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23/5/2013 – Agroalimentare: Osservatorio Nomisma, note positive per il vino bio italiano

 

Si è rivelato un segmento in grande “fermento” quello del vino biologico in Italia, come testimoniato dalla crescita delle superfici investite a vite biologica (+67% tra il 2003 e il 2011) e dalle buone performance nell’export: negli Stati Uniti l’Italia è il terzo player nel segmento dei vini bio con una quota del 13% sui vini importati. Lo afferma l’Osservatorio Wine Monitor Nomisma che ricostruisce i primi numeri sul vino biologico a quasi un anno dall’applicabilità della nuova normativa che ne definisce i requisiti. Questi i dati più significativi rilevati dall’Osservatorio.
In Italia  il 6,5% degli ettari vitati è biologico (secondo posto al mondo, solo dopo l’Austria, che raggiunge l’ 8,6%,  e a fronte di una media mondiale del 2%). Secondo posto per l’Italia anche in valore assoluto: con quasi 53mila ettari vitati bio (+67% tra il 2003-2011) è superata solo dalla Spagna (57mila ettari, +430%). Nel nostro Paese oggi  il 53% delle famiglie acquista un prodotto alimentare biologico e il 5% di queste compra vino bio. Questo significa che sul 2% delle tavole delle famiglie italiane è presente il vino biologico in almeno una occasione.
Per quanto riguarda i mercati internazionali l’Osservatorio focalizza la sua attenzione soprattutto su quello statunitense, dove il 27% dei vini venduti nel 2012 è d’importazione, con l’Italia che detiene su questo canale una quota del 25%, superata solo dall’Australia (35%). In tale ambito – precisa lo studio di Nomisma –, se si guarda ai soli vini biologici lo scenario diverge notevolmente: guidano il Cile (con una market share sui vini bio importati del 45%) e l’Argentina (19%). L’Italia è terza, con una quota del 13 per cento.
«In altre parole – conclude l’Osservatorio – , il contesto di mercato sembra essere favorevole a una crescita delle esportazioni di vino biologico italiano: tutto dipenderà dalla capacità delle imprese di organizzarsi per raggiungere mercati sempre più distanti, la cui lontananza geografica può però non facilitare le aziende di piccole e piccolissime dimensioni, che rappresentano la tipologia più diffusa nella produzione di vino bio».