sta per cambiare di nuovo le regole. Questo provvedimento entrerà in vigore due anni dopo la sua approvazione da parte del Parlamento europeo. Nel frattempo tutte le imprese italiane si saranno adeguate alla norma italiana ma dovranno adeguarsi a quella europea se vorranno esercitare la professione di autotrasportatore. Un ulteriore adeguamento ai requisiti richiesti, che, in buona sostanza, sono quelli del 1974.

Il requisito su cui l’Unione europea punta parecchio è l’idoneità professionale. Il famoso esame che certifica la professionalità dell’autotrasportatore. La provincia di Verona ha già la competenza riguardo agli esami. Chi vuole esercitare l’attività di autotrasportatore deve sostenere un esame che con il tempo è diventato sempre più difficile.

Il programma è sempre quello. Però il numero di quiz e di casi pratici è sostanzialmente triplicato rispetto alle prime sessioni. Quindi l’esame diventa sempre più difficile, l’accesso alla professione di autotrasportatore sempre più difficile.

Ora l’Unione europea dice che per iscriversi all’albo bisogna essere professionalmente preparati; toglie tutti i limiti sul numero dei veicoli e sul numero delle imprese: cioè, viene privilegiato il concetto di libera concorrenza.

Nel 2002 la competenza riguardo l’“Albo dell’autotrasporto di cose per conto terzi” è passata dallo Stato alle Province, sulla base del decreto 112 del 1998. E la Provincia di Verona, dopo un anno di avviamento, ha iniziato a tenere l’Albo, perché questo dice la norma («La Provincia ha la competenza della tenuta dell’Albo».). Poi hanno specificato che per tenuta si intende l’istruttoria, la decisione, le sanzioni disciplinari: tutto quello che riguarda la vita dell’impresa in seno all’Albo delle imprese in conto terzi.

Diceva prima Deiana che le risorse sono insufficienti. È un’affermazione che condivido pienamente. A Verona abbiamo fatto fare uno studio a un consulente esterno per quantificare esattamente quanto dovesse esser l’ammontare, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, delle risorse per svolgere queste funzioni e questo studio ha detto che le risorse dovevano essere almeno il doppio di quanto era stato messo in campo.

A Verona sono state assegnate tre unità per lo svolgimento di queste funzioni ed allora, giocoforza, la Provincia di Verona ha cercato di semplificare al massimo tutte le procedure, perchè gestire 3.200 imprese (tante erano le imprese iscritte), rilasciare 1.500 licenze in conto proprio, più la gestione degli esami di abilitazione, altre competenze, come i centri di revisione, è un impegno importante.

Essendo le risorse scarse, abbiamo incentivato al massimo l’utilizzo del web, apportando alcune revisioni e semplificando al massimo l’iter. Specialmente con riferimento all’accordo Stato-Regione del 2002, la Provincia non ha ritenuto vincolanti tutte le parti dell’Accordo per cui si è seguita una strada che puntava alla semplificazione. Quindi, con le poche risorse che avevamo a disposizione, abbiamo cercato di far fronte alla situazione.

I problemi maggiori che si sono verificati sono dovuti all’adeguamento. Devo dire che le Associazioni di categoria a Verona hanno lavorato benissimo, nel senso che hanno fatto una grande opera di informazione nei confronti delle imprese e, a tutt’oggi, 700 su 1.000 imprese che dovevano adeguarsi entro il 2009 si sono già adeguate; 750 persone hanno fatto l’esame di abilitazione professionale; i corsi di formazione stanno andando avanti a pieno regime. Questo, a Verona. In altre parti si attende una proroga o che l’Unione europea, come ho evidenziato prima, in qualche maniera sistemi le cose.

La mia prima impressione è che non sarà così perché questo Regolamento va nella direzione di rafforzare la professionalità e quindi io non credo che ci siano tante scappatoie. Chi deve prendere questa abilitazione – che poi vale su tutto il territorio nazionale e dell’Unione europea – è bene che faccia l’esame subito perché, vista la situazione, le commissioni sono abbastanza comprensive.

Quindi chi gestisce l’Albo degli autotrasportatori si trova di fronte al problema dell’adeguamento di queste imprese. Fra l’altro, la norma dice che «ogni tre anni i requisiti delle imprese vanno verificati».

Nella legge del 1974, c’è un articolo che disciplina le sanzioni disciplinari nei confronti degli iscritti e stabilisce che il soggetto che gestisce l’albo deve erogare, dietro comunicazione da parte degli organi della Polizia stradale, i provvedimenti nei confronti dell’impresa. Io non nascondo che dal 2005 la provincia di Verona non ne ha fatto neanche una. Perché a fronte di una multa, se l’ente inizia la procedura, prima c’è l’ammonimento, poi la censura e poi la sospensione, che è un atto molto grave, perché si sospende non solo un mezzo ma tutta l’impresa.

La Provincia di Verona ha ritenuto opportuno cristallizzare le regole con una sorta di formula matematica che lega il tipo di infrazione, per esempio, al parco veicolare dell’impresa. Si chiama “Regolamento recante criteri per l’applicazione delle sanzioni disciplinari”. È un articolo unico e per ora sta funzionando; le maglie sono state tenute larghe appunto per evitare di arrivare velocemente alla sospensione della sanzione.
Ma è stata ritenuto molto grave per l’impresa pubblicare la sanzione sul web. Abbiamo avuto un’impresa che si è vista rifiutare una commessa dalla Germania perché aveva avuto una sospensione.

Era una sanzione molto leggera: l’autista non aveva compilato il registro, di conseguenza si è deciso di non pubblicare più le sanzioni, o meglio sono pubblicate, ma solo vi si può accedere dall’interno del sito.
un tema delicato: tante Province non fanno nulla. Noi non abbiamo fatto nulla fino al 2005.

Un altro dei problemi che c’è in questo momento riguarda la dimostrazione della capacità finanziaria. Effettivamente, per come è stata congegnata la norma nel decreto 395 del 2000, che non fa altro che riprendere quello che ha detto l’Unione europea nel 1974, ci sono – e ne abbiamo avuto già alcune esperienze nella nostra città – delle imprese che faranno fatica a dimostrare la loro capacità finanziaria (questi famosi 50 milioni di euro, più 5.000 per ogni veicolo).

Le Banche, che in questo momento sono gli unici soggetti che per legge possono rilasciare l’attestazione (prima del 2005 potevano rilasciarle anche le finanziarie) fanno molte difficoltà. Spesso l’Istituto di credito, quando l’autotrasportatore si presenta per chiedere questa dichiarazione si trova di fronte ad un rifiuto. Normalmente, quando uno dice no, o non conosce la legge o ha paura.

Perché in realtà non si tratta di garantire nulla. Ma l’Istituto di credito deve fare una fotografia della situazione economica-finanziaria-patrimoniale dell’impresa, valutati gli elementi richiesti dal decreto.
Il timore dell’Istituto di credito di non rilasciare questa autorizzazione è nella maggior parte infondato.

C’è anche la possibilità, secondo la legge, che l’impresa possa presentare direttamente tutti gli elementi all’Amministrazione provinciale che dovrà a quel punto effettuare una vera e propria analisi di bilancio e questo per i funzionari è un maggiore onere. I tempi si allungano, infatti, quando l’impresa deve immatricolare un nuovo veicolo deve essere verificata la capacità finanziaria.

Allora la Provincia di Verona si è attivata per chiarire fra tutti i soggetti quanto detto dalla norma sulla capacità finanziaria, organizzando un seminario con gli istituti di credito.

Ogni anno cerchiamo di fare dei seminari per gli addetti ai lavori perché più i nostri interlocutori sono preparati, più sono aggiornati, più il lavoro dell’Amministrazione procede con maggiore celerità.

Anche per gli esami è stato fatto un regolamento che disciplina l’attività degli esami per l’abilitazione. Abbiamo riservato tutta la fase dell’istruttoria agli uffici e limitato alla Commissione la valutazione del candidato. Per quanto riguarda, in particolare, gli extra comunitari, il Ministero con una circolare ha esteso a coloro che non hanno frequentato il corso obbligatorio ma abbiano i cinque anni di esperienza anche con i veicoli inferiori a 3,5 tonnellate, la possibilità di sostenere gli esami.

A livello nazionale, come operatori della Provincia, abbiamo creato un forum, uno strumento per i funzionari provinciali dove dialogare: ed è uno strumento molto utile perché, mancando questo coordinamento a livello nazionale, gli operatori si trovano veramente soli.

Ringrazio ancora per l’invito, mettendo a Vostra disposizione la mia esperienza nel settore.

 

TAVOLA ROTONDA


Antonello Fontanili,
Uniontrasporti

L’autotrasporto a livello nazionale rappresenta un aspetto fondamentale ed in particolare per una regione come la Sardegna lo rappresenta anche di più visto che per questioni infrastrutturali l’autotrasporto è quasi una modalità obbligata per trasferire le merci almeno a livello interno.

Si è parlato di professionalità per chi gestisce l’azienda e anche della difficoltà dell’esame. Noi, come Uniontrasporti, abbiamo fatto negli anni scorsi diverse indagini anche nel mondo dell’autotrasporto, andando direttamente presso le aziende di Trasporto e Logistica e facendo delle domande riguardo le maggiori esigenze che potevano palesarsi.

A parte le esigenze infrastrutturali – che, in particolare per la Sardegna, sono di una certa rilevanza –, le esigenze più importanti registrate in buona parte delle Province italiane erano esigenze di tipo formativo e di tipo informativo in particolare per quanto riguarda la normativa e poi anche esigenze di maggiore collaborazione da parte degli enti preposti.

In particolare, per quanto concerne l’aspetto formativo, le Province promuovendo seminari, magari di preparazione, di introduzione alle materie di esame, fanno sicuramente un bel passo avanti in questo settore.


Antonio Musso,
Confindustria 

Siamo stati invitati a discutere del passaggio alla Provincia delle competenze riguardo l’Albo dell’autotrasporto di cose per conto terzi.

A parte il fatto che viene recepito quanto proposto dall’Unione europea nel 1974 con molto ritardo, mi sembra molto corretto che la professione dell’autotrasportatore venga regolata da un Albo, diventi cioè una professione, con tutto quello che significa sia a livello di oneri che di onori.

Le tre caratteristiche che vengono richieste sono l’onorabilità, la professionalità, la capacità finanziaria. Tutto questo può fare in modo che la gente non si inventi un qualcosa che poi non riesce a portare avanti creando dei circoli pericolosi sia per il committente che per l’autotrasportatore.

La mia sensazione è che l’applicazione di questa norma in generale, cioè a tutto il settore dell’autotrasporto, potrebbe creare difficoltà notevoli.

Io qui rappresento la Confindustria e le imprese di autotrasporto iscritte a Confindustria sono considerate generalmente di media dimensione e quindi il problema della capacità finanziaria è un argomento che si supera con una certa facilità.

Vedo però molto più complicata l’applicazione dei criteri sulle imprese di piccole dimensioni, che in Sardegna, fra l’altro, sono numerosissime. Il collega della Cna potrà essere più preciso sull’argomento.

Io lavoro con tanti padroncini monoveicolari o che si trovano nella classica situazione di due camion, in cui autisti siano padre e figlio. Chiedere, in questi casi, l’applicazione della capacità professionale con un esame è abbastanza difficile perché l’esame è veramente impegnativo.

È vero che tutti diciamo, in Italia e anche in Europa, che il problema dell’autotrasporto è quello delle aggregazioni. Ma se in Sardegna disincentiviamo l’autotrasporto di dimensioni troppo piccole rischiamo di spegnere una delle attività principali dell’isola.

Capacità finanziaria: è vero che in teoria non ci sono obblighi delle banche, è vero che è una dichiarazione che dando un’occhiata ai dati di bilancio dovrebbe essere emessa, ma poi, nella realtà, anche se noi siamo nella fase iniziale sono sicuro che le piccole aziende hanno degli enormi problemi perché alla fine si tradurrà che la banca dirà: «Se devo garantire 50 mila euro, tu mi devi lasciare sul conto 50 mila euro o qualcosa di analogo».

Un’altra cosa importante del decreto è la capacità finanziaria richiesta a chi gestisce l’azienda. Questo secondo me è un bel passaggio rispetto alla situazione in cui poteva anche essere un consulente esterno che gestiva l’azienda; se non altro evitiamo una compravendita di certificati e invece chi ha la capacità professionale è obbligato a fare questo tipo di attività.

Il quadro mi sembra chiaro. Il problema qual è? Io vengo da 10 anni di Albo dell’autotrasporto. Non possiamo dire che diamo risposte immediate, ma funziona abbastanza bene, nonostante le difficoltà di un Albo che è un Istituto nazionale con diramazioni provinciali.

Il passaggio alla Provincia è un’idea intelligente, perché la Provincia è più sul campo di quanto non possa esser un ente nazionale.

Bisogna però che questo passaggio sia effettivo, sia concreto e che la Provincia metta in piedi un sistema nel quale le pratiche vengano analizzate con tempestività, le risposte vengono date con una tempistica che in qualche modo possa combaciare con l’esigenza dell’utente e, soprattutto, che questo passaggio sia abbastanza indolore.

Abbiamo iniziato a collaborare con la Provincia e la partenza mi sembra buona.

È però necessario che le competenze professionali vengano trovate perché altrimenti, dopo questi sei mesi di passaggio di competenze dalla Motorizzazione alla Provincia, la macchina potrebbe fermarsi. A quel punto, se un autotrasportatore presenta una pratica per immatricolare un veicolo ed ha una risposta dopo tre o quattro mesi, l’autotrasportatore chiude. La tempistica nel nostro mestiere è fondamentale.

È importante che si affrontino questi argomenti, che si facciano dei seminari. Ma è di primaria importanza che siano chiarite le risorse, sia finanziarie che professionali, per poter rispondere al meglio alle esigenze degli operatori. Ed io sono sicuro che l’assessore Baire farà di tutto per risolvere tutti i problemi.


Enzo Costa
- Cgil

Bene ha fatto l’assessore, quando ha presentato l’iniziativa, a legare il decreto legislativo alla necessità di avere una riorganizzazione del trasporto, soprattutto in Sardegna.

I dati che ci ha dato sono dati che si commentano da soli: il 97% del trasporto in Sardegna è su gomma. È un’anomalia pesantissima, è un’anomalia infrastrutturale che và puntualmente colmata. Bene ha fatto l’Assessore a legare l’analisi al momento di crisi e ad indicare che dalla crisi se ne può uscire solo se ci si organizza. In caso contrario il dramma è che la crisi può realizzare quella che si chiama nel mercato selezione naturale.

Noi oggi in Sardegna abbiamo un sistema di imprese che è debole e non competitivo in quanto di piccole dimensioni. Nell’isola abbiamo i porti, gli aeroporti, i centri urbani, ma non abbiamo centri intermodali in cui gestire le merci, anche se qualcosa si tenta di fare. Il ruolo del pubblico in tutto questo contesto è assente; basti pensare che il 60% delle merci che si movimentano nel porto di Olbia sono merci che provengono o sono destinate alla provincia di Cagliari.

Il mercato della Sardegna, un’isola con 1 milione e 600 mila abitanti, pone alcuni problemi. Il primo: perché sia competitiva la mobilità delle merci su gomma deve avvenire sempre su un percorso pieno su pieno, se non vogliamo perdere competitività. E allora la creazione di un centro intermodale serve a ottimizzare il veicolare delle merci sia in termini di costi che di velocità, serve a raggiungere più luoghi in maniera sinergica e non in maniera disgregata. Se non facciamo questo oggi, il giorno in cui la crisi finirà, se il sistema non sarà pronto, sconteremo la colpa di non aver fatto quanto necessario per agguantare la ripresa.

Io credo che anche il pubblico debba fare la sua parte. Abbiamo chiesto, come sindacato, che la Regione nella Finanziaria del 2009 abbia un occhio di riguardo per i consorzi fidi perché è importante l’associazionismo.

Quando si deve passare da un’attività artigianale a un’attività professionale per l’autotrasportatore significa davvero fare un salto di qualità.

Con il 2010 il Mediterraneo sarà area di libero scambio per cui sarà sempre più difficile fare impresa in Sardegna. Il sistema produttivo è al collasso e quando questo cala anche il volume generale delle merci da trasportare ne risente. C’è bisogno di sostegno, non di assistenzialismo, un sostegno che tenti di guardare in avanti per cui dobbiamo oggi sostenere le imprese ed impedire che chiudano. Le imprese devono avere sostegno e, come ha sottolineato l’Assessore, devono fare in modo, anche attraverso l’utilizzo della Cassa integrazione, di non espellere i lavoratori per non perdere le professionalità acquisite.

Se non collaboriamo tutti, dalla crisi non si esce. Non bisogna diffidare di una logistica che attraverso l’intermodalità colleghi tutti i sistemi di trasporto a partire dai porti e metta in sinergia un qualcosa che egoisticamente uno potrebbe vedere come riduttivo del mercato.

Fare ciò è guardare in avanti perché poi, se non lo facciamo noi, arriva qualcuno che poi, alla fine, lo fa. Del resto, questo già succede.

La dimensione dell’impresa può essere un vantaggio o uno svantaggio. Può essere un vantaggio se guardiamo anche al futuro del trasporto su gomma legato a singole consegne, sempre più veloci, sempre più puntuali e sempre più mirate.

Specializzare questo tipo di servizio, avendo la certezza che puntare tutto sul trasporto su gomma sia economicamente poco conveniente e poco compatibile con la tutela dell’ambiente è sicuramente importante.

Se riusciamo a fotografare l’esistente e proiettarlo vero il futuro riusciremo a cambiare le cose. Oppure ci candidiamo ad essere relegati fuori da un sistema che sarà sempre più globale ma che necessita di persone che accettino di stare assieme.


Pietro Saiu,
Cna

Innanzitutto bisogna capire esattamente di cosa stiamo parlando, non perché ognuno di noi non lo sa ma forse non ha capito ancora bene in che situazione si trova l’autotrasporto.

Prima di ogni altra cosa vorrei invitare Provincia e Motorizzazione ad una collaborazione più stretta perché ci sono aziende che hanno veicoli fermi da mesi, che non possono immatricolare. E mi sembra che già questo sia molto grave. Ci sono aziende che lavorano con le banche che rischiano il tracollo e rischiano di mandare a casa i propri dipendenti perché si parla sempre di dipendenti delle industrie, ma mai di quelli dell’autotrasporto. Il trasportatore e il trasporto delle merci sono veramente in crisi.

Prima il professor Deiana parlava delle tariffe a forcella. La tariffa a forcella forse era anche esagerata, però nel momento stesso che è stata abrogata si è introdotto un meccanismo che non distingue la tipologia del trasporto e si è creato un meccanismo che non dà nessuna garanzia all’autotrasportatore e, di conseguenza, nei confronti della committenza ha uno scarso potere contrattuale. Il committente molto spesso fa il prezzo e l’autotrasportatore in un periodo di crisi come questo pur di lavorare accetta. In queste condizioni le imprese piccole sono quelle che soffrono di più.

Per quanto riguarda l’albo e l’accesso a questo, devo dire che le imprese di trasporto che vengono a dare l’esame – anche io sono in commissione – in realtà non faranno mai il trasportatore. Lo dico chiaramente: quelli che danno l’esame faranno il preposto per aziende che di trasporto capiscono ben poco. Questo non dovrebbe essere possibile. Per cui noi autotrasportatori organizziamoci bene per quello che possiamo fare noi, incontriamoci più spesso e vediamo veramente le esigenze del trasporto. Non si devono vedere solo i numeri: col contatto con le persone si capisce realmente di cosa c’è bisogno.

Gli armatori a Cagliari non ci vengono se non li tuteli, se ne vanno nel porto più vicino, se ne vanno a Olbia. A Cagliari abbiamo il monopolio della Compagnia Tirrenia – speriamo che presto venga privatizzata – perché ogni nave della Tirrenia ha più del doppio del personale di cui ha bisogno una nave. Il porto di Olbia è monopolizzato, lo sapete o no? Non fanno attraccare la Società Strade Blu perché fa concorrenza agli altri. Noi autotrasportatori con quella nave risparmiamo 70 euro a pezzo, e 70 euro a pezzo sono fondamentali, perché in questo momento sono i ricavi utili di ogni carico.

Queste sono cose importanti che dobbiamo cercare di risolvere quanto prima se vogliamo salvare l’autotrasporto.


Luisa Sideri, Motorizzazione Civile

Lavoro da trent’anni alla Motorizzazione. Come tutti sanno, ho sempre svolto il mio lavoro nell’ambito del trasporto merci e dell’Albo degli autotrasportatori. Curo, inoltre, l’istruttoria delle pratiche della Motorizzazione e faccio parte della commissione d’esame. Quindi sono un tecnico, per cui vi posso rispondere soltanto dal punto di vista della mia preparazione ed esperienza professionale.

A proposito del passaggio delle competenze dalla Motorizzazione alla Provincia, devo dire che le cose stanno procedendo abbastanza bene. C’è stata da parte nostra collaborazione con i colleghi della Provincia e speriamo che le cose procedano in tal senso.


Franco Annunziata, Università di Cagliari

È stato detto prima, noi siamo un’isola e, visto e considerato che siamo un’isola, i porti sono: Cagliari, Arbatax, Olbia e Golfo Aranci, Porto Torres, Oristano e il porto industriale di Porto Vesme. Nel Piano regionale dei trasporti – che continuiamo a non vedere; credo che non abbia ancora superato il parere della Commissione consiliare – devono essere indicati non solo quali sono i porti che devono coordinarsi tra di loro, ma dovrebbero anche essere indicati quali sono i porti di riferimento e di interesse della Sardegna dall’altra parte del mare.

I porti devono essere collegati con il territorio. Allora siccome mi occupo di infrastrutture stradali, e ferroviarie in particolar modo, mi chiedo: ci rendiamo conto del fatto che quando si progetta una strada questa deve essere considerata all’interno di un sistema in cui ad ogni elemento deve essere data una funzione e quindi nella progettazione di un porto, di un aeroporto occorre pianificare e progettare gli elementi di interconnessione?

Allora se i porti della Sardegna sono quelli che ho detto prima, se è vero che il primo centro intermodale merci è il porto, perché non ci si preoccupa mai di collegare questo al territorio retrostante, al cosiddetto bacino di utenza? Perché si pensa alla progettazione del porto o dell’aeroporto come ad una cosa fine a se stessa, ma non si pensa alla progettazione della rete viaria che migliora i collegamenti del territorio circostante col suo punto d’uscita, verso le destinazioni che stanno dall’altra parte del mare?

Bisognerebbe ragionare in questo modo, ma di questo modo di ragionare non vi è traccia nel Piano regionale dei trasporti, almeno per quanto io sappia, e non c’è nella realtà delle cose e nella mentalità, perché noi continuiamo a progettare le infrastrutture slegate fra loro.

Ma è possibile che in una regione come la nostra si progetti la Carlo Felice, che è il corridoio lungo il quale passano tutte quante le merci della Sardegna, senza progettare gli elementi appartenenti alla viabilità ordinaria extraurbana che collegano la Carlo Felice al territorio, e che dovrebbero funzionare da affluenti lungo i quali le merci che provengono dal territorio confluiscano attraverso questa viabilità secondaria sulla Carlo Felice, per andare verso i luoghi di uscita, quindi nei centri intermodali merci?

Ecco io mi chiedo che cosa questa Regione stia aspettando perché si cominci a ragionare in termini di sistema dei trasporti integrato intermodale. Che cosa si stia aspettando a trasferire questa logica nella progettazione delle infrastrutture e quindi connettendo gli ampliamenti dei porti e degli aeroporti con l’adeguamento della rete viaria.

Perché se questo non si fa, non ci possiamo aspettare una diminuzione dei costi del trasporto, se è vero, come ha detto qualcuno che mi ha preceduto, che nell’area urbana di Cagliari ci sono 600 mila abitanti, se è vero che la maggior parte delle attività produttive sono insediate in questa area vasta, se è vero che la maggior parte delle merci che vengono scaricate a Olbia e Porto Torres sono destinate alla Sardegna meridionale e in particolar modo nell’area vasta di Cagliari.

Ma dove sta scritto che queste merci debbano arrivare via ferro o via strada e perché non possano arrivare via mare al porto di Cagliari o ai porti di Cagliari e da questo diramarsi, con dei percorsi più brevi, verso i punti di destinazione? Che cosa vogliamo fare di questo benedetto porto e che cosa vogliamo fare della rete viaria che dovrebbe portare merci, oltre che persone e passeggeri, all’area portuale di Cagliari e alle altre aree portuali?

Su queste cose vorrei richiamare l’attenzione, fermo restando che, probabilmente, in relazione a quello che ho detto, dovremmo quasi ripartire dall’inizio.