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di Giuliano Gori
Quattro misure per rilanciare l’economia
di Giovanni Rossi
Industria della cultura: Sardegna fanalino di coda
di Paola Ferri
Un po’ di ossigeno per gli utenti Abbanoa

Testo della legge regionale 23 Aprile 2015, n. 8 "Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio"

 

Industria della cultura: Sardegna fanalino di coda
di Giovanni Rossi

 

Sardegna industriale n. 1-2 2015 30 Aprile 2015

 

Industria della cultura:
Sardegna fanalino di coda

Il patrimonio culturale della Sardegna potrebbe costituire una base strategica per il rilancio dell'economia regionale, considerando anche le risorse che i fondi europei dedicano allo sviluppo imprenditoriale della produzione culturale. Sinora però isituzioni pubbliche e private non hanno saputo mettere a frutto questa ricchezza traducendola in valore aggiunto e posti di lavoro a differenza di quanto avviene nel resto d'Italia. Nel 2013 nell’isola il valore aggiunto del sistema cultura è stato di soli 1.061,9 milioni di euro, pari all’1,4% della ricchezza totale prodotta dal settore in Italia e al 3,7% del totale del valore aggiunto prodotto in Sardegna dalle aziende private.

di Giovanni Rossi

 

Sardegna agli ultimi posti in Italia nell’industria della cultura. La nostra regione, al contrario del resto d’Italia, non mette a frutto il suo grande patrimonio culturale traducendolo in valore aggiunto e posti di lavoro. Su 443.458 imprese che in Italia fanno parte del cosiddetto Sistema produttivo culturale (che rappresenta il 7,3% delle imprese complessivamente registrate in Italia) solo 10.349 sono sarde e rappresentano una percentuale ancora minima, il 2,3%, di tutte le imprese isolane. Se in Italia la cultura rende 74,9 miliardi di euro, pari al 5,4% della ricchezza nazionale e dà da vivere a un milione e 300mila persone (il 5,8% del totale degli occupati italiani), nella nostra regione queste percentuali sono molto più basse: nel 2013 nell’isola il valore aggiunto del sistema cultura è stato di soli 1.061,9 milioni di euro, pari all’1,4% della ricchezza totale prodotta dal settore in Italia e al 3,7% del totale del valore aggiunto prodotto in Sardegna dalle aziende private.
I numeri del Sistema produttivo culturale in Sardegna sono contenuti nel report “Fondazione Symbola-Unioncamere, Io sono Cultura - Rapporto 2014”, che analizza i vari aspetti dell’industria della cultura nell’ambito nazionale e regionale.Vediamoli brevemente.

L’occupazione nel settore culturale in Sardegna - Analizzando innanzitutto il profilo occupazionale, lo studio indica che le sole imprese del Sistema produttivo culturale (senza considerare i posti di lavoro attivati negli altri segmenti dell’economia italiana) danno lavoro a 1,3 milioni di persone, il 5,8% del totale degli occupati in Italia (1,5 milioni, il 6,2%, se includiamo pubblico e non profit). In Sardegna il settore occupa invece attualmente 26.500 lavoratori, pari al 1,9 del totale nazionale degli occupati del settore cultura e al 4,4% del totale degli occupati sardi. Qualche segnale positivo arriva dalle donne: per numero di imprese femminili nel settore culturale la Sardegna occupa infatti cinque delle prime dieci posizioni, rispettivamente con Nuoro, Olbia Tempio, Medio Campidano, Sassari, e Carbonia Iglesias.
Nonostante l’industria della cultura abbia risentito della crisi e le imprese si siano trovate a rivedere l’organizzazione dei processi produttivi (in un anno è stata registrata una riduzione dell’1% il totale dei dipendenti impiegati nel Sistema Produttivo Culturale), secondo l’analisi dell’Unioncamere esistono comunque ancora notevoli opportunità d’impiego. Per il 2014 nelle imprese con almeno un dipendente sono state programmate quasi 33mila nuove assunzioni. 

L’export della cultura sarda - L’Italia è oggi al terzo posto in Europa per la produzione dell’industria creativa e culturale nonostante l’assenza di politiche nazionali che favoriscano lo sviluppo di questo settore. Secondo lo studio dell’Unioncamere la recessione – dovuta principalmente al crollo della domanda interna – non ha scalfito la fiorente esportazione legata alla cultura. In tutti i settori, dal cinema – come dimostra l’Oscar a La Grande Bellezza - ai videogames. Durante la crisi l’export della cultura italiana è cresciuto del 35%: era di 30,7 miliardi nel 2009 ed è arrivato a 41,6 nel 2013, pari al 10,7% di tutte le vendite oltre confine delle nostre imprese. Nell’ultimo anno il sistema produttivo culturale ha registrato in Italia un valore di esportazioni addirittura superiore a quello della filiera metallurgia (45,4 milioni di euro) e poco inferiore a quello del chimico-farmaceutico (59 milioni).
Il rapporto tra le esportazioni culturali e il valore aggiunto dell’intera economia ha registrato in Italia una percentuale del 3 per cento. Ma anche in questo caso la Sardegna si distingue per una scarsissima predisposizione ad esportare la propria cultura. Tra le regioni italiane la nostra si classifica infatti agli ultimi posti con una percentuale dello 0,2%. Peggio, nel 2013, ha fatto solo la Calabria (0,1).
La Sardegna è poi fanalino di coda nella cosiddetta “specializzazione culturale delle esportazioni”  con una incidenza minima, 1,1%, dell’export culturale sul totale delle esportazioni regionali (la media italiana è del 10.7%). Lombardia e Veneto sono, invece, le regioni che, in termini assoluti, esportano maggiormente cultura. In particolare, nel 2013, il Veneto ha venduto beni del sistema produttivo culturale pari a 9,5 miliardi di euro e la Lombardia per 9,2 miliardi di euro. 

Il turismo culturale in Sardegna - Dati assolutamente negativi anche sul turismo culturale in Sardegna, regione che non riesce ancora a valorizzare adeguatamente e tradurre in termini economici il suo immenso patrimonio culturale. Lo studio di Unioncamere rivela infatti che i turisti che soggiornano in Italia per ragioni culturali sono maggiormente propensi a spendere: 52 euro al giorno per l’alloggio, in media, e 85 euro per spese extra, contro i 47 euro per alloggio e 75 per gli extra di chi viene per ragioni non culturali. Il 36,5% del totale della spesa dei turisti in Italia è legato alle industrie culturali. Su 73 miliardi di euro generati dai flussi turistici nel 2013, la spesa turistica culturale è quantificabile in 26,7 miliardi di euro, pari a oltre un terzo del totale della spesa turistica del 2013.L’Italia è il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue (con 54 milioni di notti) ed è la meta preferita dei paesi ai quali è legato il futuro del turismo mondiale: la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada. A livello territoriale, il Centro e il Nord- Ovest italiano sono le aree con una maggiore quota di spesa turistica attivata dalle industrie culturali, con un valore che oltrepassa i quaranta punti percentuali (rispettivamente 43,0% e 41%); nel Nord-Est, invece, la quota si assesta intorno ai trentacinque punti percentuali (35,2%), mentre risulta ancora inferiore nel Mezzogiorno (29,7%). E la nostra regione? Anche in questo caso la Sardegna annaspa. Nel 2013 la nostra regione, con le sue imprese, è riuscita ad attivare una spesa turistica 579 milioni di euro (il 2,2% della spesa turistica culturale nazionale), pari al 22,7 % dell’intera spesa turistica sarda. Una miseria se si pensa al miliardo e 796 milioni attivati dal Piemonte che sulla cultura ha attivato il 47,2% della intera spesa turistica). 

La situazione dei singoli territori nell’isola - Quanto all’analisi dei singoli territori, l’inchiesta  evidenzia come tutte le province sarde a livello nazionale si classificano agli ultimi posti in quanto il valore aggiunto del Sistema Produttivo Culturale dell’isola non riesce ad incidere sull’economia regionale. Una incidenza maggiore si riscontra nel Medio Campidano e Oristano, rispettivamente al 26° e 27° posto con una percentuale del 5,5%: una percentuale addirittura superiore alla media delle province italiane che si attesta sul 5,4%. Molto staccate Nuoro e l’Ogliastra (al 64° e al 67° posto con il 4,2%), Carbonia-Iglesias (79° posto con il 3,9%) e Cagliari (82° con il 3,8%). Fanalini di coda Sassari e Olbia-Tempio (2,7%) in cui evidentemente si punta ancora esclusivamente sul valore aggiunto prodotto dall’economica balneare.
Nella classifica per incidenza dell’occupazione del Sistema Produttivo Culturale sul totale dell’economia regionale, la provincia sarda con più occupati nel settore della cultura è Oristano, al 39° posto con una percentuale del 5,4% (la media italiana è del 5,8). Segue l’Ogliastra al 47° posto con il 5,1%, Nuoro al 60° con il 4,9%, il Medio Campidano al 67° con il 4,7%, Cagliari al 70° posto con il 4,6%, Carbonia-Iglesias all’88° posto con il 4,1%. Agli ultimi posti ancora Olbia-Tempio e Sassari (3,9 e 3,6%) segno che queste due province continuano ad avere molta difficoltà ad investire in cultura e a tradurre le opportunità in posti di lavoro.
Quanto infine all’incidenza delle imprese del Sistema Produttivo Culturale sul totale dell’economia regionale, la prima delle province sarde è Cagliari, al 16° posto con una percentuale dell’8,1% (la media italiana è del 7,3%). Segue, l’Ogliastra al 70° posto con il 5,9%, Sassari è al 72° posto con 5,8%, Nuoro al 90° posto con il 5,3%, Carbonia-Iglesias al 91° posto con il 5,2%. Olbia-Tempio è al 97° posto con il 5,0%, Oristano al 98° posto con una percentuale del 5,0% mentre il Medio Campidano è l’ultima provincia italiana in assoluto con una incidenza del 4,4 per cento.