La riforma del Trasporto pubblico locale prevede che alle Regioni sia assegnata la responsabilità di programmazione e finanziamento, ai Comuni e alle Province la titolarità delle funzioni di regolazione e controllo, alle imprese operanti sul mercato l’attività di erogazione dei servizi. Ma a tutt’oggi in Sardegna la Regione non ha provveduto a trasferire le competenze alle Province, ritardando in tal modo quel processo di decentramento che è alla base della riforma del settore.
|
Studenti pendolari salgono su un pullman che collega Cagliari ai centri extraurbani della provincia | La politica dei trasporti è una delle prime politiche comuni dell’Unione europea. In quasi tutti gli Stati membri la riforma del trasporto pubblico locale è caratterizzata da un forte spirito di decentramento amministrativo della gestione dei servizi con conseguente trasferimento di competenze dalla struttura statale a quella regionale e degli altri enti locali, prevedendo diversi livelli di pianificazione, che vanno da quello generale dello Stato (Piano generale dei trasporti), finalizzato a mantenere un indirizzo unitario e le scelte politiche di settore, a quello su scala regionale (Piani regionali dei trasporti), a quelli di bacino di traffico assegnati alla competenza degli Enti locali. Il Libro Bianco sulla “Politica europea dei trasporti” del settembre 2001, con riferimento al Trasporto pubblico locale, propone agli Stati ed agli Enti locali che «al fine di evitare un deterioramento della qualità della vita le autorità nazionali e locali dovranno risolvere il controllo della mobilità, con particolare riguardo al ruolo dell’automobile privata, sviluppando trasporti pubblici di qualità». Sulla stessa linea si pone il Piano Nazionale Trasporti e Logistica che rimarca l’importanza del Trasporto pubblico locale come fattore di crescita economica e sociale individuando due temi principali per i quali l’impegno dello Stato rimane ancora necessario:
– coordinamento, monitoraggio e processo di attuazione della riforma;
– sostegno dello Stato nell’affrontare il problema delicatissimo della mobilità urbana e metropolitana.
L’Unione europea e lo Stato italiano, ognuno secondo le proprie competenze, intervengono sul Trasporto pubblico locale definendone l’importanza all’interno del più ampio ambito del sistema generale dei trasporti. Già negli anni ’80, alcuni paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania) sotto la spinta della Commissione europea e l’esigenza di risanare le finanze pubbliche, avevano avviato il processo di rinnovamento del quadro istituzionale ed organizzativo dei rispettivi sistemi di Trasporto pubblico locale ispirandosi sostanzialmente a tre principi generali:
– trasferimento delle competenze di settore dal Governo centrale agli Enti locali;
– separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo da quelle di gestione;
– trasformazione di un mercato di offerta monopolistico, caratterizzato da un alto grado di coinvolgimento pubblico nella produzione dei servizi, in uno concorrenziale, con la gestione affidata essenzialmente alle imprese private.
In Italia la riforma del Trasporto pubblico locale (Tpl) si colloca, quindi, nel più ampio processo di trasformazione della Pubblica Amministrazione sancita con la legge delega del 15 marzo 1997 n. 59. Un provvedimento, quest’ultimo, che ha previsto l’individuazione tassativa di funzioni e di compiti di competenza delle Amministrazioni statali, indicando quelli da conferire alle Regioni e agli Enti locali, contestualmente ai criteri di attribuzione e di ripartizione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative.
Alle Regioni sono state conferite tutte le funzioni ed i compiti (anche di programmazione e di copertura finanziaria) in materia di servizi pubblici di interesse regionale o locale, mentre agli Enti locali, sono affidate tutte quelle che non richiedono l’esercizio unitario a livello regionale. In attuazione dei principi e delle disposizioni di carattere generale, il decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422 ha previsto l’integrale conferimento alle Regioni e agli Enti locali delle competenze relative al trasporto pubblico regionale e locale, fissando i criteri di organizzazione del servizio, in armonia con i principi sanciti dagli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione. Con il decreto legislativo 422/97, modificato ed integrato dal successivo decreto .400/99, sono stati definiti i principi cardine del riassetto del settore ed in particolare:
– separazione delle funzioni di pianificazione, programmazione, regolazione e controllo (Regione, Enti locali) del servizio di trasporto pubblico dall’esercizio e, quindi, dalla erogazione del servizio, di competenza delle aziende;
– delega alle Regioni ed agli Enti locali delle funzioni di pianificazione, programmazione, amministrazione, regolazione e controllo delle reti e dei servizi di Tpl;
– definizione dei servizi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità e cioè dei “servizi minimi” i cui costi sono a carico (al massimo per il 65%) del bilancio regionale;
– trasformazione del regime di affidamento dei servizi di Tpl, con l’applicazione delle procedure concorsuali per la scelta del gestore dei servizi.
Per la prima volta, dopo anni di stagnazione, si fa quindi un’opera di rilancio del Trasporto pubblico locale mediante la ricerca di nuove condizioni di funzionamento e di efficacia che consentano, a parità di risorse, di migliorare l’offerta e pervenire ad una organizzazione complessiva del servizio che meglio utilizzi le risorse ad esso destinate. Tale indirizzo va nella direzione della programmazione ed organizzazione di una rete di servizi, in coordinamento fra enti locali, regioni ed aziende operanti al fine di garantire le esigenze complessive di mobilità di cittadini e non semplicemente il loro trasporto. Alle Regioni viene assegnata la responsabilità di programmazione e finanziamento; ai Comuni e alle Province la titolarità delle funzioni di regolazione e controllo; alle imprese operanti sul mercato l’attività di erogazione dei servizi. Obiettivo del decreto era quello di promuovere una modernizzazione del settore facendo leva su alcuni punti qualificanti quali: la programmazione territoriale; il decentramento delle funzioni alle Regioni e da queste agli Enti locali in una logica di sussidiarietà; la liberalizzazione del settore attraverso l’affidamento dei servizi con procedure concorsuali.
|
La metropolitana leggera di Sassari attraversa il centro cittadino | I comportamenti delle Regioni di fronte alla riforma sono stati piuttosto omogenei, almeno inizialmente, quanto a normative di applicazione (di fatto tutte le leggi regionali recepiscono i principi fondamentali di programmazione del trasporto, definizione dei servizi essenziali, decentramento delle funzioni agli enti locali, ricorso alle procedure concorsuali per l’assegnazione dei servizi), ma estremamente diversificati nei percorsi di concreta attuazione. Ad esempio, sui punti essenziali della programmazione territoriale e delle gare, poche realtà si sono mosse con la necessaria speditezza e decisione. La riforma non ha prodotto almeno fino ad ora gli esiti sperati, soprattutto in Sardegna, in quanto il processo normativo innescato con i decreti 422/97 e 400/99 è stato recepito solo nel 2005 con la legge 21, “Disciplina e organizzazione del trasporto pubblico locale in Sardegna”, che all’art.1 precisa che «la Regione persegue la riorganizzazione e lo sviluppo del trasporto collettivo pubblico nell’ambito regionale, al fine di assicurare un coordinato ed integrato sistema idoneo a garantire, anche attraverso un organico sistema di raccordo con gli scali aerei e navali di collegamento esterno, un efficace diritto alla mobilità dei cittadini». Ancora la stessa legge all’art. 9, “Competenze delle Province”, stabilisce che «competono alle Province in materia di Trasporto pubblico locale in attuazione degli indirizzi contenuti nella programmazione regionale:
a) la predisposizione e l’attuazione dei piani provinciali di trasporto pubblico locale;
b) l’espletamento delle procedure di gara per l’affidamento dei servizi minimi ed aggiuntivi in riferimento ai bacini di mobilità ed alle unità di rete di livello provinciale;
c) la stipula con l’aggiudicatario dei contratti di servizio e la gestione amministrativa degli affidamenti, compresa l’attività di controllo quantitativo della conformità delle prestazioni con gli obblighi contrattuali e normativi, provvedendo alla contestazione delle eventuali inadempienze e all’applicazione delle sanzioni;
d) le funzioni amministrative relative alla concessione dei contributi per gli investimenti in veicoli, infrastrutture e sovrastrutture che, necessarie al trasporto pubblico locale, rientrino nella competenza territoriale provinciale;
e) la definizione e le funzioni tecnico-amministrative dei servizi di noleggio di autovettura con conducente e ad itinerario ed orario flessibile, al servizio delle aree a domanda debole ed attuata in forma integrata con i servizi di linea, dei noleggi da rimessa di autobus e dei servizi di granturismo su gomma;
f) il rilascio dei nulla osta ai fini della immatricolazione e della dismissione del materiale rotabile utilizzato per lo svolgimento del servizio e per la cessione delle società di gestione dei servizi di trasporto;
g) ogni altra funzione amministrativa trasferita per legge alle province dallo Stato o dalla Regione.
|
Una locomotiva Minuetto operativa sulla dorsale ferroviaria sarda | Ma nella Regione Sardegna, così come la legge prevede – e come è già avvento in altre 15 Regioni – tutte questi compiti non sono stati ancora assegnati alle Province, non consentendo in tal modo la realizzazione nell’isola di un sistema di trasporto pubblico locale rispondente alle esigenze dei territori. Nelle realtà ove il Trasporto pubblico locale è di competenza delle Province, questo ha superato la sua originale funzione di servizio fruito solo da chi non dispone di un mezzo proprio, ed ha assunto un ruolo centrale in un moderno sistema di mobilità. Tutto ciò ha portato ad un aumento consistente dei passeggeri trasportati raggiungendo in alcune realtà il quadruplo degli utenti iniziali. Per raggiungere questo obiettivo, Regione ed Enti locali hanno dato luogo a politiche coraggiose per migliorare la viabilità nelle città e a ridurre l’impatto del mezzo individuale a favore di quello collettivo. Sono state adottate nuove regole di accesso ai centri storici che incentivano e valorizzano il trasporto pubblico e sono state stanziate risorse per la ricerca di nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale ed il consumo energetico. Grazie all’efficienza del servizio, il Tpl in queste regioni è diventato appetibile e concorrente rispetto all’automobile. L’automobile, non dobbiamo dimenticarlo, è un concorrente forte, che ha radici profonde nella cultura del benessere della nostra società, e la conquista di nuovi clienti per il trasporto pubblico, diventa, in questo contesto, una vera e propria sfida. Sfida che dovrà essere alla base dell’azione degli Enti locali e delle Regioni se vorranno offrire opportunità di trasporto collettivo efficiente e rispondente alle esigenze dei cittadini. I criteri e le modalità che presiederanno alla predisposizione dei contratti di servizio e dei contenuti che ne caratterizzeranno l’attuazione dovranno essere il perno dell’attività in cui Regione, Province e Comuni dovranno creare condizioni per favorire il processo di integrazione e di coordinamento dei sistemi di Trasporto pubblico locale, presupposto indispensabile per ridefinire l’offerta di trasporto in termini di ottimizzazione della qualità e quantità dei servizi per la mobilità.
|
Nuovo pullman dell'Arst nei pressi dell'Autostazione di piazza Matteotti, a Cagliari | L’augurio è che anche in Sardegna il trasferimento di competenze possa avvenire quanto prima. Sarà in tal modo possibile anche nell’isola affrontare lo sviluppo strategico del sistema del Tpl con efficacia potendo incidere significativamente sulla quantità delle prestazioni assicurate alle collettività locali e favorire la progettazione e la gestione di processi corretti e trasparenti fra le parti. Ma per raggiungere questi traguardi dovrà essere superato il monopolio della proprietà pubblica, passando dagli affidamenti diretti alle gare e affermare una logica industriale e di separazione tra funzioni di programmazione-regolazione da un lato e di produzione di servizio dall’altro. A tutto questo dovrà far da cornice una politica del traffico e di investimenti infrastrutturali coerente con l’obiettivo da raggiungere: recuperare cioè quote di mercato rispetto al trasporto privato, che comporterebbe la crescita di un settore sicuramente strategico per la realizzazione di uno sviluppo economico e sociale equilibrato. In tal modo sarebbe garantita ai cittadini pari opportunità di spostamento e di accesso ai servizi e sarebbe inoltre assicurata la promozione di un sistema di mobilità sostenibile, in coerenza con gli obiettivi di salvaguardia dell’ambiente e di vivibilità delle aree urbane. Interventi mirati di riorganizzazione funzionale – in riferimento alle esigenze di mobilità dell’utenza e graduale raggiungimento degli obiettivi di efficacia ed efficienza posti dagli indirizzi comunitari – creeranno le condizioni per realizzare il principio della “Intermodalità del sistema della mobilità” sancito nell’art. 1 del decreto legislativo 422/97.
|
La Metropolitana leggera di Cagliari, in sosta nella nuova stazione di piazza Repubblica | Un principio che prefigura la possibilità, per i livelli istituzionali responsabili – Regione, Province e Comuni – di programmare e di organizzare una rete di servizi che oltrepassi le barriere e le difficoltà presenti nel vigente sistema normativo, quali l’estrema frammentazione e settorizzazione delle competenze amministrative e gestionali, creando le premesse per superare duplicazioni di servizio ed inefficienze. Si tratta di un indirizzo che va nella direzione della programmazione e della organizzazione di una rete di servizi, di orari e di tariffe in stretto coordinamento fra le aziende operanti, Enti locali e Regione, al fine di garantire le esigenze complessive di mobilità dei cittadini e non semplicemente il loro trasporto. L’integrazione dei servizi è il banco di prova per gli amministratori locali, che di fatto hanno la possibilità di promuovere un processo di innovazione che li vede totalmente responsabili. Il decreto legislativo 422/97 e la legge regionale 21/2005 garantiscono il servizio minimo qualitativamente e quantitativamente sufficiente a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, i cui costi sono a totale carico del bilancio della Regione. Ma il criterio del risanamento dei bilanci porterà sicuramente una progressiva riduzione dei servizi soprattutto in quelle aree più interne ove la convenienza all’esercizio del servizio è minore.
|