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Sommario


Editoriale
Paolo Fois
Allargamento e insularità
Romano Prodi
Una possibilità concreta di riunificare l'Europa

Il lungo cammino dell’Allargamento
Umberto Triulzi
Nuova Europa e politica mediterranea
Paolo De Castro
Agricoltura: un ruolo decisivo nel processo di allargamento
Alessandro Profumo
Lo spazio delle banche nella nuova Europa

Per il commercio una boccata di ossigeno

Una nuova legge per il commercio

Indice per argomento 1985-2002 del bimestrale di informazione economica "Sardegna industriale"

 

Agricoltura: un ruolo decisivo nel processo di allargamento
Paolo De Castro

 

La politica agricola assorbe quasi il 50 per cento del bilancio dell’Unione europea. Nei paesi candidati ad entrare nell’Unione, l’economia agricola ricopre un peso socioeconomico molto elevato e gli scambi
Zootecnia e lattiero-caseario giocheranno un ruolo sempre più importante nell'Europa allargata. Nella foto: allevamento di bovini in Sardegna
Zootecnia e lattiero-caseario giocheranno un ruolo sempre più importante nell'Europa allargata. Nella foto: allevamento di bovini in Sardegna
commerciali con l’Ue sono in rapida espansione. I temi dell’ambiente, della qualità e della sicurezza alimentare assumono oggi un rilievo determinante per le scelte future di politica comunitaria e internazionale. Bastano questi pochi elementi per evidenziare come la politica agricola ed alimentare agirà da “ago della bilancia” nel complessivo processo di allargamento dell’Unione. I negoziati di adesione sono in corso con 13 paesi dell’Europa centrale e orientale e del Mediterraneo e l’intero processo dovrebbe avvenire a gruppi, con l’ingresso dei primi nuovi membri già dal 2005 e la conclusione prevista non prima del 2013. Per ottenere una lettura in chiave agricola dei possibili scenari, si possono identificare quattro aspetti guida: la dimensione, le potenzialità, la propensione commerciale, la simmetria tra regole e concorrenza.

Riguardo al primo aspetto, occorre considerare che i paesi candidati ad entrare nell’Unione costituiscono una rilevantissima componente sociale ed economica: coinvolgono infatti una popolazione di quasi 170 milioni di abitanti e realizzano un Pil di circa 530 miliardi di euro. Nel primo gruppo di paesi che entreranno a far parte dell’Ue ci sarà quasi sicuramente la Polonia e l’agricoltura di questo grande paese desta le maggiori ansie e preoccupazioni per gli agricoltori dei 15. Se si osserva la storia dell’Unione europea, tutti gli allargamenti successivi al nucleo iniziale dei 6, hanno messo in competizione il Nord con il Sud.

Altri paesi del Nord sono entrati nell’Unione, ma avevano agricolture di piccole dimensioni o con produzioni diverse dal tradizionale blocco forte dell’agricoltura europea continentale, fatta – in estrema sintesi – di latte, carne bovina e cereali.

Ma al fianco delle dimensioni attuali dei “candidati” membri, vi è il tema delle loro potenzialità. Pur nell’ambito di differenze significative tra i singoli sistemi-paese, il modello agricolo ed alimentare è ancora arretrato, spesso polverizzalo e poco organizzato; in sintesi presenta ancora ampie inefficienze. Ma questi elementi, portati in una prospettiva di medio e lungo termine, esprimono forti potenzialità di sviluppo. In settori come quello dei seminativi e delle produzioni zootecniche – si pensi innanzitutto al latte – in pochi anni tanto i volumi quanto la qualità dell’offerta potrà subire sensibili miglioramenti trasformando i “nuovi” membri in “nuovi” ed agguerriti concorrenti.

D’altro canto, anche la domanda interna di prodotti alimentari presenta delle potenzialità e prospettive di sviluppo. Tuttavia, il trend del prossimo decennio è previsto comunque al di sotto dello sviluppo dell’offerta interna e, pertanto, salvo alcuni segmenti di mercato, è diffìcile prevedere la crea­zione di importanti spazi di mercato per i prodotti dei “15”, ed in particolare per l’Italia.

È significativo sottolineare, d’altro canto, come non tutti i paesi possiedano le medesime capacità ed abilità di proporsi come attori nei mercati internazionali. Si pensi, a titolo di esempio, al dato riferito all’incidenza dell’export sul Pil dei 13 candidati. A real­tà “chiuse”, quali Cipro, Polonia e Turchia che non raggiungono la soglia del 20%, si contrappongono realtà “export oriented” quali la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovacchia e Malta con valori prossimi al 50-55%, mentre l’Estonia raggiunge il valore più elevato con l’export che rappresenta quasi il 72% del Pil nazionale. Anche se questi dati si riferiscono all’intero aggregato economico nazionale, e quindi risultano condizionati dai differenti modelli produttivi, si può in ogni modo affermare che anche nella prospettiva agricola esistono differenti approcci e capacità di incidere – a breve – sulla concorrenza diretta agli altri paesi membri.

Infine, si pone il tema delle regole. Un tema trasversale, che tocca tutti gli aspetti qui richiamati e che condiziona anche la competitività dei singoli settori e dei modelli nazionali. Probabilmente sarà questo il vero terreno di confronto per le sorti “agricole” dell’allargamento. Si tratta delle regole della politica agricola comunitaria, del sistema d’intervento nei settori, nei mercati, e degli strumenti per lo svi-luppo rurale. Si tratta delle regole per il commercio. Ma si tratta anche delle regole legate alla qualità di prodotti, alla sicurezza alimentare e ai requisiti igienico-sanitari.

La capacità di governare tali scelte permetterà di evitare una “ghettizzazione” dei nuovi membri, ma al tempo stesso dovrà evitare che i nuovi entranti possano beneficiare di condizioni produttive agevolate – o, peggio, ancora in regime di “deroga” –, che in ultima analisi finirebbero per creare condizioni difformi di concorrenza già all’interno dei confini comunitari.

Alla luce di tali considerazioni, così come accade in molti paesi comunitari, anche in Italia si rincorrono dubbi, perplessità e nuovi quesiti. Riusciranno le nostre imprese a reggere la concorrenza dei “colleghi” del centro-nord Europa? Saremo in grado di costruire una Pac che non penalizzi le produzioni e i modelli produttivi mediterranei?

Sono interrogativi diffìcili, come difficili sono le scelte che si dovranno compiere. Qualsiasi considerazione sulle implicazioni di bilancio dell’allargamento nei prossimi anni, qualsiasi previsione o scenario proposto,
L'agricoltura europea ricorre sempre più alle più avanzate tecnologie della ricerca
L'agricoltura europea ricorre sempre più alle più avanzate tecnologie della ricerca
deve tenere conto di una grande quantità di fattori ignoti. Le supposizioni saranno superiori alle certezze, a partire dall’ordine e dall’anno in cui i paesi candidati diventeranno membri dell’Unione. Occorrerà stimare la crescita del Pil degli Stati membri attuali (Ue a 15) e quella dei paesi candidati. La capacità di assorbimento dai Fondi strutturali da parte dei Paesi candidati. Inoltre, i negoziati veri e propri non sono ancora cominciati, né sugli aspetti di bilancio delle adesioni individuali, né sul lato finanziario di quelle politiche che hanno il maggior impatto finanziario: la Pac e le Politiche strutturali. Gli aspetti importanti saranno chiari soltanto a conclusione dei negoziati, quali la questione dell’inclusione del contributo diretto nel pacchetto agricolo, l’estensione a tutti i nuovi paesi degli strumenti a sostegno del reddito agricolo e dello sviluppo rurale, il rispetto del tetto di spesa agricola dei 40 miliardi di euro deciso a Berlino, il momento della partecipazione a pieno titolo nel sistema delle risorse proprie o le modalità degli stanziamenti riguardo ai Fondi strutturali. La quantità delle questioni aperte è rappresentata dal fatto che la Commissione, alla fine del 2000, ha registrato oltre 340 richieste provenienti dai paesi candidati di misure di transizione nel settore dell’agricoltura e oltre 170 richieste in altri settori. Perciò l’attuale allargamento dell’Ue con Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria è il primo allargamento che mette di fronte a scelte difficili per il blocco forte dell’agricoltura europea, fatto di latte, di carne bovina e di cereali. Per tale motivo nei prossimi mesi dovrà maturare un dibattito, non solo centrato sugli aiuti da trasferire alle imprese o sulla loro entità, ma volto a definire quale riforma occorre mettere in atto per riuscire ad essere pronti come paese e come agricoltori. Molte difficoltà, per esempio, sono legate alla scarsa conoscenza dell’agricoltura dei paesi candidati. E questo diventa un limite cruciale poiché le agricolture dei nuovi paesi membri richiedono anche forti interventi strutturali per superare i problemi di ricomposizione fondiaria, di ampliamento delle dimensioni aziendali, di innovazione e ristrutturazione delle imprese di trasformazione e dei circuiti logistici, ma anche di miglioramento genetico, innovazione, e modelli di organizzazione dell’offerta.

Inoltre, i paesi candidati dovranno rapidamente recepire l’impianto normativo e quindi organizzativo dell’Ue in materia sanitaria ed ambientale. In questi anni sono stati moltissimi i passi avanti fatti dall’Unione in materia di controlli sanitari e sulla tracciabilità degli alimenti. Solo se saremo capaci di uniformare l’impianto normativo e quindi l’organizzazione della produzione agricola dei paesi candidati con i 15, l’allargamento non provocherà distorsioni di concorrenza, e si potranno avere benefìci per i consumatori e per gli agricoltori.

L’allargamento è un processo ormai non più modificabile e, per molti aspetti, rappresenta una parte di quello più generale di globalizzazione ed internazionalizzazione dei mercati agroalimentari. Ed è un processo motivato da forti ragioni politiche, non solo economiche. Occorre tuttavia essere consapevoli che in tale percorso l’agricoltura, e quindi la politica agricola, giocherà un ruolo decisivo. Da un lato, infatti, occorre “governare” la politica agricola affinché le nuove scelte non si traducano in un’occasione per amplificare le differenze di competitività presenti tra paesi membri. Dall’altro, bisogna gestire i negoziati e gli adattamenti necessari con un forte senso di responsabilità in quanto proprio dall’agricoltura e dalle scelte di politica agricola potrà venire una spinta forse decisiva ad un processo che ha rari termini di confronto nel passato.