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Editoriale
Giancarlo Bussetti
Una nuova strategia per la portualità turistica
Unione nazionale cantieri e industrie nautiche
Per il Mezzogiorno una proposta degli imprenditori
Sergio Stagno
Una struttura comune per il rilancio del settore
Sergio Piras
Argos: un sistema per i porti in rete

 

Una struttura comune per il rilancio del settore
Sergio Stagno

 

 Sui problemi della portualità turistica nell’isola, ampiamente illustrati nel precedente articolo di Giancarlo Bussetti, abbiamo rivolto alcune domande ad amministratori pubblici e imprenditori del settore, registrandone pareri e suggerimenti. Questo il testo delle domande seguito da quello integrale delle risposte, pervenute in tempo utile alla nostra redazione.

1.Come considera il sistema della portualità turistica della Sardegna raffrontato a quello di altre regioni del Mediterraneo (per esempio, Corsica, isole del Mar Egeo, Costa dalmata)?

2.L’impegno della Regione Sardegna a favore degli approdi turistici dell’isola è stato notevole: l’importo - non attualizzato - sfiora i 454 miliardi di lire per il periodo 1982-1997, mentre per il quadriennio 1998-2001 lo stanziamento supera i 35 miliardi di lire.

Quali dovrebbero essere le linee direttive per l’utilizzazione di questi ultimi fondi e in che misura, per lo sviluppo del settore, potrebbero essere coinvolti anche i privati?

3.Ritiene indispensabile per lo sviluppo della portualità turistica in Sardegna la costituzione, a livello regionale, di una struttura promozionale e commerciale comune? In caso di risposta affermativa, quale forma propone per questa nuova struttura (agenzia regionale, associazione fra i porti, consorzio) e quale ruolo dovrebbe essere riservato agli imprenditori privati?

4.Considera compatibile lo sviluppo del turismo nautico con la tutela dell’ambiente, soprattutto nei parchi e nelle riserve marine?

 Antonio Pagliettini, direttore del Compartimento marittimo della SardegnaAntonio Pagliettini, direttore del Compartimento marittimo della Sardegna

 1. Il sistema della portualità turistica della Sardegna può considerarsi soddisfacente quanto al numero di scali anche se sbilanciato a favore della costa nord-orientale. Ritengo che siano da escludere imitazioni di realtà quali quelle delle Baleari e della Catalogna dove la realizzazione di approdi turistici è stata legata alla costruzione di grandi insediamenti immobiliari lungo le coste. Più interessante e rispettosa dell’ambiente è invece la realtà dei porti della Corsica, essendo questi realizzati in sole 13 località su un periplo di circa 280 miglia. Gli stessi inoltre sono stati posizionati strategicamente in modo tale che la distanza fra loro non superi le trenta miglia marine.

 2. Il sistema dei finanziamenti a pioggia dovrebbe essere eliminato a favore di scelte da effettuarsi secondo ordini di priorità e non secondo logiche elettoralistiche. Priorità assoluta dovrebbe essere data a Cagliari, che ancora non dispone di un vero e proprio porto turistico, fatta eccezione per il porticciolo di Marina Piccola, che però non è in grado di soddisfare le esigenze delle imbarcazioni in transito, svolgendo, per le sue limitate dimensioni, un ruolo esclusivamente locale. Il porto commerciale, invece, ben si potrebbe prestare, per la vastità degli specchi acquei disponibili, alla creazione di un marina di un migliaio di posti barca nella zona di Su Siccu, di fronte alla scalinata di Bonaria.

 3. I privati concessionari sono determinanti per la gestione degli approdi e per dotare il porto-approdo di tutti i servizi necessari. Vanno eliminate però quelle situazioni di comodo ove il privato concessionario lucra dalla concessione, senza fornire adeguati servizi. È, inoltre, opportuno che siano gradualmente riassorbite le concessioni parziali di specchi acquei e tratti di banchina rilasciate a soggetti diversi nell’ambito di una stessa realtà portuale, perché non consentono una gestione unitaria ed ottimale dell’approdo. Ritengo rientri nei compiti istituzionali della Regione quello di rendere competitivo il sistema portuale dell’isola. Al riguardo, più che la creazione di organi burocratici, quali Agenzie o Autority, la Regione dovrebbe nominare una sorta di “Commissario ad acta”, esperto del settore, con compiti di coordinamento e promozione dei porti, che curi i necessari rapporti con le amministrazioni dello Stato aventi competenza in materia.

4. Assolutamente sì, con il rispetto rigoroso di poche ma chiare regole di comportamento. Anche in questo caso è significativamente positivo il modello dei parchi e delle riserve marine della Corsica dove il rispetto dell’ambiente è comunque garantito senza limitazioni radicali che escludano il godimento delle bellezze naturali da parte del diportista nautico.

 

Marco Tunis, presidente commissione Lavori pubblici e Trasporti del Consiglio regionale Marco Tunis, presidente commissione Lavori pubblici e Trasporti del Consiglio regionale

  1. Insufficiente come numero. I pochi porti esistenti, in particolare quelli realizzati negli ultimi cinque anni, faticano a decollare nei servizi. Altri ancora, nonostante i forti investimenti, non hanno neppure iniziato ad essere operativi.

 2. Sicuramente adottare una scelta coraggiosa. Abbandonare le iniziative che sono duplicazioni di altre vicine fra loro e dedicarsi invece a rafforzare e rendere competitive quelle funzionanti con pochi servizi.

 3. Senz’altro. Non sono favorevole alla costituzione di un’Agenzia regionale ma, piuttosto, di un organismo consortile.

 4. Sì. È possibile rendere vivibile l’ambiente e beneficiare nello stesso tempo, per il possibile sviluppo economico, dei vantaggi derivanti dal turismo nautico nell’isola.

 

Roberto Frongia, assessore regionale al Turismo, Artigianato e Commercio

 1. Parlare di sistema dei porti sardi rappresenta, in effetti, una contraddizione nei termini in quanto per sistema si deve intendere un insieme di infrastrutture coordinate tra loro ed in grado di generare sinergie tali da produrre sostanziali incrementi della redditività dei singoli porti e, quindi, del loro complesso. Tale risultato potrebbe essere conseguito già con il semplice presentarsi come una rete di porti in grado di offrire garanzia di sicurezza e comfort in una rotta articolata sul periplo dell’isola.

Per quanto attiene alla differenza tra i nostri porti e quelli di altre regioni una prima differenza può essere fatta, in genere, sui costi. La mia sensazione è , che, spesso, noi costruiamo porti con elevati costi di costruzione che poi trascinano elevati costi di gestione e quindi elevati costi finali per il diportista.

La seconda differenza riguarda l’offerta di opportunità turistiche in grado di estendere a terra il piacere della vacanza in barca. In tal senso devono essere moltiplicati gli sforzi per estendere all’hinterland portuale l’offerta turistica per il diportista nautico.

 2. È vero che nell’ultimo ventennio la Regione ha impegnato risorse notevoli nella realizzazione di porti turistici. È peraltro da considerare se un impegno medio annuo di circa 25 miliardi non sia corretto per una regione che vede nel turismo una fondamentale fonte di sviluppo.

Anche se non sempre tali somme sono state utilizzate nel modo migliore è indubbio che, al momento attuale, possediamo una base infrastrutturale in grado di trasformarsi, in tempi brevi, nella più importante offerta di servizi per il turismo nautico al centro del Mediterraneo.

Tale è quindi l’obiettivo che ho posto per l’assessorato al Turismo. Gli investimenti dovranno quindi orientarsi verso il completamento delle infrastrutture esistenti al fine di pervenire ad una organica offerta di servizi.

Per quanto attiene a nuove strutture, destinate a colmare lacune nella rete dei porti turistici, queste dovranno essere attentamente valutate nel loro rapporto costi-benefici. In ogni caso dovranno essere di piccole dimensioni, e quindi di basso costo, e sorgere preferibilmente in prossimità dei centri abitati costieri.

Infine il coinvolgimento dei privati dovrebbe essere sempre auspicabile sia in fase di finanziamento dell’opera che nella sua gestione. In proposito la Regione dovrà aprire una trattativa col ministero dei Trasporti e della Marina, cui compete la gestione del demanio marittimo portuale.

 3. Indubbiamente la rete della portualità turistica sarda necessita di una struttura regionale che ne promuova l’immagine, indicando la possibilità di percorrere rotte articolate tra le diverse infrastrutture, precisando per ognuna le potenzialità, i livelli di servizio e le opportunità di estensione del percorso nell’hinterland. Tale struttura dovrebbe assistere i concessionari dei singoli porti nella scelta delle forme di gestione e commercializzazione, che dovrebbero essere il più possibile omogenee.

In ogni caso le singole realtà portuali, anche in considerazione delle specificità di ogni infrastruttura, dovranno organizzare e gestire autonomamente il bene oggetto della loro concessione.

La struttura organizzativa, che dovrebbe avere la forma prevalente di agenzia regionale, dovrebbe inoltre fornire annualmente attendibile e dettagliate informazioni sul livello dell’offerta proposto da ogni singola infrastruttura, in modo da consentire alla Regione di premiare, con successivi investimenti, i porti che si saranno manifestati più attivi sul mercato.

 4. Non vi è dubbio che i margini di compatibilità tra l’esistenza dei parchi e delle riserve marine e il turismo nautico siano obiettivamente bassi.

Ciò vale particolarmente nel caso dei porti turistici esistenti ai margini della riserva in quanto, pur se è vero che il porto può costituire una base logistica per l’uso del parco, i diportisti hanno come meta principale proprio le isole e gli specchi acquei inseriti nel parco.

La tutela del mare e delle coste deve essere un obiettivo primario della nostra politica ambientale e, in tal senso, esistono forme, anche legate a leggi vigenti, che possono essere più facilmente adottate rispetto a quelle, estreme, della riserva.

In tal senso la creazione di nuovi parchi dovrà essere attentamente valutata in considerazione degli interessi di importanti settori della nostra economia, quali il diporto nautico, gli sport del mare e la pesca, che possono essere esercitati nel rispetto degli interessi prioritari dell’ambiente, senza ricorrere, necessariamente, all’istituzione dei parchi o delle riserve marine.

 

Silvestro Ladu, assessore regionale ai Lavori pubblici

Silvestro Ladu, assessore regionale ai Lavori pubblici 1. Diversamente da altre realtà del Mediterraneo, il sistema della portualità turistica in Sardegna è prevalentemente pubblico. Questo soprattutto per tre motivi:

– particolari condizioni orografiche di costa alta comportano la realizzazione di importanti e costose opere di difesa;

– gli imprenditori privati non hanno avuto particolare interesse per alcune specifiche localizzazioni (ad esempio, Buggerru, Villaputzu, Teulada) alla realizzazione delle opere collegate allo sviluppo di seconde case o rotazioni d’uso;

– l’Amministrazione pubblica ha investito in dotazione turistica, realizzando le opere primarie per una successiva facilitazione degli interventi privati, al pari di strade, acquedotti ed altre infrastrutture.

Altro elemento di diversità è la normativa italiana sul demanio marittimo. Infatti da noi il demanio marittimo non è cedibile e tutto ciò che si realizza nel sedime diventa di proprietà dello Stato. Peraltro è demandata alla Capitaneria (ministero dei Trasporti) anche la competenza amministrativa. La Regione Sardegna è unicamente delegata per le funzioni amministrative sul demanio turistico a fini ricreativi, con esclusione dei porti.

 2. Il notevole impegno finanziario della Regione nel periodo scorso è stato indirizzato alla realizzazione delle opere strutturali, oltre che degli arredi, di un sistema portuale a maglia tale da rendere possibile una navigazione lungo costa di piccole imbarcazioni da diporto. Quindi è da ritenersi questa una scelta strategica per lo sviluppo delle località costiere finalizzato al turismo. L’utilizzazione delle nuove risorse oggi disponibili, il cui programma sarà predisposto dall’assessorato del Turismo competente in materia, riguarderà sostanzialmente il completamento strutturale delle opere ancora non ultimate, demandando invece la realizzaione o il completamento degli impianti, arredi e servizi al gestore/concessionario del porto.

 3. È sicuramente da preferire una gestione di tipo privato. Le forme di gestione pubblica o mista (pubblica-privata) hanno comportato nel recente passato una serie di problematiche che non hanno consentito il decollo delle auspicate gestioni. A livello istituzionale, l’Assessorato troverà con le Capitanerie competenti le sinergie per l’affidamento in gestione di pacchetti di portualità, anche attraverso l’esecuzione di opere complementari, al fine di favorire una gestione di tipo economico che oggi per alcune realtà portuali non è possibile. Saranno gare di evidenza pubblica ad individuare i soggetti cui affidare le concessioni marittime, tenendo conto non solo delle offerte economiche ma anche di quelle ritenute più vantaggiose per la collettività valutando anche la capacità tecnico-operativa dei privati.

 4. La tutela dell’ambiente in questo tipo di utilizzo di risorse naturali è indispensabile. I vincoli del parco e delle riserve possono favorire un certo tipo di sviluppo, ma si rende necessario realizzare adeguate infrastrutture. D’altro canto gli strumenti progettuali e di studio, nonché le autorizzazioni e i nulla-osta necessari, trovano i giusti equilibri per la salvaguardia dell’ambiente ed il necessario sviluppo sociale.

  

Pietro Pittalis, assessore regionale alla Programmazione

Pietro Pittalis, assessore regionale alla Programmazione  1. Non c’è dubbio: il sistema della portualità in Sardegna ha bisogno di essere fortemente innovato, adeguato alle moderne necessità dei diportisti e messo in condizione non solo di competere con quello delle altre realtà europee, ma di essere all’avanguardia nel Mediterraneo. Abbiamo, infatti, un perimetro di coste la cui suggestiva bellezza è impareggiabile. Non credo di esagerare dicendo che neppure la Grecia, con tutte le sue isole, è in grado di offrire lo stesso prodotto. È evidente, però, che il circuito diportistico internazionale è diventato sempre più esigente ed a queste richieste di modernizzazione dobbiamo fare fronte.

 2. Si è trattato di un impegno finanziario cospicuo. Ho preso impegno con molti comuni costieri e con la maggioranza di provvedere a terminare, nell’ambito delle risorse del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006, il sistema portuale sardo. È evidente che non intendiamo rivolgerci solo al diportismo. Dobbiamo integrare un sistema misto ed efficiente che preveda: un paio di scali (penso uno al Nord ed uno al Sud dell’isola) in grado di sostenere il turismo di alto livello, dotati di moli per gli attracchi delle grandi navi da crociera che solcano il Mediterraneo; un sistema efficiente di porti commerciali che valorizzino la centralità della Sardegna nell’area di scambio del Mediterraneo; un sistema integrato di porti turistici di diversa natura: dai porti più grandi ed attrezzati in aree a forte richiamo turistico organizzato, a piccole darsene che favoriscano i settori turistici di nicchia. Penso al mondo velistico internazionale, alle gare sportive off-shore, alle mille manifestazioni che si organizzano nel circuito internazionale. Dobbiamo essere pronti ad un turismo diverso da quello che sempre abbiamo pensato, che duri ben più di due mesi l’anno.

3. Onestamente, quando sento parlare di nuove strutture mi spavento. Di tutto credo che abbiamo bisogno fuorché di appesantire un sistema amministrativo che deve essere, invece, svecchiato e alleggerito. Eppoi sarà lo stesso circuito dell’imprenditorialità turistica a creare strutture agili di raccordo, organizzazione e promozione. Il compito della parte pubblica è quello di mettere i sardi in condizioni di competere e di affrontare le sfide con i mercati europei ed internazionali. Al resto è opportuno siano i privati a pensare.

4. Non riesco a comprendere come sia possibile pensare che il turismo nautico disturbi l’ecosistema marino in condizioni ambientali come quelle della Sardegna. La Regione non è soltanto attenta, ma attentissima, a preservare l’equilibrio ecologico. Siamo consapevoli che quella è la nostra prima ricchezza e non abbiamo nessuna intenzione di perderla e, tantomeno, di danneggiarla o comprimerla. I parchi e le riserve marine sono aree che debbono essere integrate nello sviluppo. Proprio quello sviluppo sostenibile per cui lavoriamo. I pericoli per l’ambiente sono ben altri.

 

 Benedetto Barranu, presidente della Sfirs (Società finanziaria industriale per la rinascita della Sardegna)

 Benedetto Barranu, presidente della Sfirs (Società finanziaria industriale per la rinascita della Sardegna) 1. Rispetto alla Corsica (non conosco il Mar Egeo e la costa dalmata) il livello è buono, sia come numero di porti sia per quanto attiene ai servizi, un po’ meno per le distanze tra un porto e l’altro. La situazione è comunque in via di miglioramento: nel Golfo di Cagliari abbiamo Villasimius, Capitana, Marina Piccola, Su Siccu, Motomar, Perd’e Sali. Sulla costa sud orientale e centro-orientale con l’entrata in funzione di Porto Corallo e di Santa Maria Navarrese la situazione è molto migliorata. Resta un punto di debolezza, il Golfo di Orosei, perché l’approdo di Cala Gonone è praticamente inagibile per il diportista di passaggio. Da La Caletta in su direi che la situazione sarda è migliore di quella corsa sia in termini di posti barca che di servizi. Il nostro punto debole è la costa occidentale (non diversamente da quanto accade in Corsica sulla costa orientale), dove ragioni di maggiore sicurezza nella navigazione oltre che ragioni di sviluppo turistico suggerirebbero un incremento del numero degli approdi. Rispetto alla Corsica abbiamo prezzi mediamente più alti a causa della maggiore incidenza dei porti privati. Il livello dei servizi (assistenza all’ormeggio, prenotazioni, servizi a terra) in molti casi è superiore. Anche se è su questo fronte che occorre intervenire con maggiore incisività in Sardegna.

 2. La creazione di una rete di servizi adeguata porto per porto e integrata, laddove è possibile. Mi riferisco alle manutenzioni varie, al carburante, ai servizi a terra. In tal modo si contribuirebbe a creare uno standard minimo di qualità e si migliorerebbe l’offerta portuale complessiva.

 3. Una o più agenzie fra i porti sono un obiettivo inevitabile se si vuole passare ad una gestione imprenditoriale della risorsa portuale. In Sardegna, come del resto in Corsica, d’estate, dal 20 luglio al 20 agosto, non si trovano ormeggi disponibili. Durante il restante periodo dell’anno i porti sono in gran parte vuoti, eccetto quelli vicini ai maggiori centri urbani. Ciò significa che occorre definire una politica appropriata di offerta volta ad attirare i proprietari delle imbarcazioni del Nord Italia e del Centro e del Nord Europa, che magari lasciano le proprie imbarcazioni sulla costa francese o ligure per poi venire in Sardegna durante l’estate, convincendoli a tenere le proprie barche tutto l’anno nei porti sardi.

Quanto alla forma preferirei una gestione di tipo privatistico, anche se, almeno nella fase iniziale, sono assolutamente necessarie forme di finanziamento pubblico per avviare una valida attività promozionale e aggregativa.

4. Il bene ambientale deve essere tutelato garantendone la fruizione attraverso appropriate regole, non vietandone l’utilizzo. Condivido una politica dei parchi e delle riserve di tipo conservativo e non museale, gestita dalle amministrazioni locali e non da enti parco nominati dal governo, che abbia come obiettivo una gestione corretta dell’ambiente marino e introiti economici alle comunità locali che hanno consentito, preservando il proprio ambiente naturale per secoli, di farlo conoscere anche a noi agli inizi del 2000.

 

 Paolo Vitelli, presidente dell’Ucina (Unione nazionale Cantieri e Industrie nautiche ed affini)

 Paolo Vitelli, presidente dell’Ucina (Unione nazionale Cantieri e Industrie nautiche ed affini) 1. Tra le coste della Sardegna e le altre aree ricordate c’è una differenza sostanziale per quanto riguarda la fruibilità per il turismo nautico. La portualità turistica della Sardegna, indipendentemente dalle sue caratteristiche qualitative, è distribuita in modo estremamente disomogeneo, tanto da lasciare quasi completamente scoperte le coste di levante e di ponente.

Inoltre, la possibilità di trovare servizi di buon livello, confrontabili con quelli dei porti della Corsica o della Croazia, è limitata ai porti privati del nord-est e a pochi altri casi isolati. Nello stesso tempo manca una rete di piccoli porti pescherecci o commerciali simile a quella dell’arcipelago greco, che garantiscono comunque una possibilità di ormeggio in tutti i suoi punti significativi.

 2. A giudicare dai risultati, la politica degli investimenti della Regione Sardegna per i porti turistici non ha dato risultati soddisfacenti. Le analisi sviluppate in sede Ucina fanno ritenere che nell’isola sia stato pesantemente sottovalutato il problema della commercializzazione dei posti barca: in effetti il mercato locale non ha le dimensioni sufficienti per creare una domanda adeguata e la ricerca di una clientela estera non è possibile se non nell’ambito di un sistema portuale che dedichi all’attività commerciale delle risorse importanti.

Per quanto riguarda le residue disponibilità finanziarie, una cifra attorno ai 35 miliardi può solo permettere il completamento di alcuni tra i porti in più avanzato stato di costruzione, con la raccomandazione che i finanziamenti siano erogati solo quando ciò permetta l’effettiva messa in esercizio dei porti stessi. Quanto al coinvolgimento di operatori privati, l’esperienza sembra indicare che una loro significativa partecipazione al finanziamento di infrastrutture portuali sia poco plausibile, se non nell’ambito di operazioni immobiliari che includano volumi importanti di costruzioni a terra. Ciò non toglie che un ruolo importante possa essere affidato a privati, in particolare a cooperative locali, nella gestione dei porti regionali.

 3. La creazione di una rete di porti capace di presentarsi al mercato in forma unitaria, è vista in Ucina come essenziale per lo sviluppo del turismo nautico nell’intero Mezzogiorno, tanto da porla come uno dei cardini della proposta dell’Associazione per un piano di intervento sulla portualità turistica del sud e delle isole. L’Ucina ritiene infatti che solo con un approccio di questo tipo sia possibile arrivare a dei risultati soddisfacenti per quanto riguarda l’acquisizione di una clientela quantitativamente e qualitativamente soddisfacente.

Da notare che nel piano Ucina è stata recepita l’ipotesi, formulata negli anni scorsi proprio in Sardegna in uno studio per la costituzione di un’Agenzia regionale dei porti turistici, di instaurare un rapporto di franchising tra il soggetto responsabile della rete e i gestori dei singoli porti. Questa formula pare infatti la più adatta per garantire che a una politica commerciale unitaria si possa abbinare la massima flessibilità in tema di modi di gestire i singoli porti.

4. La tutela dell’ambiente dovrebbe rappresentare un elemento obbligato in una politica di sviluppo del turismo in termini sostenibili. Questo vale anche nel caso del turismo nautico e conseguentemente nella tutela dell’ambiente marino: conseguentemente anche dal punto di vista dell’utenza nautica non si può che appoggiare l’istituzione di aree protette nei punti più significativi delle nostre coste.

I problemi reali emergono quando si esaminano le regolamentazioni che vengono introdotte per il governo di parchi e riserve marine, che spesso si riducono ad una serie di divieti e di limiti a carico della navigazione da diporto. Questo modo di procedere non sembra tener conto dell’evoluzione in corso sia nella costruzione, sia nell’utilizzazione delle imbarcazioni, che tende a ridurre progressivamente gli effetti inquinanti delle stesse.

In ogni caso, un esame comparato con i criteri adottati in altri paesi per la protezione dell’ambiente marino sarebbe altamente auspicabile, anche per arrivare a un’armonizzazione della normativa su scala europea, a tutto vantaggio dell’applicabilità stessa delle norme.

 

Sergio Piras, amministratore delegato della Numera spa - Sistemi e Informatica (gruppo Banco di Sardegna), che ha realizzato il software “Argos” per la gestione dei porti turistici in rete

1. In termini di numero e dimensione di strutture portuali esistenti, la Sardegna è da considerarsi privilegiata e del tutto in vantaggio rispetto ad altri territori. Alcune di queste strutture sono anche eccellenti per quanto riguarda la qualità dei servizi. Ma in generale può dirsi che si è rimasti ai “muri”, che è un po’ poco per rendere i porti ospitali. Le generali carenze nella qualità dei servizi e i costi troppo alti per raggiungere la Sardegna costituiscono un handicap grave che produce una bassissima occupazione media dei posti barca. Il risultato è che in estate si sta il meno possibile in porto, mentre si preferisce sostare in rada, e in inverno la barca è ormeggiata altrove. A questo punto il vantaggio è perso.

2. La Regione ha effettuato un’opera meritoria, lungimirante e di grande prospettiva strategica. Ma, come detto, i “muri” non bastano. Il risultato dei suoi grandi sforzi si concretizza troppevolte in cattedrali deserte nel deserto. La Regione dovrebbe compiere l’ultimo sforzo – fortunatamente molto meno impegnativo – per incentivare il miglioramento dei servizi e abbattere i costi dei gestori e degli utenti. Basterebbe un programma triennale/quinquennale di incentivi per innescare un ciclo virtuoso che farebbe certamente decollare il sistema, rendendolo stabile, affermato e autonomo.

3. La Regione, per i suoi compiti di programmazione e per la disponibilità dei fondi necessari, ha un ruolo fondamentale per il definitivo sviluppo della portualità turistica e dell’indotto, sopra tutto per quanto riguarda occupazione e produzione di ricchezza. L’attivazione di una struttura dedicata allo sviluppo del comparto è indispensabile e quindi urgente la sua creazione. La forma più indicata appare quella di una società pubblico-privata, alla quale siano incentivati (direi obbligati) a partecipare, oltre alla Regione, i Comuni costieri e i gestori privati di porti, e nella quale sia particolarmente forte la responsabilità dei soci per quanto riguarda risultati e gestione. In una prima fase la Società avrebbe guida pubblica e dovrebbe coordinare il “Programma triennale o quinquennale”, attraverso la promozione, l’incentivazione, il miglioramento dell’organizzazione dei servizi, la creazione del sistema portuale (rete di porti). Nella seconda fase, con guida privata, la Società si dovrebbe occupare prevalentemente di promuovere il sistema, di sviluppare e assicurare/garantire l’organizzazione e la qualità dei servizi, di fornire servizi di sistema all’utenza.

4. I porti turistici non disturbano l’ambiente, spesso lo rendono più bello ed ecologicamente fruibile. Il turismo nautico non sporca, o sporca molto meno delle altre forme di turismo. Per parchi e riserve il problema principale appare quello di poter gestire, regolare e controllare le presenze, rendendo così accessibili queste aree protette, senza però esporle allo stesso tempo ad una eccessiva pressione di turisti. Problema certo di non facile soluzione, ma che potrebbe trovare risolutive misure attraverso il ricorso a strumenti tecnologici e informatici.

 

Giuseppe Carlini, amministratore delegato della società Novamarine di Olbia (produzione imbarcazioni in gomma), componente del Consiglio direttivo dell’Ucina (Unione Cantieri e Industrie nautiche ed affini, aderente a Confindustria)

 1. Come numero di porti turistici la Sardegna è all’avanguardia. È un grosso peccato che quelli efficienti siano anche molto costosi. Gli altri, quelli a buon mercato, sono assolutamente inefficienti e malgestiti. Bisogna seguire l’esempio della Corsica e della Croazia (Costa dalmata): prezzi giusti e buona qualità dei servizi.

 2. 454 miliardi non certamente spesi bene. Come mai? Ora bisognerebbe cercare di rimediare almeno in parte ai recenti errori utilizzando bene le disponibilità residue. I privati devono essere i protagonisti di un nuovo sviluppo economico e sociale, con una produzione, anche attraverso l’indotto, di ricchezza reale, non fittizia.

3. Sì. Agenzia regionale con ruolo predominante dei privati.

 4. Certamente. Si veda, ad esempio, come è possibile la convivenza di parchi e turismo negli Stati Uniti, in Francia, in Grecia, in Dalmazia.

  

Antonio Melis, direttore generale dell’Esit (Ente sardo industrie turistiche)

 1. Sicuramente insufficiente. Nonostante gli sforzi che Regione, ma anche Comuni e privati, hanno compiuto negli anni scorsi per la realizzazione di una serie di porti turistici, la nostra offerta si presenta inadeguata. Inadeguata innanzi tutto rispetto al nostro perimetro costiero, lungo il quale fra un approdo e l’altro intercorre spesso una distanza eccessiva; inadeguata poi anche in termini di servizi, di organizzazione e di efficienza; ma soprattutto inadeguata in rapporto alla concorrenza (agli esempi citati nella domanda aggiungerei la sostanziosa capacità di offerta di altre località del Mediterraneo, quali Malta, le coste spagnole, le Baleari).

Nel turismo moderno, in cui l’offerta turistica complessiva è fondamentalmente caratterizzata dalla competitività, questo è un gap che la Sardegna ha assoluto bisogno di colmare. Non sfugge l’importanza del turismo nautico non solo per qualificare e potenziare l’offerta estiva ma anche e soprattutto per allargare la stagione, con le intuibili ricadute in termini di reddito e occupazione.

 2. Il coinvolgimento dei privati appare oggi strategico se si vuole completare il discorso dei porti turistici. Così come in tutti i progetti riguardanti le grandi opere pubbliche, anche nel nostro caso le risorse pubbliche – che di per sé sarebbero insufficienti – devono essere utilizzate per stimolare e integrare la raccolta di capitali privati, ai quali affidare la realizzazione e la gestione controllata delle opere.

La filosofia del project financing, che si è imposta negli ultimi anni in tutti i settori delle opere pubbliche, ha buone possibilità di successo in un comparto, come quello dei porti turistici, in cui la gestione delle opere può avere immediati e consistenti ritorni di profitto.

 3. Non credo che in questo momento sia necessario pensare a una struttura regionale. Si potrebbe partire con un consorzio tra i porti, o comunque con una intesa tra i vari enti gestori, capace di mettere in campo e sfruttare al massimo tute le possibili sinergie. E anche qui, come ho detto prima, ritengo che occorra lasciare molto spazio alla capacità di iniziativa e alla agilità del privato.

 4. Ritengo proprio di sì. Quando penso al turismo nautico penso più alle barche a vela (cosa c’è di più compatibile e connaturato con l’ambiente?) che a quelle a motore. Comunque è ovvio che dentro i parchi e le riserve il traffico delle imbarcazioni a motore dovrà essere assoggettato a un minimo di vincoli, come accade peraltro in tutto il resto del mondo.

  

Italo Ferrari, presidente dell’Autorità portuale di Cagliari

 1. La difficoltà di “vendere” l’offerta di portualità turistica della Sardegna sta principalmente nel fatto che i non numerosi porti turistici esistenti non costituiscono in realtà un sistema capace di attrarre consistenti quote del mercato del diportismo nautico nazionale ed internazionale.

 2. L’impegno finanziario del bilancio regionale, sicuramente cospicuo, deve avere come sfondo un progetto di sistema che possa essere venduto in una logica di marketing territoriale regionale.

L’inserimento del capitale privato, in un quadro ancora tutto da definire, diventa perciò decisivo non soltanto in termini di apporto finanziario ma come arricchimento di capacità e poteri manageriali, in quanto inserisce nel contesto le necessarie competenze specialistiche

 3. Secondo le linee di fondo espresse nelle prime risposte è necessario promuovere il livello regionale del sistema dei porti turistici, all’interno del quale, tuttavia, ogni scalo accentuerà le sue caratteristiche di localizzazione e le proprie peculiarità.

È perciò opportuno che si costituisca un’agenzia regionale dei porti turistici promossa e partecipata dalla Regione e aperta all’inserimento di soggetti esterni, istituzionali o economici.

L’Autorità portuale di Cagliari è pronta a dare il proprio contributo in termini di esperienza manageriale ma anche in quanto il suo Piano regolatore prevede la realizzazione di un porto turistico dotato di tutti i servizi per l’assistenza alla nautica e capace di accogliere fino a mille posti barca di dimensioni anche di trenta metri di lunghezza.

Il Piano regolatore prevede inoltre una destinazione d’uso turistica per le banchine prospicienti la via Roma.

 4. La normativa vigente in materia fornisce già un ottimo strumento attraverso il quale, diciamo così, “darsi delle regole”, in modo tale che ogni risorsa naturalistica possa costituire occasione di sviluppo e valorizzazione, posto che venga correttamente valutato “il tasso di delicatezza e di pericolosità” e gli interventi proposti risultino compatibili con l’obiettivo della salvaguardia ambientale.

La programmazione europea parla di sviluppo sostenibile, estendendolo anche al settore dei trasporti e ad altri piani di settore: la sostenibilità deve però avere significato concreto e poggiare pertanto su una conoscenza sufficientemente approfondita dei meccanismi interni dei sistemi ecologico-ambientali.

Si fa presente, a tale proposito, che l’Autorità portuale di Cagliari ha promosso, con il gruppo internazionale di ricerca Battelle ed il consorzio Innova, la costituzione del consorzio di monitoraggio Eco Harbour, avente per scopo la salvaguardia del sistema portuale complesso (acqua-aria-terra) per arrivare, attraverso il progetto e lo sviluppo di tecnologie gestionali dei problemi ambientali, all’obiettivo di una modellizzazione del sistema territoriale e alla sua certificazione di qualità, anticipando in tal senso la stessa legislazione europea che in questa direzione sta recentemente muovendo i primi passi.

  

Gianfilippo Arlotta, amministratore delegato della Saromar srl, che ha realizzato il porto turistico di Capitana e che gestisce gli approdi di Perd’e sali e Portoscuso

 1. La Sardegna dispone di 45 porti turistici (di cui 15 privati) per un totale di 12 mila posti barca, quando gli scali saranno tutti completati ed utilizzati. Il che significa un posto ogni 150 abitanti, pari a quattro volte la media nazionale: un’offerta superiore alla richiesta. Di fatto però i porti sono mal distribuiti e soprattutto costruiti in funzione di volontà politiche che non hanno tenuto conto della logica di mercato. Per esempio, ad una rete di porti turistici principali inseriti in un contesto urbano importante (ma sempre con un capienza singola massima di 5-600 posti barca) dovevano essere intervallate strutture di rifugio e transito (con 250 posti barca) per permettere il collegamento tra nord e sud Sardegna. La realtà è ben diversa: dei 30 porti costruiti con denaro pubblico molte sono le “cattedrali” non gestite perché oltre che incompiute, risultano economicamente ingestibili.

 2. Trentacinque miliardi per un trien­nio sono nulla in confronto alle necessità per rendere giustificabili gli investimenti già fatti. Occorre assolutamente dare precedenza al completamento delle strutture non ultimate. Il privato deve essere coinvolto per stabilire le priorità che devono privilegiare i porti che hanno una redditualità ed un bacino di utenza maggiore. Non sarà facile, ma le scelte non dovranno essere dettate da opportunità politiche, per evitare investimenti per strutture che mai potranno contare su una redditività apprezzabile, che giustifichi insomma la spesa.

 3. Una struttura promozionale e commerciale che tuteli l’interesse di tutti i porti turistici gestiti o gestibili è assolutamente necessaria. La struttura dovrà essere composta, in gran parte, dalla associazione dei gestori, siano essi privati che “misti” i quali potranno essere coordinati da una agenzia regionale. Pertanto il ruolo dei privati dovrà essere primario. A questo proposito, è opportuno chiarire il concetto che “pubblico interesse” riferito ai porti turistici non significa affatto gestione pubblica in quanto affidata ad ente pubblico. Si è evidenziata anzi la cronica incapacità di quest’ultimo di gestire attività imprenditoriali. E solo in parte ed in alcuni contesti tale incapacità può essere stemperata con la formazione di società “miste”. Quindi organismo associativo privato, coordinato da una agenzia regionale “super partes” che porti il turismo nautico sardo ai livelli che merita nel contesto del Mediterraneo occidentale e che coinvolga tutti gli Assessorati interessati.

 4. Il problema ambientale non si pone, se non nella mente di alcuni pseudo ambientalisti precocettualmente avversi ad ogni realizzazione, se i porti sono dimensionati come esposto al punto 1, ove le maggiori strutture sono previste in aree urbane parzialmente già compromesse (dove ne migliorano anzi il paesaggio, come avviene, ad esempio, con Marina di Capitana), ed i porti turistici di “transito” sono situati naturalmente in zone costiere vergini, dove ben si inseriscono per le loro ridotte dimensioni e la loro localizzazione è giustificata da ragioni di sicurezza. Si devono invece fissare le dislocazioni dei parchi, ove vanno evitati casi come Villasimius che ritengo non giustifichi assolutamente i suoi 750 posti barca.

 

 Alberto Floris, presidente dello Yacht Club di Cagliari

 1. Il sistema della portualità turistica della Sardegna si divide in tre zone: la parte settentrionale dell’isola, con una dotazione di scali che può essere considerata di ottimo livello; mentre il centro e il sud della Sardegna denotano gravi carenze, come, ad esempio: la mancanza di un porto turistico a Teulada; i lavori non portati a termine a Porto Corallo; l’insufficienza di ormeggi a Carloforte; la scarsa sicurezza del porto di Buggerru; l’insufficienza complessiva di posti barca nei porti turistici di Cagliari.

Sarebbe auspicabile la creazione di un Marina nel porto commerciale di Cagliari, in contatto con la città, come nelle isole Baleari, nella Costa dalmata e in Corsica, regioni che traggono gran beneficio dal turismo nautico.

 2. La disponibilità residua di fondi per il quadriennio 1998-2001 è insufficiente per rendere funzionanti e operativi 36 porti. Molti di questi scali, sopra tutto nel sud dell’isola, hanno una scarsa dotazione di importanti strutture (gru, officine di riparazione, negozi di attrezzature nautiche, associazioni sportive).

Nella destinazione della spesa dei fondi per lo sviluppo del settore dovrebbero comunque essere coinvolti anche i circoli nautici e gli imprenditori privati.

 3. Per lo sviluppo della portualità turistica in Sardegna si dovrebbe istituire un consorzio tecnico-commerciale di tutti i porti collegati fra loro per la ricezione e lo smistamento dei diportisti, per la promozione dell’immagine e della capacità ricettiva del sistema portuale della Sardegna. Questo consorzio dovrebbe essere finanziato e gestito da privati e associazioni sportive.

 4. Nei parchi e nelle riserve marine l’accesso dovrebbe essere riservato alle imbarcazioni a vela rispondenti alle normative comunitarie relative ai raccoglitori dei liquami. La sosta nelle cale e insenature dovrebbe essere riservata alle imbarcazioni fornite di autorizzazione per l’utilizzo dei gavitelli predisposti dai gestori dell’Ente parco.

  

Virginio Locci, sindaco di Sant’Antioco

 1. Insufficiente e sottodimensionata.

 2. Le risorse attualmente disponibili dovrebbero essere impegnate nei porti già attivi ma bisognevoli di ulteriori interventi per la loro piena funzionalità.

 3. Sì. Associazioni fra i porti.

 4. Sì, del tutto compatibile.

 

 Paolo Canepa, amministratore delegato della Seastars srl, che gestisce il porto turistico di Sant’Antioco

 1. Il sistema della portualità turistica della Sardegna, se si esclude la parte del nord-est, è ancora insufficiente e, soprattutto, approssimato. Pertanto, in questo momento, ritengo che sia impari qualsiasi raffronto con la portualità turistica di importanti paesi del Mediterraneo, avvantaggiati da opportune pianificazioni ed anni di esperienza. Ritengo, però, che questa disparità nasca dal fatto che la portualità turistica della Sardegna abbia appena superato la fase iniziale. C’è tanto da fare, ma con serio impegno e buon coordinamento si potranno raggiungere grandi traguardi, anche in tempi relativamente brevi. La posizione stessa della Sardegna al centro del Mediterraneo aiuterà tantissimo.

 2. L’impegno della Regione Sardegna a favore degli approdi e dei porti turistici è stato veramente notevole. È vero, però, che molte strutture sono ancora incomplete. Il porto turistico di Sant’Antioco è il classico esempio. È stato realizzato uno scalo che gli esperti hanno definito “un fiore all’occhiello” per la cittadina. La struttura però, nelle attuali condizioni, denuncia gravi limiti che ne condizionano le possibilità di sviluppo e, nello stesso tempo, frenano anche la crescita turistica complessiva del territorio di Sant’Antioco. Con un modesto investimento, da realizzarsi nello spazio di due/tre anni, con inizio immediato, la Regione Sardegna dovrebbe completare la struttura con la messa in opera dei pontili galleggianti necessari per raggiungere un’offerta di 350/400 posti barca. Ciò che invece condiziona non soltanto lo scalo ma lo sviluppo turistico di Sant’Antioco deriva da due fattori. Il primo è costituito dalla presenza del ponte che unisce l’isola alla terraferma. Si tratta di una struttura che ha una luce di solo 8 metri, tanto da limitare, se non pregiudicare, il passaggio delle barche a vela. È un manufatto che deve essere al più presto sostituito da un tunnel. Il secondo fattore è la parziale ostruzione del canale che attraversa la laguna fino a “Punta Trettu”. L’inconveniente potrebbe essere annullato dragando il fondo e segnalando adeguatamente la presenza del canale stesso. Lasciare irrisolti o ritardare la soluzione di questi problemi potrebbe significare che lo sviluppo turistico di Sant’Antioco è solo un’utopia.

 3. Ritengo che per lo sviluppo e, aggiungo, l’efficienza della portualità turistica in Sardegna, sia indispensabile il collegamento diretto fra tutti i gestori. L’istituzione di una struttura promozionale e commerciale per tutti i porti – e non per parte di essi – è auspicabile. In che modo fare ciò? È un quesito che meriterebbe un momento di riflessione. Potrebbe, comunque, costituire una buona soluzione l’istituzione di un’agenzia per il coordinamento delle attività dei porti turistici sardi, della quale dovrebbero far parte Regione e gestori degli scali.

 4. Ritengo che una buona gestione dei porti turistici possa essere di valido aiuto allo sviluppo del turismo nautico che, interpretato con intelligenza, può diventare un valido elemento educativo per la tutela dell’ambiente marino.

 

Giampaolo Algisi, sindaco di Buggerru

 1. Il porto turistico di Buggerru è ancora in costruzione, per cui non sono state ancora affrontate nella loro complessità tutte le problematiche derivanti dalla fruibilità della struttura. Anche il raffronto dei vari sistemi non ha avuto modo di essere attuato se non a livelli estremamente generici e poco professionali. Se si eccettuano i porti della Costa Smeralda, si ha la netta sensazione di essere anni luce distanti da quella che è la realtà degli altri porti, specialmente di quelli francesi.

 2. Dobbiamo dare atto dell’impegno profuso nella realizzazione del porto di Buggerru da parte della Regione. Riteniamo che l’utilizzazione dei fondi relativi al quadriennio 1998/2001 dovrebbe essere prioritariamente indirizzata a rendere operative quelle realtà che, seppure ultimate, necessitano di interventi mirati a favorire la diffusione e lo sviluppo della nautica.

 3. È indispensabile per lo sviluppo della portualità turistica sarda la costruzione di una associazione dei porti sardi con la regia della Regione. Nel nostro piccolo ci siamo già mossi in tal senso raccordandoci con i porti limitrofi di Oristano e di Portoscuso, ma è chiaro che l’intesa è assai circoscritta per cui i benefici sono assai limitati.

 4. La risposta non può essere un semplice sì oppure un no. La complessità delle problematiche relative all’ambiente richiedono un’attenta valutazione delle peculiarità del settore nautico e di quello ambientale. Si ritiene che ambedue possano convivere e integrarsi vicendevolmente, se vengono messi da parte preconcetti e giudizi frettolosi, ma soprattutto, se viene accantonato quel sacro furore che promana da ogni pronuncia emessa dai vari gruppi che si ergono a difensori della natura, quando si deve realizzare un qualsivoglia progetto.

  

Giovanni Oppo, presidente della Marine oristanesi srl, che gestisce il porto turistico di Torregrande (Oristano)

 1. Non si ritiene che allo stato attuale si possa parlare di “sistema”, poiché vi sono realtà ben funzionanti e produttive ed altre incompiute, non gestite e non integrate.

 2. Le linee direttive per l’utilizzo degli approdi turistici regionali dovrebbero essere indirizzate prevalentemente al completamento e miglioramento delle strutture portuali esistenti. I privati devono essere coinvolti nella gestione delle strutture per apportare spirito di imprenditorialità e redditività nell’intervento.

 3. Riteniamo che sia indispensabile la creazione di una struttura promozionale e commerciale comune nella forma del consorzio, per responsabilizzare maggiormente i suoi componenti. In quest’ottica la nostra società Marine oristanesi ha verificato la disponibilità alla creazione di una struttura similare da parte di diversi porti della costa occidentale della Sardegna.

I privati devono assumere un ruolo importante e, se possibile, devono far parte di tutti gli organismi gestionali dei porti turistici per ottenere snellezza operativa e redditività.

 4. Si ritiene compatibile lo sviluppo del turismo nautico con la tutela ambientale perché con investimenti modesti si possono migliorare dal punto di vista dell’ambiente anche i porti turistici, eventualmente con diversi gradi di “attenzione”. Il nostro porto, per esempio, che confina con l’area marina protetta Sinis-Maldiventre, ha già commissionato un progetto per il riciclo delle acque, la realizzazione di vasche di decantazione dei liquidi di sentina ed il relativo collegamento alla rete fognaria.

  

Silvano Cadoni, sindaco di Bosa

 1. Il sistema della portualità turistica sarda prima di potersi confrontare con altre realtà ha bisogno di un importante lavoro di coordinamento fra gli enti pubblici delegati alla infrastrutturazione portuale e i privati partner ideali nel pubblico per la gestione delle strutture stesse.

 2. L’utilizzo dei fondi a disposizione della Regione Sardegna per gli approdi turistici dovrà essere mirato a chiudere la catena dei porti turistici sardi con gli anelli mancanti (vedi tratto Oristano-Alghero e Buggerru-Oristano). Peraltro segnalo che le opere di difesa a mare della foce del fiume Temo, che renderebbero ideale il porto fluviale turistico di Bosa, sono già state finanziate con 15 miliardi attraverso i Piani integrati d’area, e sono in fase di elaborazione i progetti esecutivi.

 3. Ritengo sia determinante per lo sviluppo della portualità turistica dell’isola la costituzione di un’agenzia regionale costituita dai sindaci dei comuni costieri sedi di porto turistico con l’apporto sostanziale degli operatori privati, nella veste di gestori diretti delle strutture.

4. Faccio riferimento al modello di sviluppo programmato per la nostra città. I quaranta chilometri di costa del nostro comune verso Alghero resteranno assolutamente incontaminati da volumetrie o stravolgimenti di qualunque genere. I visitatori, partendo da tutte le strutture ricettive presenti nel territorio del comune di Bosa, potranno godere dell’ambiente percorrendo tutto l’itinerario con le proprie imbarcazioni.

 

Sergio Saba, amministratore unico della Porto Conte srl (Alghero)

 1. Considero il sistema dei porti turistici della Sardegna sufficiente come numero se raffrontato a quello delle altre regioni menzionate nella domanda, ma carente dal punto di vista organizzativo: molti dei nostri porti, infatti, pur avendo una potenzialità superiore agli scali di altre regioni, non vengono sfruttati perché incompleti.

 2-3. I fondi destinati dalla Regione dovrebbero essere equamente divisi fra pubblico e privato ed utilizzati per il completamento di quelli già esistenti in maniera da offrire un servizio di prima qualità a prezzi concorrenziali. Questo si può facilmente ottenere fornendo i porti già in essere, che, fra l’altro, sono siti in punti strategici sia ad ovest che ad est, a nord e a sud, di infrastrutture e personale specializzato. Non ultimo un’agenzia di coordinamento regionale dove si indichino le linee uniformi da seguire, dove il privato non venga penalizzato dai maggiori costi di gestione.

 4. Non credo che il turismo nautico sia incompatibile con la tutela dell’ambiente. Specialmente in questi ultimi anni i diportisti sono molto più sensibili alla salvaguardia del patrimonio naturale, rispettando le norme che vengono impartite di volta in volta. Infatti moltissimi clienti del nostro porticciolo prima della stagione si informano sui divieti e quant’altro sia necessario sapere per la conservazione del patrimonio naturale.

 

 Enzo Vitale, presidente del Circolo nautico Torres (Stintino)

 1. Negli ultimi anni il sistema portuale turistico sardo è notevolmente migliorato, allineandosi a quelli della Corsica e della Costa dalmata (non ho conoscenza diretta dell’Egeo). Ritengo tuttavia di dovere mettere in rilievo due aspetti negativi del settore:

– la non corretta localizzazione in Sardegna di alcuni interventi (vedi ad esempio Castelsardo e Isola Rossa), troppo vicini e con scarsa urbanizzazione dell’entroterra; va considerato infatti che il diportismo nautico si sposta da scalo a scalo, con tappe ottimali tra le 25 e 35 miglia, un aspetto questo attentamente considerato sia in Corsica che in Costa Azzurra;

– in certi casi, finanziamenti di scarsa rilevanza, con conseguente irrazionale utilizzo delle risorse e, inoltre, mal distribuiti, mentre, a mio parere, sarebbe più utile una certa concentrazione che potrebbe consentire di ultimare, o quasi, una struttura per volta.

 2. Riallacciandomi a quanto detto, le direttive dovrebbero prevedere l’utilizzo dei fondi a favore di approdi incompleti o addirittura inutilizzabili su tratti di costa poco serviti (vedi ad esempio Bosa, tra Alghero e Oristano). Il ruolo dei privati può essere determinante solo a fronte di operazioni immobiliari alle spalle della struttura portuale e per tempi di concessione necessariamente lunghi.

 3. Ritengo utile la costituzione a livello regionale di una struttura promozionale e commerciale comune. Per agilità operativa vedrei la costituzione di un consorzio, con partecipazione anche dei privati e di rappresentanza regionale con compito di coordinamento e di informazione.

 4. Occorre fare chiarezza sul fatto che la tutela dell’ambiente, al di là delle assurde limitazioni che vorrebbero essere imposte da una frangia di “integralisti”, non solo è compatibile con lo sviluppo del turismo, nautico e non, ma è funzionale allo stesso. Quale migliore fruitore di un parco o riserva marina del diportista nautico? Che senso ha tutelare l’ambiente e sottrarre le zone di maggiore interesse all’uso? È evidente che tutto ciò deve avvenire con le opportune regole e controlli, come peraltro avviene nei parchi e riserve in Corsica, Costa Azzurra, Baleari, Dalmazia ecc.

 

 Matteo Santoni, assessore ai Servizi portuali del comune di Castelsardo (Sassari)

 1. Il sistema della portualità turistica della Sardegna si trova attualmente in una fase di transizione rispetto a quella di altre regioni del Mediterraneo. La Corsica, le isole del Mar Egeo e la Costa dalmata si trovano in uno stadio operativo che può essere preso a “modello”. Non esiste infatti nell’isola un “modello sardo” per quanto riguarda il sistema della portualità turistica, poiché, a parte alcune eccezioni, ciascun marina può essere considerato come una realtà a sé stante.

 2. Le linee direttive per l’utilizzazione dei fondi regionali ancora disponibili dovrebbero prevedere il potenziamento di tutto ciò che è legato ai servizi che un porto turistico dovrebbe essere in grado di offrire (stazioni di rifornimento carburanti, servizi igienici, lavanderie ecc.), coinvolgendo in questo ambito anche i privati.

 3. Una struttura promozionale comune abbatterebbe sicuramente i costi pubblicitari e permetterebbe di rendere più agevoli gli obiettivi comuni. Tale struttura potrebbe essere prevista sotto una forma consortile con una partecipazione privata costituita da tecnici del settore.

 4. Sicuramente qualche rischio in questo senso si pone per il fatto che buona parte dei “marinai della domenica” non hanno una cultura del mare. Sarebbe auspicabile quindi una massiccia campagna di sensibilizzazione in questo senso, supportata da controlli preventivi più accurati da parte delle autorità preposte.

 

 Giovanni Antonio Nicoli, sindaco di Santa Teresa di Gallura

 1. Non credo che in Sardegna si possa parlare di un “sistema di portualità turistica”, quanto di un certo numero di strutture, realizzate per la maggior parte con fondi pubblici, solo in parte efficienti, soprattutto a causa di carenze gestionali e di una mancata programmazione che interessi l’intero territorio.

 2. Lo stanziamento dovrebbe essere finalizzato all’efficienza delle strutture esistenti, non solo in termini “strutturali” ma soprattutto per la qualificazione del personale, la promozione e l’eventuale valorizzazione dei servizi connessi ai porti (cantieristica ecc.). Santa Teresa di Gallura è in attesa del finanziamento per la realizzazione di un’area, nelle vicinanze dello scalo, da utilizzare per la cantieristica navale (riparazioni, costruzioni, allestimenti) con una ricaduta occupazionale di 80 unità. Sono previsti investimenti privati (20 miliardi), e pubblici (3,5 miliardi da parte della Regione, 1 miliardo dal Comune). Il progetto rientra in un finanziamento previsto dai Piani integrati d’area ancora bloccato in Regione. L’intervento dei privati deve essere considerato in termini d’apporto di capitali o di “conoscenze professionali”. Non si può pensare che il privato subentri nella gestione di una struttura realizzata dal pubblico senza produzione di investimenti.

 3. Sicuramente è indispensabile. Abbiamo così tanto creduto nell’idea che, con i porti di Palau, Castelsardo, Alghero, è stata costituita (promossa da Santa Teresa di Gallura) una “rete dei porti”. L’obiettivo, con l’allargamento della rete a tutti i porti sardi, sarà quello di poter rendere incisiva e proficua l’azione promozionale per l’intero territorio isolano e favorire lo sviluppo mediante la formazione del personale. Crediamo che i porti debbano essere la porta d’accesso al territorio, proponendosi in termini di validità e varietà del servizio offerto al turista nautico. Il ruolo dei privati, se operatori, sarà paritario rispetto al pubblico.

 4. Una corretta pianificazione degli interventi consente la convivenza di fruibilità e protezione ambientale. Santa Teresa di Gallura è all’interno del Parco marino internazionale delle Bocche di Bonifacio ed è allo studio la realizzazione della riserva marina di Capo Testa e Punta Falcone.

 

 Sebastiano Pirredda, sindaco di Palau

 1. È difficile considerare attualmente la situazione dei porti sardi come un “sistema” di portualità turistica. Siamo, infatti, in presenza di realtà completamente diverse tra loro, sia nella concezione che nelle modalità di gestione, che difficilmente interagiscono. Molte di queste strutture spesso non funzionano per carenze gestionali o per scarsa promozione, o per un errata ubicazione degli stessi scali. In ogni caso, siamo ancora lontani dal poter offrire un vero e proprio sistema di portualità turistica. Oltre agli esempi citati nella domanda, come termine di paragone indicherei anche il sistema della Costa Brava, in Spagna.

2. È indubbio che l’impegno della Regione nel periodo 1982-1997 sia stato piuttosto forte per ciò che concerne gli investimenti a favore della portualità. L’attuale stanziamento, a mio avviso, dovrebbe essere indirizzato verso la riqualificazione dei porti esistenti sia in termini strutturali che di formazione professionale. Ritengo che il privato non possa intervenire direttamente nella gestione dei porti realizzati dal pubblico se non con partecipazione di capitali indirizzata allo sviluppo dell’indotto.

 3. È fondamentale, per poter offrire un prodotto di buon livello consono alle richieste di mercato, attuare una strategia di questo tipo. Ci siamo mossi in questa direzione realizzando con i porti di Santa Teresa Gallura, Castelsardo e Alghero, la “Rete dei porti”, il cui obiettivo primario è quello di coinvolgere nell’iniziativa tutti i porti sardi per portare avanti un’azione promozionale comune, volta non solo allo sviluppo degli stessi ma anche del territorio che li comprende. Il privato, che operi nel settore, all’interno della “Rete” avrà lo stesso ruolo del pubblico.

 4. Ritengo che le due cose possano coesistere e svilupparsi insieme in presenza di un giusto compromesso tra fruibilità e tutela ambientale.

 

 Giovanni Murineddu, direttore di Porto Cervo Marina

 1. Sicuramente penalizzato sia per la bassa qualità e la scarsa quantità dei servizi da offrire alla clientela nella maggior parte dei porti turistici. Negativo anche il trasporto, sia aereo che navale, per i costi eccessivamente alti e la poca affidabilità negli orari.

 2. Ultimare le opere incomplete, ormai da anni, vedi Alghero, Stintino, Castelsardo e coinvolgere i privati nella gestione attiva.

 3. Consorziare i vari porti turistici dando la possibilità di prenotare i servizi per via telematica e, come nella risposta precedente, coinvolgere i privati per una gestione attiva e funzionale.

 4. Ci può essere compatibilità fra turismo nautico e parchi marini a patto che sia garantita la fruibilità, libera ma regolata con norme semplici, senza grossi balzelli che facciano scappare via chi arriva in barca per godere panorami di una natura incontaminata.

 

 Giovanni Battista Borea d’Olmo, direttore di Marina di Porto Rotondo

 1. Il più grosso problema della portualità turistica in Sardegna è l’eccessiva stagionalità e l’assenza totale di porti a carattere stanziale. Altro problema è l’eccessiva difficoltà e gli alti costi per raggiungere l’isola, soprattutto dall’estero.

 2. Niente deve essere speso senza che siano stati definiti obiettivi, strategie e, di conseguenza, programmi di sviluppo della portualità turistica della Sardegna. Finora gli unici esempi produttivi di portualità turistica sono legati all’imprenditoria privata, di conseguenza si auspica che per ogni investimento sia garantita la successiva produttività attraverso accordi e partecipazioni private.

 3.Qualsiasi forma di sinergia di gestione di porti turistici deve essere impostata e finalizzata in prima istanza alla problematica commerciale dei porti stessi. Se l’obiettivo è l’efficienza della struttura, è indifferente che qualsiasi ruolo venga coperto dal pubblico o dal privato, purché chi lo ricopra sia in grado di raggiungere gli obiettivi previsti.

 4. Assolutamente sì, nessun parco e nessuna riserva marina è in grado di sopravvivere economicamente senza l’apporto del turismo nautico. È compito delle riserve o parchi marini darsi le giuste regole affinché il diportista possa fruire correttamente dell’ambiente.

  

Domenico Bove, presidente del Circolo nautico La Caletta (Siniscola)

 1. Anche in relazione alla mia conoscenza diretta della portualità turistica della Corsica, della Costa Azzurra, della Grecia, della Tunisia, di Malta, devo dire che come organizzazione e funzionalità si tratta di sistemi, almeno al momento attuale, più efficienti del sistema della portualità turistica della Sardegna.

 2. Ritengo sia necessario destinare le residue disponibilità finanziarie della Regione Sardegna al completamento di quei porti che potrebbero costituire le tappe obbligate dell’itinerario ipotizzato da Ucina. In questo quadro, per la migliore operatività di questi scali, acquista grande importanza la formazione professionale del personale addetto all’assistenza del diportista.

 3. È certamente indispensabile la creazione di una struttura promozionale e commerciale comune per il decollo del settore. Il coordinamento dovrebbe anche riguardare, naturalmente, la gestione e i costi. Preferibilmente la struttura di collegamento fra i porti dovrebbe vedere la partecipazione dell’ente pubblico e dei gestori privati.

 4. Per quanto attiene alla questione della compatibilità ambiente-nautica da diporto, non vedo alcun problema. Per la mia esperienza di presidente di un circolo che cura soprattutto la formazione del velista, devo dire che oggi c’è una più spiccata sensibilità dei giovani per la salvaguardia dell’ambiente, anche al di fuori di parchi, riserve marine e aree comunque protette.

 

 Angela Corrias, sindaco di Baunei

 1. La prima cosa che salta agli occhi è lo squilibrio territoriale esistente nell’ubicazione dei porti turistici nell’isola. Attualmente non si può parlare di “sistema” per la portualità turistica della Sardegna in quanto, nonostante il consistente impegno finanziario della Regione, molti scali non sono ancora operativi; esiste poi una distanza eccessiva, specie nella costa orientale ed occidentale, fra uno scalo e l’altro; molti porti hanno poi una insufficiente disponibilità di posti barca e non sempre offrono tutti i servizi essenziali.

 2. Le direttive dovrebbero essere quelle di darsi delle priorità. La prima: portare a termine quelle opere che si trovano in punti strategici, in modo da garantire al diportista di fare il periplo dell’isola in condizioni di maggiore sicurezza. La seconda, non meno importante: dedicare risorse e idee alla realizzazione di una politica promozionale e commerciale facendo diventare i porti turistici delle vere e proprie aziende che si inseriscono nel territorio circostante. In questo, i privati possono assumere un ruolo importante per la competenza e il dinamismo che essi sono in grado di garantire.

 3. Sì, senz’altro. Anche se il quesito meriterebbe un po’ più di riflessione, devo dire che la creazione di una struttura comune, sotto forma di agenzia, potrebbe essere la scelta migliore.

Attualmente, il vero problema della portualità sarda è l’organizzazione e la gestione delle strutture esistenti. Infatti se è importante creare un sistema che assicuri la navigabilità in piena sicurezza lungo l’intera costa dell’isola, è altrettanto importante assicurare una gestione economica e per quanto possibile omogenea dei porti turistici. Compito che può essere svolto soltanto da una struttura – e sottolineo “una” – che si prenda carico della parte promozionale e commerciale (lancio pubblicitario, tariffe, standard di servizi, offerte, ecc.).

È fondamentale in questo ambito la presenza della parte pubblica che deve definire le scelte “politiche” e dare le direttive, mentre ai privati devono essere affidati compiti operativi con incarichi di gestione vera e propria.

 4. Essendo il porto del nostro Comune la vera “porta” ad una costa considerata unica in tutto il Mediterraneo, ritengo il turismo nautico non solo compatibile con la tutela dell’ambiente circostante ma anzi necessario. Esso può diventare un’offerta alternativa per il turista che può nella nostra costa entrare veramente in contatto con un ambiente ancora intatto e vivere un’esperienza che in altri luoghi non potrebbe fare.

Naturalmente, servono delle regole e la presenza del Comune nella società di gestione del porto può offrire le migliori garanzie perchè lo sviluppo del turismo nautico sia compatibile con il rispetto dell’ambiente circostante, fattore principale del nostro futuro.