SARDEGNA INDUSTRIALE n. 5-6/2011 (*)
Si rinnova la cooperazione in Sardegna
Oltre 3mila società attive nel territorio; 12mila soci lavoratori, di cui un terzo donne; 6 per cento del fatturato regionale complessivo, con 4 aziende fra le prime venti nell’isola: questi alcuni numeri della cooperazione in Sardegna, un’importante realtà sempre più presente nella vita economica e sociale della regione. Accolta con soddisfazione dalle cinque centrali cooperative operanti nell’isola la recente approvazione da parte della Giunta regionale, su proposta dell’assessore del Lavoro, del ddl che disciplina con una rinnovata ed organica normativa l’intero settore.
di Gherardo Gherardini
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Il commissario europeo responsabile di Industria e Imprenditoria, Antonio Tajani, nel corso di una sua recente audizione al Parlamento europeo | Può sembrare un paradosso, ma in un contesto di globalizzazione planetaria come l’attuale, il ruolo della cooperazione è destinato a ricoprire spazi sempre più importanti. I segnali ci sono tutti, e di considerevole spessore. Tanto per cominciare, il 2012 sarà l’Anno Internazionale delle Cooperative. L’ha deciso sin dal dicembre 2010 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per mettere in risalto il contributo che le cooperative danno allo sviluppo socio-economico, in particolare riconoscendo il loro impatto sulla riduzione della povertà, l’occupazione e l’integrazione sociale. Una risoluzione che incoraggia gli stati membri e le parti interessate ad approfittare dell’occasione per: sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al ruolo delle cooperative e al loro contributo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio; promuovere la formazione e l’espansione del movimento cooperativo; incoraggiare i governi ad adottare politiche, provvedimenti normativi e regolamenti che favoriscano la formazione, la crescita e la stabilità delle cooperative. Anche in ambito europeo il modello produttivo della cooperazione si propone come strumento adeguato per affrontare e superare la crisi, come testimoniato dal documento del Parlamento europeo “Una strategia per il 2020”, nel quale si ipotizza di aumentare i fondi della Cooperazione a favore dei Paesi comunitari interessati. E non è certo un caso che lo stesso consesso, in seduta plenaria a Bruxelles, abbia approvato quasi all’unanimità un documento sull’economia sociale, che riconosce il ruolo fondamentale dell’impresa cooperativa in Europa. C’è poi da ricordare, sempre nell’ambito della cooperazione, la ventesima Assemblea internazionale di Economia di Comunione, tenutasi a San Paolo, in Brasile, alla fine dello scorso mese di maggio. Fondato nella stessa città da Chiara Lubich nel maggio del 1991, Economia di Comunione (EdC) è un movimento che coinvolge, a livello mondiale, imprenditori, imprese, associazioni, istituzioni economiche, ma anche lavoratori, dirigenti, consumatori, risparmiatori, studiosi, operatori economici, singoli cittadini, famiglie. L’asse portante è rappresentato da imprese od organizzazioni produttive di varie forme giuridiche, anche non lucrative (non-profit, imprese sociali e civili, cooperative, associazioni) che decidono di adottare nella loro prassi la cultura e i valori dell’EdC. All’importante incontro brasiliano erano presenti anche Carlo Tedde e Maria Grazia Patrizi, in rappresentanza della Cooperazione sarda, invitati a portare la testimonianza di una “cooperazione animata dalla logica della comunione e della fraternità”, valorizzata come “Economia di Comunione” anche nell’ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”. Lo stesso Santo Padre, ricevendo il 10 dicembre scorso, nella sala Clementina, riservata alle udienze private, i rappresentanti della Confederazione delle Cooperative Italiane e della Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo, ha sottolineato l’importanza storica della Cooperazione cattolica in Italia, utile ancora oggi «per un rilancio dell’economia reale, che abbia come motore l’autentico sviluppo della persona umana e sappia coniugare risultati positivi con un agire sempre eticamente corretto». «Le vostre benemerite istituzioni – ha detto nell’occasione Benedetto XVI – sono presenti da molto tempo nel tessuto sociale italiano e rimangono pienamente attuali. Esse portano in sé ideali evangelici e una vitalità che le rendono ancora oggi capaci di offrire un valido contributo all’intera comunità, sia dal punto di vista sociale, che nel campo dell’evangelizzazione». «Rimanete, quindi, fedeli al Vangelo e all’insegnamento della Chiesa – ha concluso il Santo Padre –: fa parte della vostra stessa identità. Tenete presenti e favorite le varie iniziative di sperimentazione che attingono dai contenuti del Magistero sociale della Chiesa, come nel caso di consorzi sociali di sviluppo, di esperienze di microcredito e di un’economia animata dalla logica della comunione e della fraternità».
Rilevanti novità in Italia
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I presidenti delle tre maggiori associazioni nazionali di cooperative – Rosario Altieri (Agci), Luigi Marino (Confcooperative) e Giuliano Poletti (Legacoop) – al tavolo della presidenza della neo costituita Alleanza delle coooperative italiane | Notizie di rilievo anche dall’Italia, dove si è registrato il passo definitivo verso l’unificazione delle centrali cooperative. Dopo tanti proclami di buona volontà e, diciamolo pure, diverse partenze false, il processo è stato avviato. E, a quanto sembra, con le migliori intenzioni e ottime probabilità di successo. Si chiama “Alleanza delle Cooperative italiane” (Aci) il coordinamento nazionale nato a Roma alla fine di gennaio 2011, tra Agci, Confcooperative e Legacoop, che assieme rappresentano oltre il 90% del settore per persone occupate (1.100.000) e fatturato realizzato (127 miliardi di euro). Ben 43mila le imprese, con oltre 12 milioni di soci. Nella fase di avvio, le tre centrali cooperative hanno promosso una forma di coordinamento stabile, ma senza strutture permanenti, che si è espressa attraverso un portavoce unico, scelto dai presidenti delle tre centrali. Il primo mandato è stato affidato al presidente di Confcooperative, Luigi Marino. Lo stesso Marino, alla fine di gennaio 2012, è stato eletto a Napoli Presidente dell’Aci e sarà affiancato nel mandato da due copresidenti: Giuliano Poletti (presidente Legacoop) e Rosario Altieri (presidente Agci). Nella stessa assemblea napoletana è stato costituito l’ufficio di presidenza, composto dai tre Presidenti, da tre rappresentanti delle Associazioni e da tre responsabili esecutivi; è stato confermato il Comitato esecutivo, composto dai Presidenti e da altri 24 membri; sono stati infine definiti composizione e compiti dell’Assemblea (90 membri), sino ad allora denominata Consulta. Le prossime tappe punteranno a consolidare il progetto a livello nazionale e ad estendere il coordinamento ai settori e ai territori. I presidenti saranno affiancati da un gruppo di lavoro che si avvarrà di informazioni e dati di natura economica e sociale, forniti dalle organizzazioni, utili per valutare l’andamento delle imprese cooperative aderenti, simulare impatti delle normative di riferimento ed elaborare proposte. È prevista anche la costituzione di singoli Tavoli specialistici, per i quali potranno essere nominati relativi portavoce unici. «L’Alleanza non cancella la storia, né mette in discussione l’identità e l’autonomia di nessuna delle tre centrali, che restano distinte nella governance interna e nei patrimoni», hanno precisato i tre presidenti Rosario Altieri (Agci), Giuliano Poletti (Legacoop) e Luigi Marino (Confcooperative). «Rafforziamo in questo modo – hanno poi aggiunto – il grande albero della cooperazione, che vede confluire i suoi rami principali in un unico organismo che avrà la funzione di coordinare l’azione di rappresentanza nei confronti del Governo, del Parlamento, delle istituzioni europee e delle parti sociali, in primo luogo sindacati dei lavoratori e associazioni datoriali». Nelle intenzioni dei promotori, Aci è nata «per dare più forza alle imprese cooperative». «Sarà un organismo reale – hanno sottolineato i tre leader nazionali – dove non ci si limiterà a parlare a un’unica voce. Non arriva all’improvviso, ma è stato preceduto, negli anni, da molte esperienze concrete, così come testimonia l’attiva collaborazione comune. Già nel 1990 le tre centrali hanno scelto un modello comune di relazioni industriali, da cui sono nati 15 Ccnl e vari organismi bilaterali».
Altre esperienze concrete sono: Cooperfidi Italia, che ha unificato nove dei più grandi confidi della cooperazione; i tre fondi di previdenza complementare negoziale (Cooperlavoro, Previcooper e Filcoop), che vedono un totale di oltre 130 mila iscritti per un patrimonio complessivo di oltre 800 milioni di euro; Fon.Coop, il fondo di formazione continua che mette a disposizione risorse per investire sulla formazione e sul know how delle cooperative associate; Cfi, una società finanziaria che ha come oggetto sociale la partecipazione temporanea al capitale di rischio; i fondi integrativi sanitari negoziali (Coopersalute, Filcoop agricolo e Fasiv), che contano circa 110mila iscritti; 6) Coopform, ente bilaterale della cooperazione che tratta le tematiche della formazione professionale e dell’ambiente, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. L’Alleanza delle cooperative italiane produrrà un Rapporto annuale sulla cooperazione italiana, per fare chiarezza sugli aspetti qualitativi e quantitativi e mettere a fuoco evoluzioni e tendenze del comparto. «Perché senza conoscenze dirette – precisano i tre presidenti – non c’è buona politica cooperativa. A noi interessa un’operazione verità».
Anche la Sardegna si muove
Si direbbe proprio lo stesso principio che ha ispirato il seminario organizzato dall’assessorato al Lavoro della Regione Sardegna nel dicembre 2010, sul tema “La Cooperazione come valore economico e sociale in Sardegna”, in collaborazione con le centrali della cooperazione sarda: Legacoop, Confcooperative, Agci, Unci e Unicoop (di cui pubblichiamo un ampio estratto su questo numero di Sardegna industriale). «Il seminario – ha sottolineato l’allora assessore del Lavoro, Francesco Manca – è la prima tappa di un processo di analisi e di studio, dal quale ci si attende che vengano delineati i capisaldi su cui fondare la nuova normativa di settore, frutto di un lavoro di concertazione e dialettica tra gli attori del sistema. La legge regionale in vigore, la n. 5 del 1957, ha 54 anni di vita ed è stata pensata per una Sardegna completamente diversa dall’attuale. È uno strumento ormai inadeguato alle esigenze delle imprese cooperative, che devono lavorare nel mercato e affrontare le sempre più decisive sfide del sociale».
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| Durante i lavori del Seminario, che hanno visto la partecipazione attiva e appassionata dei rappresentanti delle centrali cooperative isolane, sono stati focalizzati i diversi aspetti del settore, dalle criticità alle prospettive, non solo a livello regionale, ma anche nazionale e internazionale. È emerso nel corso dell’incontro, che la cooperazione ha dimostrato grandi capacità di tenuta nei momenti di crisi dell’economia, anche nelle congiunture più difficili, particolarmente frequenti in una società fortemente globalizzata e anche di fronte a difficoltà che interessano aree vaste del Paese.
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| Ciò detto, non si può nascondere che anche il mondo della cooperazione stia subendo le conseguenze di una crisi mondiale che ha investito ogni settore dell’economia. Lo riconosce anche Antonio Carta, presidente di Legacoop Sardegna che nella relazione per il decimo Congresso regionale, tenutosi nello scorso mese di marzo, rileva: «Non c’è dubbio che la crisi abbia inciso, com’era ed è ovvio giacché non siamo avulsi dalla realtà, anche nel mondo cooperativo, intaccandone i fatturati. E però possiamo dire, nel complesso generale, che l’impatto è stato assorbito con una maggiore capacità di resistenza rispetto alle imprese di capitali. Lo sforzo delle imprese si è concentrato nella salvaguardia dell’occupazione, mettendo in campo tutte le risorse che derivano dall’essere una società di persone mosse anzitutto da un forte legame di solidarietà interna. Ciò è costato sacrifici, anche pesanti, in termini di retribuzioni e di redditività, ma il dato occupazionale è rimasto sostanzialmente stabile nel complesso».
Luci e ombre della cooperazione sarda
La buona salute del mondo cooperativo isolano è stata illustrata nel corso del Seminario da Andrea Fora (Confcooperative), che ha svolto un intervento parlando a nome di tutte le centrali della cooperazione. Secondo il relatore, nonostante la profondità della crisi, le cooperative sarde – ma, in generale, il sistema cooperativo nazionale – stanno reggendo l’impatto. Dai dati diffusi nell’occasione risulta che oggi la cooperazione in Sardegna rappresenta il 9% del prodotto interno lordo. Una posizione che attesta che interi comparti dell’economia sarda – l’agroalimentare, la pesca, i servizi alla persona, la gestione del patrimonio culturale e storico – sarebbero ben poca cosa o non esisterebbero senza di essa. Ma anche per le cooperative non sono tutte rose e fiori. Lo ha rilevato, fra gli altri, anche Sergio Cardia (Agci), sottolinenando che l’andamento della crisi sta cominciando a produrre effetti negativi, costringendo le cooperative a intaccare le riserve patrimoniali per pareggiare i conti. I principali problemi del sistema sardo, illustrati da Fora, possono essere così riassunti: fragilità dimensionale, scarsa patrimonializzazione, poca propensione all’innovazione, insufficiente capacità di entrare in mercati extraregionali e internazionali. A questi elementi, va aggiunto il problema della cosiddetta “cooperazione spuria”, cioè delle false cooperative, quelle che ne hanno la forma ma non i contenuti. La casistica è vastissima e va da pseudo cooperative di giornalisti a pseudo cooperative di servizi. Ovunque, l’elemento più pesantemente deformante è la qualità e la natura del rapporto di lavoro che caratterizza la prestazione del socio. Anche per questa particolare problematica, che provoca gravi distorsioni del mercato, è stato richiesto un percorso di maggiore collaborazione fra cooperazione “pulita” e Pubblica Amministrazione, ai fini di una più intensa vigilanza.
Il difficile accesso al credito
Ma il nodo più importante da sciogliere resta sempre quello del credito alla cooperazione e del credito cooperativo. Sul primo versante, continuano a pesare le lungaggini burocratiche e le difficoltà di accesso al credito. Un valido strumento sembra essere rappresentato dai Confidi, cui è affidato il delicato compito di accompagnare l’impresa nel rapporto con la banca, di supportarla e orientarla nella scelta da compiere e del cammino più vantaggioso da intraprendere. «Ma non basta – osserva Virginio Condello, direttore di Confcooperative di Cagliari. Ci aspettiamo che la Regione si adegui al panorama nazionale, emanando una legge per aiutare la ricapitalizzazione delle cooperative dando prestiti partecipativi che si aggiungano al capitale di base dei soci». Quanto al credito cooperativo, Antonio Carta osserva che «abbiamo fatto un passo importante con l’unificazione dei Consorzi Fidi di Legacoop e Confcooperative. Coop Fidi e CoSaFi hanno dato vita nel dicembre 2006 a FidiCoop Sardegna, che tra breve dovrebbe accorpare anche il Consorzio Fidi della Centrale cooperativa Agci». FidiCoop Sardegna, società cooperativa di garanzia collettiva fidi nata per agevolare l’accesso al credito delle imprese cooperative, dei consorzi e delle società a partecipazione cooperativa, ha iniziato la sua attività nel gennaio del 2007 ed è l’unico confidi regionale nel settore della cooperazione. Rappresenta un indubbio successo unitario dell’intero sistema cooperativo sardo, cui la Regione ha voluto concorrere con un intervento di 5 milioni di euro per il consolidamento del Fondo Rischi. Si tratta di uno strumento in linea con gli accordi di “Basilea 2” e adeguato alle vigenti disposizioni comunitarie e nazionali in materia, che opererà ai sensi dell’art. 107 del Testo unico bancario, con la funzione di intermediario finanziario, sollevando gli amministratori delle cooperative dalla prestazione di garanzie personali a fronte della contrazione di mutui. «Primato e valore di questa operazione – aggiunge il direttore generale, Riccardo Barbieri – non è tanto il pur ragguardevole livello dimensionale raggiunto, quanto l’aver messo insieme organismi di estrazione differente, superando storiche barriere politiche e di cultura d’impresa, all’insegna dello sviluppo economico della cooperazione e del rafforzamento dei confidi imposto dai processi di cambiamento nel mercato bancario e finanziario e nel suo sistema di regolamentazione. Ma il vero punto di forza – prosegue Barbieri – risiede nella bassa rischiosità del modello di impresa cooperativa, dove la centralità della persona, in alternativa alle logiche dell’economia capitalistica, garantisce una tenuta efficace nelle fasi congiunturali negative. Di ciò è prova il bassissimo tasso di default di Fidicoop, che negli ultimi anni si è tenuto costantemente al di sotto della media regionale (circa un quinto), denotando un utilizzo più che ottimale dei propri fondi rischi». Sempre in tema di strumenti finanziari, una posizione di particolare rilievo occupa la Coop.Fin Spa, con sede a Cagliari, costituita nel 1989 nell’ambito di un’iniziativa promossa dalle centrali cooperative d’intesa con la Regione Sardegna. «Obiettivo fondamentale dell’operato di Coop.Fin. – precisa il presidente, Totoni Sanna – è quello di favorire lo sviluppo del sistema cooperativo nel suo insieme, finanziando nuove iniziative imprenditoriali in forma d’impresa cooperativa e lo sviluppo delle cooperative esistenti, nell’ambito di progetti specifici di crescita e potenziamento». Le forme d’intervento sono molteplici: concessione di crediti d’esercizio, finanziamenti per acquisto di immobili, macchinari e attrezzature; finanziamenti per la realizzazione e la ristrutturazione di impianti produttivi, prestiti a tasso agevolato ai soci finalizzati alla capitalizzazione della cooperativa. Un valido sostegno alla cooperazione potrà arrivare anche dalla Banca di Credito Cooperativo di Cagliari, rinata nel novembre 2011 proprio grazie all’intervento del sistema cooperativo. Sorta nel 2004, è stata posta in amministrazione straordinaria nel giugno 2010 ed è stata salvata dal Fondo di garanzia delle Banche cooperative, che ha versato nelle esauste casse dell’istituto cagliaritano 4 milioni di euro (più altri due per l’acquisizione dei crediti in sofferenza e per spese di marketing e formazione).
L’esigenza di una nuova legge regionale
Secondo le centrali sarde della cooperazione, l’attuale momento storico, attraversato da una delle crisi più profonde sul piano economico e sociale, è proprio l’occasione migliore per lanciare un nuovo patto tra cooperazione e Istituzione regionale. Il primo obiettivo dichiarato, da qualunque parte si guardi la questione, è quello di una nuova legge regionale di settore. Come Sardegna industriale ha ampiamente descritto nel numero 6 del 2010, la cooperazione è rimasta l’unico settore produttivo senza una legislazione di riferimento, mentre le imprese del commercio, quelle dell’artigianato, dell’agricoltura e dell’industria, hanno tutte norme alle quali ricorrere per poter sostenere le proprie attività. La legge n. 16 del 1983 sulla Cooperazione di lavoro è ancora bloccata, senza risorse perché non rifinanziata e non si è provveduto a rinnovare le convenzioni con gli istituti di credito. Per quanto riguarda la legge regionale sulla Cooperazione sociale (la n. 16 del 1998), non è mai entrata a regime per omessa notificazione all’Unione europea e per mancata dotazione di risorse finanziarie. In sostanza, l’unica legge realmente operante rimane quella del 1957 (la n. 5), che mostra tutti i suoi 54 anni: pensata per quel tempo, ha sempre continuato a erogare piccolissimi interventi di sostegno in conto capitale, oramai talmente risicati da essere diventata uno strumento di scarsa utilità. Infine, manca in tutta la legislazione sarda (e soprattutto nello Statuto di autonomia) il formale riconoscimento del ruolo e della funzione della cooperazione. «Riconoscimento che avrebbe potuto garantire alla Sardegna – sottolinea Antonio Carta – competenza primaria in materia, e quindi le avrebbe attribuito la facoltà di controllo sulla cooperazione, con la conseguente gestione regionale dell’istituto della vigilanza obbligatoria, così come da tempo avviene nella Regione siciliana, con indubbi vantaggi per il movimento cooperativo».
Lavori in corso
A questo punto, va richiamato il proficuo lavoro di confronto e approfondimento che l’assessorato regionale del Lavoro ha avviato con le centrali cooperative. È stata costituita una Commissione di lavoro, che ha intrapreso un percorso positivo per giungere alla stesura di un disegno di legge quadro sulla cooperazione, che tracci le linee guida di valorizzazione dell’impresa cooperativa, delle sue associazioni di rappresentanza e della formazione cooperativa. Ricordiamo ancora che, nell’ambito di questo percorso, l’Assessorato regionale ha organizzato un primo seminario, tenutosi nel dicembre del 2010, per focalizzare i principali problemi da affrontare nel futuro testo legislativo.
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Antonello Liori, assessore regionale del Lavoro | Nella circostanza, l’allora assessore regionale, Francesco Manca, ha parlato di «un’opportunità per confrontarsi e migliorare la consapevolezza del ruolo e della funzione sociale ed economica della cooperazione in Sardegna». Concetto che viene ribadito dall’attuale assessore, Antonello Liori, il quale offre «piena disponibilità ad accompagnare e sostenere questo percorso, con al centro il capitale umano». «Sono convinto – prosegue Liori – che gli uffici, l’assessorato, la Giunta sapranno camminare insieme al mondo della cooperazione per rilanciarlo e rivitalizzarlo e, soprattutto, per farne un protagonista dal punto di vista occupazionale, dal punto di vista della valorizzazione delle competenze umane, un sostegno importante per il nostro sistema economico e per il nostro futuro, soprattutto quello dei nostri giovani». Sono state numerose le proposte che i rappresentanti delle centrali cooperative hanno avanzato al Seminario e nei mesi successivi, durante i lavori della Commissione. Si va dall’istituzione della “Consulta regionale per lo sviluppo della cooperazione”, alla cui composizione partecipino la Regione e le Centrali cooperative, al fine di favorire la partecipazione del sistema cooperativo sardo alla programmazione del comparto. Una specie di tavolo fisso di confronto politico-istituzionale fra il sistema cooperativo e il sistema amministrativo regionale, «che consentirebbe al mondo cooperativo – osserva Carta – di avere non solo un ruolo nel governo dell’economia, ma anche la possibilità di incidere nelle scelte che la Regione compie per governare l’economia stessa». Commentando nello scorso mese di maggio i dati di bilancio rilevati dai verbali delle revisioni delle cooperative associate, il commissario regionale di Confcooperative, Andrea Fora, ha colto l’occasione per ricordare la “ricetta” proposta dalla sua associazione: «La nostra posizione consiste nel dar vita ad un’azione di sistema che porti a rafforzare le tre capacità fondamentali del fare impresa: la capacità finanziaria, la capacità innovativa e la capacità manageriale. Per questo, occorrerebbe lanciare politiche specifiche di sostegno mirate alla costruzione di filiere capaci di coniugare l’abbattimento del costo del lavoro (il costo principale) con l’incremento della propensione all’innovazione, collegate a una reale concessione di garanzie utili a favorire l’accesso al credito». «Ecco perché – osserva Carlo Tedde, presidente di Confcooperative Cagliari – la definizione di nuova legge quadro per lo sviluppo della cooperazione in Sardegna dovrebbe puntare a un rilancio concreto del movimento cooperativo nella nostra Isola, anche e soprattutto considerato che favorire il rafforzamento delle cooperative esistenti o stimolare la nascita di nuove significa riuscire a dare una risposta strutturale al problema occupazionale che affligge l’isola». Fra le proposte in campo, si parla di “reti di imprese” (uno strumento attraverso il quale le Pmi condividono un progetto complessivo di sviluppo di una filiera produttiva), di “social housing” (ovvero l’idea di riqualificazione urbana non solo dal punto di vista edilizio, ma anche del vivere sociale in città, con nuove abitazioni a canone agevolato e il recupero, in termini di vivibilità, di interi quartieri altrimenti destinati al degrado), di cooperative “di comunità” (uno strumento attraverso il quale la cooperazione avviene tra gli enti e le imprese del territorio, le istituzioni pubbliche e i cittadini, e dove la cooperazione è al servizio di intere comunità), di progetti ambientali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, di gestione di oasi naturalistiche, di progetti integrati tra pesca, turismo e ricerca universitaria, e via dicendo. Fra tutti, due meritano una menzione particolare. Il primo, proposto da Legacoop Sardegna, si intitola “1000 cooperative in tre anni” e punta a costituire, su base nazionale, mille nuove cooperative nel triennio. Il meccanismo prevede un sostegno finanziario a livello di start-up di 100 mila euro attraverso la valutazione di un progetto d’impresa sostenuto dal fondo mutualistico Coopfond e da apposite convenzioni con il gruppo Ugf e Banca Etica e con la garanzia del consorzio Fidi. «In sette mesi – afferma Antonio Carta – sono state costituite 18 cooperative e alcune hanno già avviato l’attività; in totale, sono più di cento i giovani coinvolti in questa nuova esperienza cooperativa. Noi siamo disponibili a mettere a disposizione questa formula per un intervento ulteriore della Regione, che potrebbe garantire, magari attraverso la Sfirs, incrementi allo start-up. In questo modo, si potrebbe pensare a progetti anche ambiziosi, che riguardino programmi complessi». Il secondo progetto, denominato Pinc (Percorsi di incubazione di nuove cooperative), rappresenta il modo innovativo in cui Confcooperative Sardegna interpreta il ruolo di attore dello sviluppo socioeconomico della nostra Isola. L’innovazione sta innanzitutto nella natura di questo strumento, che mette insieme Confcooperative Sardegna, una rete di imprese in cui le new coop possono trovare esperienze e spazi di mercato; Sda Bocconi, una delle più importanti business school del mondo; Unicredit, una delle più grandi banche italiane ed europee, che, attraverso l’interazione con il consorzio fidi dell’Associazione, Fidicoop Sardegna, rende possibile l’accesso al credito da parte delle nuove cooperative. «Il Progetto Pinc – sottolinea Gilberto Marras, direttore di Confcooperative Sardegna – rappresenta un modo concreto di incoraggiare l’autoimprenditorialità dei giovani ed è una strada per creare opportunità di lavoro e di sviluppo attraverso il potenziamento manageriale delle cooperative già esistenti. Pinc costituisce una risposta ai territori della Sardegna, spesso ricchi di risorse e di potenzialità ancora molto inespresse e attraversati da una crisi socioeconomica devastante. È infatti uno strumento concreto per favorire lo sviluppo attraverso la valorizzazione delle risorse ed energie locali dalle quali occorre ripartire». L’obiettivo del Progetto, spiega Marras, è quello di sviluppare tre linee di attività: la creazione di nuove cooperative; l’inserimento di giovani manager in cooperative esistenti, oppure la nascita di spin-off che puntino sugli stessi giovani manager; la specializzazione di quadri o soci di cooperative che vogliano avviare piani di sviluppo aziendale. In questo fermento di proposte e idee, la Regione non è rimasta alla finestra. Nello scorso aprile la Giunta regionale ha approvato le nuove direttive sui fondi previsti a favore delle società cooperative appena costituite, aumentando l’entità del contributo concedibile. Il provvedimento, che aggiorna i criteri di concessione contenuti nella legge regionale 5/1957, stabilisce che alle cooperative costituite da non più di 24 mesi dalla data di pubblicazione dell’avviso regionale venga garantito il 50 per cento del contributo previsto dal piano di investimenti aziendale (in precedenza si fermava al 35 per cento). L’entità del contributo verrà stabilita in proporzione agli importi di tutti i piani di investimento aziendale approvati e ammessi, compatibilmente con le disponibilità di bilancio. «Queste modifiche – commenta l’assessore Liori – recepiscono le esigenze avanzate dalle associazioni e dalla Commissione regionale della Cooperazione di cui fanno parte, e si riveleranno utili soprattutto come supporto finanziario alle cooperative di nuova istituzione». Un’altra novità riguarda l’importo del piano di investimenti aziendale ammissibile, che non potrà essere inferiore a 10 mila euro né superiore a 60 mila. Del contributo regionale possono godere le società cooperative con sede legale e operativa in Sardegna e iscritte all’Albo delle società cooperative (nelle categorie Cooperative di produzione e lavoro, sociali, di consumo, Consorzi cooperativi).
Verso la nuova legge
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L'aula del Consiglio regionale della Sardegna | Il recente cambio della guardia al vertice dell’assessorato regionale del Lavoro e Cooperazione non sembra abbia pregiudicato in alcun modo (salvo un “fisiologico” rallentamento) il percorso programmato, cioè quello di pervenire in tempi ragionevolmente brevi a una legge regionale quadro sulla cooperazione, con l’obiettivo di un pieno riconoscimento del valore e del ruolo della cooperazione nell’economia e nella società sarde. Riallacciandosi al lavoro compiuto dal suo predecessore, l’attuale assessore regionale del settore, Antonangelo Liori, dichiara che «con le centrali cooperative stiamo portando a termine il lungo lavoro per la predisposizione di una modifica della legge regionale n. 5 del 1957 sulla Cooperazione, un nuovo testo da presentare a breve in Giunta e poi sottoporre all’esame del Consiglio regionale. Tra gli obiettivi da raggiungere, la valorizzazione del principio della solidarietà contro gli egoismi che la crisi economica alimenta soprattutto in questi ultimi anni, puntando a una più attenta coesione sociale come primo pilastro del nuovo processo di sviluppo. Obiettivi che, grazie al contributo del mondo della cooperazione, saranno raggiungibili con più facilità». Un concetto ribadito anche dall’assessore regionale della Programmazione e vice presidente della Giunta, Giorgio La Spisa, il quale, intervenendo al congresso regionale di Legacoop Sardegna, nello scorso mese di marzo, ha detto: «La Cooperazione ha e deve avere un ruolo importante nella crescita economica dell’isola, perché tra le forme di impresa è quella che mette la persona al centro. Il rilancio della Sardegna non va commisurato alle risorse che vengono messe in circolazione, ma alla qualità dei progetti. Per questo, stiamo proponendo una nuova politica di incentivi per le imprese che superi la logica settoriale. Insieme ai nuovi strumenti come il Fondo di garanzia per le imprese, il microcredito e i Pia, stiamo lavorando alla costituzione di un fondo per sostenere le imprese per azioni e interventi sotto il milione di euro. Siamo anche disponibili – ha concluso La Spisa – a lavorare sui contratti di rete per favorire lo sviluppo delle filiere produttive e a sostenere il “social housing”, che si è rivelato uno strumento utile non solo per l’edilizia abitativa, ma anche per il cosiddetto vivere sociale». «Sono determinato a portare a termine senza tentennamenti il lavoro sin qui svolto. Con la nuova legge – promette, dal canto suo, l’assessore Liori – saremo certamente in grado di elaborare un sistema efficiente e trasparente, capace di sviluppare un programma di sviluppo economico attraverso il potenziamento, la modernizzazione e la maggiore produttività delle imprese più meritevoli. La Cooperazione ha già abbondantemente provato che può fornire soluzioni efficienti nei servizi sociali, nella sanità, nelle produzioni agroalimentari, nell’edilizia, creando economia, stabilità e coesione. Ed è certamente in grado di cimentarsi anche nei nuovi campi della salvaguardia ambientale e dell’innovazione tecnologica. La Cooperazione ha oggi tutte le carte in regola – conclude l’esponente della Giunta regionale – per proporsi come strumento strategico per uscire dalla crisi, in un quadro politico e istituzionale idoneo a creare le condizioni favorevoli per cogliere e sviluppare il suo potenziale, attraverso precise scelte di politica economica».
(*) Numero aggiornato al 31 gennaio 2012
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