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Carbosulcis: i sindacati chiedono l’immediata ripresa dell’attività mineraria.

 

24/3/2004 – Al primo posto la ripresa immediata dell’attività della miniera; in seguito un’attenta valutazione delle proposte avanzate dalla Sarda Energy, la società italo-venezuelana che ieri ha illustrato un progetto di massima  sulla produzione di energia attraverso la gassificazione del carbone; lo stesso progetto naufragato con l’Ati Sulcis.

Questa la richiesta avanzata dalle Rsu della Carbosulcis, in audizione presso la  Commissione Industria del Consiglio regionale. Da quasi due anni la miniera è ferma e c’è il rischio di un forte deprezzamento del patrimonio (risorse materiali e, soprattutto, umane). Di qui l’insistenza dei sindacati di base a favorire la ripresa dell’attività («siamo pronti, la miniera potrebbe ripartire anche domani, una volta realizzati una serie di investimenti, soprattutto nella sicurezza», è stato ripetuto), utilizzando le risorse che l’assessore La Spisa ha assicurato in Finanziaria, 57 milioni di euro, 25 dei quali per gli investimenti.

L’interesse della Sarda Energy è un buon punto di partenza, anche se il progetto va approfondito; tuttavia il fatto stesso che la società sia proprietaria di miniere e di centrali in attività fa sperare che le cose vadano in porto dopo un lungo periodo di incertezze e l’alternarsi di speranze e delusioni. È evidente che la miniera deve raggiungere un punto di economicità; l’estrazione del carbone non deve avere costi superiori al mercato; tuttavia la prospettiva  di utilizzare il carbone del Sulcis – ormai battezzato come risorsa strategica – per produrre energia  riapre il discorso e rivaluta i sostenitori di questa soluzione, in aumento – fra i consiglieri – dopo la visita della Commissione ad una centrale per la gassificazione del carbone in Olanda («alcuni di noi erano scettici – ha confessato il presidente della Commissione, Nicolò Raassu – ma molti di noi si sono ricreduti»).

In attesa di conoscere anche l’indagine della Satocarbo, una sorta di advisor, sulla validità dell’iniziativa (riconosciuto in partenza al carbone il prezzo più basso come combustibile per energia), i sindacati chiedono l’impegno delle forze politiche per i finanziamenti, premessa indispensabile per qualunque discorso futuro. Ma c’è una condizione da rispettare: riprendere immediatamente l’attività, non solo perché una miniera ferma è meno appetibile; ma soprattutto perché, se i tempi si allungano, una miniera ferma muore di morte naturale, compromettendo qualunque progetto. Si apre qualche prospettiva, ma non cala la tensione fra i lavoratori, i quali – ribadiscono le Rsu – sono stanchi del tira e molla, che dura da tanti anni e non produce niente di buono; anzi, produce solo debiti per la Regione, che dal disimpegno dell’Eni in poi deve fare quadrare conti vistosamente in rosso (per tamponare la falla il costo è stato superiore a un intero piano di Rinascita).

Il presidente Rassu ha assicurato la “solita, massima attenzione” verso un problema che è la classica spada di Damocle e per il quale è inevitabile prendere una decisione definitiva; per esempio, mettere la miniera in condizione di riprendere l’attività a patto che ciò serva ad assicurarle un futuro. Sugli impegni finanziari, «sentiremo l’Assessore dell’Industria» e «prenderemo in considerazione il problema non appena riceveremo la Finanziaria». È possibile che la Commissione senta anche la Sarda Energy.