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Editoriale
Gherardo Gherardini
Per Abbanoa una pesante eredità
di Paola Ferri
Si aggrava la crisi del Sulcis Iglesiente

 

Per Abbanoa una pesante eredità
Gherardo Gherardini

 

Per Abbanoa
una pesante eredità

Banche dati costruite con sistemi  diversi; contratti del personale disomogenei; reti efficienti e reti fatiscenti o inesistenti; impianti all’avanguardia ed altri degradati e da rifare; un deficit strutturale di decine e decine di milioni di euro. Questa la realtà ereditata, cinque anni, fa da Abbanoa. Ma i problemi più rilevanti restano quelli strutturali, legati alle carenze di un  sistema idrico, a servizio di un vasto territorio a bassa densità insediativa, con condotte di adduzione estese per oltre 4mila chilometri. Il presidente Cadau traccia, nel bilancio 2009, le linee di intervento per i prossimi anni.  

di  Gherardo Gherardini

 

Abbanoa. Abbalibera, Abbanostra, Abbamala. Sul nome del gestore del servizio idrico integrato in Sardegna si sono sprecati i giochi di parole. Quasi tutti riferibili a situazioni di malcontento e contestazione verso chi, quotidianamente, deve garantire l’arrivo dell’acqua nelle case dell’isola.
Partendo, in molti casi, da un ormai discutibile assunto, che risale a qualche decennio fa: che l’acqua debba essere distribuita gratuitamente o a un prezzo molto basso. Ciò perché allora veniva generalmente considerata un bene “meritorio”, che i gestori (per lo più pubbliche amministrazioni o enti pubblici) dovevano rendere accessibile a tutti i cittadini.
Una recente immagine dell'invaso di Bau Pressiu,
nei pressi di Siliqua (Cagliari)
È fuor di dubbio che l’acqua sia un bene essenziale, esattamente come l’aria che respiriamo e il cibo di cui ci nutriamo. In quanto tale, non può essere un bene “commerciale”, soggetto ai meccanismi della domanda e dell’offerta. Ma è pur sempre un bene con un valore finale, nel senso che l’acqua che esce dai rubinetti deve essere raccolta negli invasi, potabilizzata, trasportata attraverso le tubazioni fino alle singole case, immessa dopo l’uso nella rete fognaria, depurata e reimmessa nel ciclo naturale.
Tutto ciò ha un costo, e fermo restando che l’acqua – come sottolineato anche dal Governo nazionale – rimane un bene pubblico inalienabile, il concetto di proprietà non va confuso con quello di gestione. D’altronde, l’acqua è diventata un fattore di progresso sia in campo civile che economico: le abitazioni, come i campi e le fabbriche, non possono farne a meno. Ma non come una provvidenza sociale, ma più correttamente come “bene economico” che, in quanto tale, ha un prezzo proporzionabile al suo reale costo industriale.

La gestione dell’acqua 

Gestire l’acqua in maniera oculata e produttiva è stata sempre una delle maggiori preoccupazioni della classe politica isolana, soprattutto nel secondo dopoguerra. Risale al giugno del 1950 la legge istitutiva dell’Ente autonomo del Flumendosa (Eaf) e a sette anni dopo quella che prevedeva la nascita dell’Ente sardo acquedotti e fognature (Esaf), due enti creati allo scopo di realizzare, gestire e potenziare le strutture acquedottistiche e fognarie del territorio sardo.
Col tempo, la gestione del comparto idropotabile è diventata anche competenza di molti altri operatori, fra enti locali, consorzi e società di gestione di livello statale, regionale, sub-regionale e locale, poco coordinati fra loro e spesso in conflitto e polemica sull’uso della risorsa disponibile (uno speciale del quotidiano “Repubblica” del 1987 ne contava 94, saliti fino a 120 nel 2005, anno di nascita di Abbanoa).
Analoga situazione si è verificata nel cosiddetto comparto multisettoriale (usi irrigui, industriali e idroelettrici) con i Consorzi di bonifica e l’Enel accanto all’Eaf.
Fino al 1997 (anno del recepimento della legge Galli da parte della Regione) questo sistema interamente pubblico, pur con i suoi notevoli limiti e problemi – amministrativi ma anche oggettivi – e tra le tante difficoltà, ha comunque permesso di garantire un servizio accettabile. Accettabile rispetto a tante altre realtà, italiane e internazionali, sia a gestione pubblica che privata, a fronte dell’applicazione di una tariffa “sociale” (0,70 euro al metro cubo nel 2004). Ciò avveniva grazie al fatto che la Regione poteva intervenire a finanziare la parte dei costi di gestione e delle spese di investimento non coperta dalle entrate tariffarie, attingendo (con principio solidaristico) dalla fiscalità generale.
Due immagini del nuovo impianto di potabilizzazione
di Pedra Majore, nei pressi di Sedini (Sassari)
Per completare il quadro, occorre tener conto anche delle molte specificità della Sardegna. La popolazione all’ultimo censimento è risultata di circa 1.650.000 residenti (con tendenza alla stazionarietà), a fronte di un territorio alquanto vasto (24.090 km2). La scarsità delle precipitazioni, che si è accentuata negli ultimi venti anni, unita a corsi d’acqua brevi a regime torrentizio, rendono difficili, nei periodi particolarmente siccitosi, l’irrigazione, l’allevamento e l’uso potabile anche per la sola popolazione residente.
L’acqua che arriva nelle abitazioni dei sardi è prelevata per oltre il 75% da fonti superficiali (invasi e fiumi) e per il 25% da fonti sotterranee (pozzi e sorgenti). Viene opportunamente trattata per essere resa compatibile con gli usi potabili e trasportata attraverso la rete degli acquedotti. In un sistema di infrastrutture idrauliche notevolmente complesso, è rilevante il peso delle perdite dalle reti di adduzione e distribuzione, attualmente valutabile in circa il 40%, a cui deve aggiungersi un 15-20% delle cosiddette perdite “amministrative” per allacci abusivi o non censiti.
Perdite che rappresentano la principale causa (ma non l’ultima) di un costo industriale di produzione dell’acqua potabile decisamente alto.

La legislazione nazionale 

Il settore dei servizi idrici in Italia é stato oggetto di un complesso processo di riorganizzazione avvenuto con la legge n. 36/1994 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, denominata altrimenti “legge Galli”. Questa legge si propone il contemperamento dell’esigenza di proteggere e conservare le acque pubbliche (da utilizzare secondo i criteri di solidarietà) e l’esigenza di una gestione del servizio improntata ai principi di efficienza, efficacia ed economicità.
L’osservanza del principio di economicità comporta la necessità di garantire che i costi sopportati per l’erogazione del servizio debbano essere in qualche modo coperti da una controprestazione a carattere pecuniario, ovvero una tariffa.
L’intera normativa ha come suo baricentro il concetto di Servizio idrico integrato (Sii), che é «costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue». Vengono individuate una nuova dimensione territoriale (gli Ambiti territoriali ottimali - Ato) ed una nuova dimensione istituzionale di esercizio delle funzioni di governo del servizio (le Autorità d’Ambito – Aato – quali forme di cooperazione tra gli Enti locali rientranti nel medesimo Ato).
All’Autorità d’Ambito sono affidati i seguenti compiti:

– assumere l’esercizio della titolarità del servizio, che pertanto cessa di rientrare nella esclusiva titolarità dell’Ente locale;

– definire il Piano d’Ambito (costituito dal programma degli interventi e dal piano economico-finanziario) e la tariffa del servizio;

– individuare il soggetto gestore e provvedere all’affidamen­to della gestione del servizio;

– controllare che il gestore realizzi il Piano d’Ambito e verificare l’applicazione della tariffa.

L’affidamento del Sii può avvenire principalmente:

– attraverso una gara (a una società privata di capitali, come sono le multinazionali dell’acqua);

– in modo diretto, con procedura ad evidenza pubblica (è soprattutto il caso delle spa miste, a prevalente capitale pubblico locale);

– in modo diretto (in house providing), a società a capitale interamente pubblico appositamente costituita.

La legislazione regionale

Con la legge regionale n. 29 del 17 ottobre 1997, la Regione autonoma della Sardegna ha dato attuazione alla legge Galli istituendo il Servizio idrico integrato e prevedendo un unico ambito territoriale ottimale, coincidente col territorio della Regione. Una scelta che oggi viene da più parti messa in discussione.
La legge attribuisce ai Comuni ricompresi nell’Ato il compito di organizzare il servizio, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di adduzione e distribuzione di acqua ad uso esclusivamente civile, di fognatura e depurazione delle acque reflue.
A tal fine, i Comuni della Sardegna costituiscono un consorzio obbligatorio, dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa e patrimoniale, denominato Autorità d’Ambito. Il suo ordinamento è disciplinato dallo statuto, che ne prevede gli organi (assemblea, comitato esecutivo, presidente, collegio dei revisori) e la struttura organizzativa, consistente in un ufficio di direzione, articolato in servizi tecnici e amministrativi. 

Il Servizio idrico integrato 

La prima assemblea dell’Autorità d’Ambito si è tenuta il 25 settembre 2003, con l’insediamento e l’approvazione del primo Piano operativo triennale e relativo Programma stralcio per la prima annualità. Si è trattato di un atto indispensabile per non perdere i finanziamenti nazionali e comunitari (Por 2000/2006 e Qcs 2000/2006) destinati alla realizzazione degli interventi previsti nel Piano d’Ambito approvato con ordinanza n. 321 del 30 settembre 2002 del Commissario governativo per l’emergenza idrica, in qualità di Autorità d’Ambito sostitutiva.
Potabilizzatore del bacino di Corongiu, nei pressi
di Sinnai (Cagliari)
Contestualmente, l’Autorità ha optato per l’affidamento diretto del Servizio idrico integrato a un unico soggetto d’ambito, vale a dire una società per azioni a capitale interamente pubblico locale.
Il processo di aggregazione è stato concretamente realizzato attraverso la costituzione di Sidris, società consortile a responsabilità limitata, alla quale è stato attribuito il compito di consorziare, mediante fusione per incorporazione, tanto Uniaque Sardegna spa – soggetto inizialmente costituito dall’Autorità per favorire l’aggregazione – quanto le gestioni pubbliche esistenti, che governavano in precedenza la risorsa idropotabile: l’Ente sardo acquedotti e fognature, il Consorzio Govossai di 19 comuni del nuorese, la Sim di Cagliari, la Siinos di Sassari e i tanti comuni nei quali il servizio era gestito in economia.
Come atto conclusivo, tutti questi enti pubblici sono stati inglobati in Abbanoa spa. All’esito della fusione, compiutasi a tutti gli effetti di legge nel dicembre 2005, è venuto a configurarsi un soggetto gestore avente la forma giuridica di società di capitali, unicamente partecipata dai Comuni rientranti nell’unico ambito e perfettamente configurata in house, che retroagisce alla data di decorrenza dell’affidamento, cioè il 1° gennaio 2005.
La distribuzione dell’azionariato che ne è scaturita si presenta fortemente “squilibrata” a favore di pochi: la Regione detiene il 14,57% delle azioni di Abbanoa spa, il Comune di Cagliari ha il 18,03, quello di Sassari il 13,25, quello di Nuoro il 4,02 e così via con percentuali sempre più basse per gli altri comuni. E se è vero che tre soli enti (Regione, Comune di Cagliari e Comune di Sassari) posseggono quasi la maggioranza azionaria (45,85%) di Abbanoa spa, è altrettanto vero che l’eccessiva frammentazione politico-istituzionale rappresenta un handicap di partenza per la gestione unitaria della risorsa idrica.
Da quel 2005, la società Abbanoa è subentrata nell’attività svolta dai precedenti gestori e nei contratti di fornitura ai clienti. Nel dettaglio, si occupa di:

– acquisizione, potabilizzazione, distribuzione dell’acqua potabile;

– raccolta, depurazione dei reflui civili e industriali;

– riuso delle acque affinate dopo la depurazione per usi irrigui civili. 

Una pesante eredità 

Una realtà estremamente complicata e variegata, sotto ogni punto di vista, quella ereditata da Abbanoa. Banche dati costruite con sistemi e criteri diversi fra loro; situazioni virtuose che improvvisamente si sono trovate a convivere con realtà praticamente abbandonate a sé stesse; contratti del personale disomogenei fra loro dal punto di vista della retribuzione e dell’orario di lavoro; reti ben tenute e reti fatiscenti o inesistenti; impianti all’avanguardia e altri degradati e da rifare; centinaia di dipendenti precari che chiedevano di essere stabilizzati; un deficit strutturale di decine e decine di milioni di euro.

Ma i problemi più rilevanti, da cui discendono a cascata tutti gli altri, restano quelli strutturali, legati alle carenze del sistema idrico, a servizio di un vasto territorio a bassa densità insediativa, con condotte di adduzione estese per oltre 4mila chilometri. Gli impianti di potabilizzazione, dovendo trattare acque di lago con livelli di eutrofizzazione estremamente variabili nel tempo, sono duramente messi alla prova.
«Il grado di copertura territoriale del servizio acquedotto – afferma il presidente di Abbanoa, Pietro Cadau – in termini di popolazione potenzialmente servita, è soddisfacente, con un valore pari al 98 % a fronte di una media nazionale del 96. Tuttavia, circa il 49% delle infrastrutture ha un cattivo stato di conservazione. Il grado di copertura del servizio fognario è pari a circa il 75 per cento. Più o meno sugli stessi livelli si assesta il grado di copertura del servizio di depurazione».
Particolare dell'impianto di depurazione di Sant'Antioco
Una veduta parziale dell'impianto di depurazione di
Sant'Antioco
Lo sforzo compiuto dal gestore nei primi anni di attività, volto a estendere effettivamente il servizio alla gran parte della popolazione della Sardegna, ha di fatto costretto a trascurare altri aspetti fondamentali, riguardanti la riqualificazione ed il riassetto funzionale delle infrastrutture esistenti ed il rinnovo di quella quota importante del sistema che è ormai in esercizio da circa 50 anni.
Lo asserisce lo stesso presidente di Abbanoa, Pietro Cadau, eletto con un voto pressoché unanime (98 %) nel luglio del 2009. Gli altri consiglieri del Consiglio di amministrazione sono Luciano Fozzi (in quota Udc), Roberto Frongia (Riformatori), Enea Franco Piretta (Psd’Az), Marco Fumi (Pd). Confermato nella direzione generale Sandro Murtas, nominato il 26 giugno dal Cda uscente.
«La società è nata dalla fusione di diversi gestori. Questo frazionamento – afferma Cadau – ha creato problemi che non sono ancora stati risolti. Siamo partiti da una situazione devastante, con debiti e senza adeguata capitalizzazione. E quel poco di capitale iniziale è stato ormai “mangiato” dalle perdite e dall’oneroso indebitamento».
In effetti, Abbanoa soffre di una forte esposizione finanziaria nei confronti di banche e fornitori e rischia di annegare nella pozza dei debiti. «Per questo – prosegue il Presidente – oltre all’incremento della fatturazione, è necessaria una nuova politica di recupero crediti, che ammontano a circa 480 milioni, così come è necessaria una seria capitalizzazione. Il Piano approvato dall’Autorità d’Ambito prevedeva nei primi cinque anni di attività di Abbanoa la capitalizzazione di 102 milioni di euro, dei quali ne sono arrivati ben pochi».

I conti sono presto fatti: rispetto a due aumenti di capitale previsti nelle leggi finanziarie regionali del 2007 e del 2008, per complessivi 34 milioni di euro, soltanto nel marzo del 2009 si è concluso il primo, che ha determinato un effettivo introito nella casse del gestore di poco più di 19 milioni di euro (di cui oltre 14 e mezzo per capitale sociale e 4 e più per sovrapprezzo azioni). Il secondo aumento (14 milioni) è ancora in corso.
Nel 2009 Abbanoa ha registrato una perdita di esercizio di 11.892.599 euro, ma anche proventi e oneri finanziari (altre voci passive) per 5.491.073, a fronte di un valore della produzione di 227.135.362, con costi della produzione pari a 234.405.025.
Quali strade possono essere percorse, a breve termine, per uscire da questa situazione, che gli stessi vertici di Abbanoa non esitano a definire estremamente preoccupante? Fondamentalmente due: la prima è quella che abbiamo visto, cioè una seria capitalizzazione societaria; la seconda è la riscrittura del Piano industriale, che faccia sparire quello attuale, inadeguato e sostanzialmente inattuato. L’unico Piano d’Ambito, nato nel 2002 ma diventato operativo solo nel 2005, pochi mesi dopo il battesimo ufficiale di Abbanoa, doveva essere mandato in pensione nel giro di tre anni. La sua revisione, prevista nello stesso documento, era già allora indicata come un’esigenza non rinviabile.
Condutture idriche dell'impianto di San Michele,
a Cagliari
Si tratta di un compito proprio dell’Autorità d’Ambito, che sotto questo aspetto ha fallito in pieno. E non è difficile spiegarlo: nel Piano elaborato dall’Ato sono passati inosservati i difetti macroscopici di un sistema idrico quasi irrazionale, privo di qualsiasi coordinamento sia sotto l’aspetto gestionale sia per quanto riguarda investimenti e infrastrutture.
Cadau ha le idee chiare. «L’esigenza primaria resta quella di ottimizzare il sistema in termini di gestione economica e di miglioramento del servizio». Il che significa: recupero dei crediti; riduzione delle perdite idriche ed efficienza dei processi industriali; riduzione delle irregolarità di approvvigionamento; miglioramento delle caratteristiche qualitative dell’acqua consegnata all’utente e dell’acqua depurata restituita al sistema naturale, con particolare riferimento agli impianti costieri. 

Un difficile presente 

Il sistema idrico regionale è attualmente sotto il controllo pubblico, in quanto la gestione è affidata a due importanti soggetti: Enas e Abbanoa.
L’Ente acque della Sardegna (Enas) è l’ente strumentale della Regione che gestisce il sistema idrico multisettoriale, formato dalle opere di raccolta e grande derivazione dell’acqua. Ha quindi competenza su tutti i bacini idrici isolani e fornisce acqua dai suoi invasi per usi civili, agricoli e industriali.
Utilizzando un sistema di 32 serbatoi artificiali, 850 chilometri di acquedotti, 210 chilometri di canali, 47 impianti di pompaggio, quattro impianti idroelettrici, l’Enas produce e consegna l’acqua per i diversi usi ai grandi utenti regionali: Abbanoa (laddove non disponga di fonti autonome), i nove Consorzi di bonifica della Sardegna (per usi irrigui), i consorzi industriali.
Il secondo soggetto gestore è, come abbiamo visto, Abbanoa spa, a cui compete la distribuzione dell’acqua alle circa 750mila utenze civili dell’intera isola. La società, sia pure con difficoltà e ritardi dovuti a diverse cause, ha portato avanti le attività di infrastrutturazione previste nel Piano degli investimenti, sia in termini di nuove opere, sia di adeguamento dell’esistente.
Nel periodo 2005-2009, sono state collaudate o portate in esercizio opere per un valore complessivo di 183,5 milioni di euro (131 per l’idrico e 54,5 per fogne e depuratori).

Da ottobre 2008 – informa lo staff dirigenziale della Presidenza di Abbanoa – è stato avviato un programma di lavoro straordinario volto a individuare gli interventi e le attività utili a conseguire una accelerazione della spesa del Piano investimenti e ottenere la premialità finanziaria conseguente al raggiungimento degli obiettivi di servizio previsti dal programma Fas 2007/2013». Conseguentemente, sono stati appaltati (o stanno per andare in appalto) ben 240 interventi per realizzazione o manutenzione straordinaria di reti idriche e fognarie, nonché per manutenzione straordinaria di depuratori e potabilizzatori, per 497,5 milioni di euro.
«L’accelerazione del Piano degli investimenti era imprescindibile – sottolinea il vertice di Abbanoa – vista l’esigenza di assumere gli impegni di spesa di tutte le opere finanziate con fondi comunitari improrogabilmente entro il 31 dicembre 2010».
L'impianto di potabilizzazione di via Is Maglias,
a Cagliari
Ci sia consentita una riflessione. Dei fondi messi a disposizione dall’Unione europea e vincolati al rifacimento delle reti e degli impianti, si parlava già nel 2004: con cadenza annuale l’Autorità avrebbe dovuto programmare gli interventi per ricevere le somme di volta in volta necessarie. Il ritardo è spaventoso.
Altro ritardo pesante è quello nelle fatturazioni. Oltre all’invio delle bollette agli utenti conosciuti, Abbanoa deve combattere anche contri i “consumatori fantasma”, quelli non segnalati nelle liste anagrafiche trasmesse dai comuni. I quali, di fronte alla richiesta di elenchi aggiornati, in parecchi casi hanno tergiversato e, per la maggior parte, si sono decisi a consegnare le liste solo alla fine del 2006. Il ritardo ha avuto una conseguenza pesante per i conti della società: le prime bollette sono state emesse solo nel 2007 e il mancato introito ha portato a una esposizione bancaria che, nel primo anno di attività della spa, ha sfiorato i 70 milioni di euro, a fronte dei 10 previsti dal Piano d’Ambito. Nel 2009, l’indebitamento bancario ha superato i 140 milioni. 

Chi ha paura di Abbanoa? 

In questa situazione, Abbanoa sta facendo del suo meglio. «I cosiddetti parametri di efficienza si possono valutare nel confronto con le precedenti gestioni – dichiara il direttore generale, Sandro Murtas. La Carta dei servizi l’abbiamo fortemente voluta e attuata dal gennaio del 2008. Alla rete di sportelli e agenzie commerciali già presente, abbiamo recentemente aggiunto 138 corner informativi in quasi tutti i Comuni degli otto Distretti territoriali Quanto agli allacci alla rete idrica, grazie alla nuova procedura che Abbanoa sta sperimentando, i tempi di attesa sono ridotti a 20 giorni».

Malgrado gli sforzi del Gestore unico, mancano ancora una quarantina di Comuni all’appello nell’adesione alla Società. Vediamo di capirne la ragione: con l’avvento di Abbanoa, i Comuni sono diventati azionisti della società, perdendo ogni potere decisionale in merito alla gestione del servizio. Fatto che, da un lato, li ha sgravati da ogni responsabilità e spesa e, dall’altro, li ha privati della possibilità di proporsi come immediati interlocutori. Né mancano, ovviamente, situazioni di contestazione derivanti da anacronistiche situazioni di privilegio, ormai in rotta di collisione con le disposizioni di legge che affidano la gestione dell’acqua a un unico soggetto.
Il pensiero degli Enti locali sulla situazione del servizio idrico è ben espresso nel documento licenziato nel marzo scorso dal Consiglio regionale dell’Anci Sardegna. «Una situazione delicata – ha detto il presidente, Tore Cherchi – dovuta a tanti fattori, che va affrontata con decisione, senza perdere di vista l’interesse della collettività». Il documento dell’Anci, articolato in tre punti, tratta la questione della privatizzazione dell’acqua (esprimendo un chiaro e forte “no”, a tutto favore della permanenza della gestione pubblica), chiede la fine del commissariamento dell’Autorità d’Ambito e auspica sempre maggiore efficienza nella gestione del servizio idrico. 

Un domani denso di incertezze 

Già piuttosto complesso, il quadro generale si è ulteriormente complicato con le recentissime dimissioni di Franco Piga, commissario dell’Autorità d’Ambito.
Ricordiamo che l’Autorità gestisce e controlla la fetta più grossa dei fondi nel settore dell’acqua, i cosiddetti Pot (Programmi operativi triennali). Una torta immensa, se si pensa ai quasi 500 milioni di euro messi a disposizione da finanziamenti europei e regionali. Denaro rimasto finora parzialmente inutilizzato, ma che deve essere speso entro il 2010 per non vedere ridotto lo stanziamento dei Fas (le risorse per le aree sottosviluppate).
Per il presidente di Abbanoa, Cadau, «è necessario voltare pagina, ripensare la strategia operativa, provvedendo a interventi radicali sulla rete. Occorre anche rivedere i rapporti con l’Autorità d’Ambito, con la Regione e, soprattutto, con i Comuni azionisti. Sin dalla nostra costituzione – riflette – abbiamo avuto difficoltà di rapporti con l’Ato, dipesi da un sistema non corretto. Così come il legislatore nazionale ha provveduto a sopprimere l’Autorità, anche quello regionale dovrebbe riordinare il sistema».
Vista dall'alto del bacino di Corongiu
Ma sono in molti a invocare una quanto mai opportuna “rifondazione” della gestione dei servizi idrici isolani. Lo testimonia anche l’interesse della Terza Commissione del Consiglio regionale, che ha convocato in audizione i vertici di Abbanoa. Sollecitato dal presidente Paolo Maninchedda, Pietro Cadau non si è certo nascosto e ha parlato di «una situazione molto seria, che necessita da parte della pubblica amministrazione di interventi strutturali e urgenti per far fronte all’emergenza». Quattro i nodi da affrontare nella grave situazione in atto: interventi concreti per la capitalizzazione della società, modifica del Piano d’Ambito, modifica del sistema tariffario, interventi per rendere più efficiente la struttura organizzativa di Abbanoa.
«Ogni utenza costa annualmente 264 euro, contro un ricavo di 209 euro a utenza – ha sottolineato il direttore di Abbanoa,  Sandro Murtas. Attualmente esiste un divario negativo fra uscite ed entrate di 4 milioni al mese. L’acqua grezza ha un costo totale di 17 milioni all’anno». Illuminanti i dati del bilancio 2009: il totale dei crediti (verso clienti ed enti pubblici) ammonta a 535 milioni e 200 mila euro; il totale delle passività (debiti verso banche, altri finanziatori, fornitori, enti pubblici) tocca quota 774 milioni e 151 mila euro.

Rilevanti anche i costi dell’energia elettrica necessaria per la distribuzione dell’acqua.
«Sono stati predisposti – ha sottolineato Cadau – programmi per l’autoproduzione energetica attraverso impianti idroelettrici e a energia eolica, che potrebbero consentire forti risparmi, ma la Regione, alla fine del 2008 , ha deciso di destinare al sistema idrico multisettoriale 30 milioni, 15 dei quali erano stati inizialmente riservati al Sistema idrico integrato. Stiamo studiando altri sistemi, ad esempio ricavare energia bruciando i fanghi di depurazione». 

Servizio pubblico o privatizzazione? 

Tutti i guai di Abbanoa derivano, come abbiamo visto, da una situazione di partenza estremamente penalizzante. «Situazione resa ancor più difficile – ha scritto Michele Cossa, presidente dell’Associazione sarda enti locali – da una Regione che ha pensato di scaricarsi del problema destinando ad altri interventi le risorse che prima utilizzava per l’acqua; da chi pensa che Abbanoa debba risolvere anche i problemi della disoccupazione in Sardegna; da sindacalisti che non accettano di non avere più un ruolo in una società che applica un contratto privatistico; da politici che hanno perso potere e clientele; da chi predica che l’acqua debba essere data gratis a tutti e non si rende conto che, così facendo, sta favorendo esattamente il processo opposto».
L'impianto di potabilizzazione di via Is Maglias,
a Cagliari
Molto opportunamente, i più recenti provvedimenti legislativi stanno facendo chiarezza sul futuro del servizio idrico. La legge 26 marzo 2010, n. 42, che contempla interventi urgenti per Enti locali e Regioni, prevede la soppressione delle Autorità d’Ambito a partire dal primo gennaio del 2011. Ciò significa che anche la Regione Sardegna dovrà provvedere al riordino delle funzioni di indirizzo e controllo nella gestione del Servizio idrico integrato.
Inoltre, l’art. 15 della legge 166 del 2009 prevede che i gestori in house possano proseguire nel servizio a condizione che sia ceduto, entro il 31 dicembre del 2011, almeno il 40% del capitale sociale a investitori qualificati e operatori industriali, individuati mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, cui vengano assegnati compiti operativi.
«La società non può evitare di tener conto di tale norma – ha scritto il presidente Cadau nella lettera inviata agli azionisti in occasione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio 2009, tenutasi alla fine dello scorso mese di giugno –. Considerata la sua portata, il Consiglio di amministrazione prevede, entro l’anno, di portare all’esame di tutti i soci, con la convocazione di apposita assemblea, una decisione circa le linee guida da seguire».
Già oggi, nel dibattito sul futuro di Abbanoa, non manca chi invoca una ricomposizione azionaria, con l’inserimento – come socio d’opera – di un azionista esperto, anche privato, capace di apportare esperienza gestionale al suo know-how. Come pure sono rilevanti le voci di quanti sostengono la necessità di riformare la legge che ha introdotto un’Autorità d’Ambito corrispondente all’intero territorio regionale.
Nella citata lettera, Pietro Cadau ha illustrato la sua ricetta. «La definizione del Piano d’Ambito nel corso del 2010 … consentirà, con la redazione del conseguente Piano industriale, di avviare un rapporto costruttivo e collaborativo con il sistema bancario, indispensabile supporto per il conseguimento degli obiettivi del gestore. Nel corso del 2010 – ha scritto ancora – sono già stati avviati diversi contatti in tal senso ed è intenzione del Consiglio di amministrazione definire entro l’anno un quadro complessivo di ristrutturazione del debito, con operazioni di consolidamento dell’esposizione esistente e l’acquisizione di nuove risorse finanziarie, tali da accompagnare la società fino al riequilibrio finanziario».
Un Cadau dai toni pacati e venati di ottimismo, quello che ha illustrato le prospettive per l’immediato futuro di Abbanoa. Ma, aggiungiamo, anche molto realistici, che non hanno nascosto le insidie di un difficile presente.
D’altronde, cosa resterebbe se Abbanoa chiudesse i battenti? Non certo l’acqua gratis per tutti, ma la gara internazionale per l’affidamento della gestione del patrimonio idrico a un soggetto privato. Quindi, un servizio gestito secondo criteri di mercato, con tutto quello che comporterebbe sia in termini di costi che di gestione del personale. Una pericolosa eventualità che, nell’interesse di tutti i sardi, Abbanoa deve essere messa in grado di scongiurare.